Re: [Forumlucca] banche etiche? no grazie

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Autore: Alessio Ciacci
Data:  
To: forumlucca
Oggetto: Re: [Forumlucca] banche etiche? no grazie
a mio giudizio l'articolo è alquanto superficiale e propone un'analisi
fuorviante

dire che il premi nobel per la pace poichè è andato a Kissinger è
strumentale alla povertà e alla guerra mi pare una semplificazione perlomeno
eccessiva,
il premio nobel è andato anche a persone che hanno combattuto con i loro
popoli per la liberazione da povertà ed ingiustizie,

è chiaro che il microcredito non è la soluzione della povertà, così come non
lo è il commercio equo, nè il consumo critico, nè un migliore stile di vita,
così come è indispensabile che questi strumenti si interroghino sempre sulla
logica della strumentalità e degli obiettivi originali,

dobbiamo però distinguere tra l'analisi critica della realtà in cui
operiamo, la proposta per modifiche strutturali del sistema, la lotta,
l'azione politica per rivoluzionarlo,
ma valutando anche quali possono essere strumenti utili a modificarlo,
seppur in maniera ed in contesti limitati, nella direzione in cui vorremmo

è evidente che uno strumento come questo non riesce a rivoluzionare la
realtà dell'economia internazionale nè di singoli paesi,
può contribuire però a sbilanciare l'ingiustizia nell'accesso al credito di
enormi fette della popolazione altrimenti escluse
può contribuire a offrire strumenti (così come è avvenuto in bangladesh) per
il riscatto di migliaia di persone dalla povertà più assoluta

è evidente che occorre distinguere poi tra microcredito e microcredito così
come tra commercio equo e commercio equo,
c'è, ad esempio, il commercio equo fatto dalla nestlè (assolutamente
strumentale al profitto della multinazionale)
e c'è il commercio equo fatto da collettivi e cooperative sociali che
costruiscono relazioni dal basso contribuendo a costruire relazioni
economiche alternative,
interrogandosi sull'eticità e la democraticità dei loro rapporti,

un'esperienza di microcredito vicino a noi che ti invito ad approfondire è
quella avviata nella periferia delle Piagge, quartiere popolare di Firenze
dove persone del posto si sono organizzate in una cooperativa di mutua
autogestione del credito dando vita ad una forma di microcredito tra le più
belle ative in Italia.....

solo con attenzione e "camminando interrogandosi" si possono costruire
alternative,
che, seppur non aliene da miglioramenti e critiche possono essere utili a
persone e alla loro dignità,
ma per far questo occorre attenzione, analisi e non scendere nella banalità
del giudizio poco documentato nè nella discriminazione senza distinzione dei
processi in corso

è chiaro che questo non toglie la necessità di una forte critica al sistema
del credito e pure un'autocritica al sistema del microcredito
ma se pensiamo che il nemico della povertà sia il microcredito siamo ben
lontani dalla realtà...

alessio





----- Original Message -----
From: <aunchb@???>
To: <forumlucca@???>
Sent: Friday, March 30, 2007 2:34 PM
Subject: [Forumlucca] banche etiche? no grazie


IN QUESTI GIORNI IN ITALIA HA FATTO CAPOLINO UNA NUOVA MISTIFICAZIONE:
IL MICROCREDITO.
FACCIAMO CIRCOLARE QUESTO SCRITTO DI COCKBURN CHE
AIUTA A COMPRENDERE QUESTA "NOVITA'"!!




Il mito del microcredito
Un
premio Nobel per il neoliberalismo?

di Alexander Cockburn
Il
comitato
che diede il premio Nobel per la pace ad Henry Kissinger,
quest’anno lo
ha consegnato a Mohammed Younus l’economista che ha
introdotto, insieme
alla Grameen Bank, la parola "microcredito" nel suo
paese natale, il
Bangladesh. E’ sicuramente una sorta di progresso. Ma
d’altro canto,
ogni giudizio che lega la parola "pace" con Henry
Kissinger non è poi
tanto più priva di significato rispetto alla
nozione in base alla quale
il microcredito può aiutare, per usare il
linguaggio usato dal comitato
del premio Nobel, "una larga popolazione
a trovare i mezzi per emergere
dalla povertà".

Dagli inizi degli anni
‘80 fino a tutti gli anni ‘90,
nei paesi sviluppati la nozione di
"microcredito" divenne una di quelle
paroline magiche fungibili,
immerse nelle migliaia di rapporti annuali
delle varie Fondazioni e
ONG, al pari di "sostenibile". Che cosa
potrebbe essere più virtuoso in
termini di una prudente filantropia che
dare veri piccoli prestiti a
donne veramente povere?

Microcrediti
suona come un salutare aiuto, ben
distinto dal sordido mondo del Macro
credito (sebbene non produca mega
tassi di interesse), come le
bollicine della Budweiser. Il problema è
che il microcredito non
produce alcuna macro-differenza. E’ fuori di
dubbio che i microcrediti
hanno aiutato qualche povera donna. Ma il
loro modo di aiutare ha
registrato una sconfitta. Sin dai primi anni ’
70, c’erano enormi piani
in corso per cambiare l’intero rapporto
esistente tra paesi sviluppati
e Terzo Mondo, per accelerare le
economie del terzo mondo verso
standard di vita decenti e che avrebbero
dovuto interessare la maggior
parte della popolazione. Economisti
radicali hanno duramente combattuto
! per pres entare piani per un
nuovo Ordine Economico Mondiale all’
interno delle Nazioni unite. Tutto
è stato buttato dalla finestra ed
eccoci qui, trent’anni dopo, con una
ovazione per i microcrediti.

I
microcrediti sono micro-bende per una
ferita in cui – per prendere l’
esempio dell’India - ben oltre 100.000
coltivatori, incluse un largo
numero di donne , si sono uccisi perché i
loro governi statali e
federali, insieme alle più grandi istituzioni
internazionali, hanno
promosso le selvagge priorità del neoliberalismo.

L’economista Robert
Pollin, quando gli è stato chiesto che cosa
pensasse della consegna del
premio ad Younus, ha concisamente risposto:
"Il Bangladesh e la Bolivia
sono i due paesi in cui è stato
riconosciuto il più ampio successo
dello strumento del microcredito.
Loro però continuano a rimanere due
dei paesi più poveri nel mondo"

Nelle tabelle statistiche riguardanti
lo sviluppo umano il Bangladesh è
posizionato alla 139 posizione,
peggio dell’Ind ia, con il 49,8% di una
popolazione di 150 milioni di
persone che è sotto il livello ufficiale
di povertà. Nella patria della
Greeman Bank circa l’80% delle persone
vivono con meno di 2$ al giorno.
Uno studio condotto dalle UN nei primi
anni ‘90 riguardante il
programma di sviluppo ha mostrato che la
totalità del microcredito in
Bangladesh costituisce lo 0,6% del credito
totale del paese. E
difficilmente le cose cambieranno.

In uno scenario
come quello sopra
descritto viene da chiedersi: quindi cosa hanno
ottenuto i
microcrediti? Questa domanda è stata rivolta a P. Sainath,
autore di
"Everybody Loves a Good Drought" [Tutti amano una buona
siccità n.d.t.]
ed il più autorevole giornalista dell’India sul tema
della povertà
rurale. Egli ha risposto: "Si, il microcredito può essere
uno strumento
giustificato in determinate condizioni, ma non lo si può
esaltare come
una potente arma. Nessuno è stato mai liberato attraverso
il proprio
indebitamento". Ciò detto, un sa cco di povere donne hanno
sollevato i
loro standard di vita ! usando i l microcredito bypassando
la
burocrazia delle banche e i soldi dei prestatori. Ma oggi la Banca
Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale, insieme a stati e banche
commerciali stanno buttandosi nella microfinanza. Il microcredito sta
diventando velocemente un gigantesco impero, attirando l’attenzione
proprio di quelle banche e di quella burocrazia che lo donne cercavano
di evitare. Il microcredito sta dunque diventando un macro giro di
racket.

Sainath evidenzia che i tassi di interesse che devono pagare
le donne microindebitate in India sono molto più alti che quelli
concessi dalle banche commerciali. "Stanno pagando un tasso compreso
tra il 24 ed il 36 % sui prestiti finalizzati ad investimenti
produttivi mentre nei paesi sviluppati una persona benestante può
finanziare l’acquisto di una Mercedes ad una tasso del 6-8% con il
sistema bancario." Il prestito medio della Grameen Bank in Bangladesh è
130$, ed è più basso in India. Ora, il problema di fondo del povero in
entrambi i paesi è che si ritrova ad essere senza proprietà e senza
risorse. Nella provincia indiana di Andhra Pradesh, dove ci sono
migliaia di gruppi di microcredito, il costo della terra è pari a
100.000 rupie all’ettaro, (le terre più povere possono costare 60.000
rupie) pari circa a 2.000$. Con 130$ non si può quindi comprare una
fattoria e neanche una buona mucca o un buon bufalo. Quindi, come può
una povera donna essere uscita dalla trappola della povertà in Andhra
Pradesh? "Provate a dare una risposta."

Osserva Sainath: "Con quei
130$ non potete ottenere le risorse base. L’ammontare è irrisorio. I
tassi di interesse sono alti e le sanzioni pesanti. Durante le recenti
inondazioni in AP, giornalisti freelance sono andati nei villaggi dove
ogni cosa è stata spazzata via. Le prime persone che hanno incontrato
in quei villaggi sono stati i microcreditori che minacciavano donne che
avevano perso tutto".

Ai governi piace il microcredito perché permette
lo ro di nascondere la maggior parte delle loro responsabilità ! nei
conf ronti delle povere persone. Sotto questo punto di vista il
microcredito è una manna dal cielo. Supponiamo che l’USAID o altre
analoghe agenzie decidessero di investire 10 milioni di dollari nel
microcredito. Prima che la prima rupia arrivi a queste donne in un
villaggio, ONG, consulenti, manager di banche e loro colleghi avranno
tutti quanti preso la loro parte. A quel punto, il prestito che
arriverà alla singola donna del villaggio avrà un costo proibitivo ed i
veri poveri e le donne di bassa casta spesso non potranno neanche
accedervi. Inoltre attualmente esistono alcuni modelli di microcredito
che richiedono la restituzione di un rupia al giorno. Ma spesso le
donne non hanno neanche questo rupia al giorno e così devono rivolgersi
a finanziatori locali per essere capaci di ripagare il microcredito.

Come sostiene Sainath, il microprestito può essere un utile strumento
ma non dovrebbe essere troppo sopravvalutato come un importante
strumento di sviluppo. Anzi, sotto questo punto di vista è praticamente
inutile. Come evidenzia Bob Pollin "le Tigri asiatiche come Sud Corea e
Taiwan hanno puntato per una intera generazione su programmi di aiuti
pubblici rivolti alla popolazione per supportare l’industria e le
esportazioni. Ed ora stanno raggiungendo standard di vita prossimi a
quelli dei paesi occidentali. I paesi poveri ora necessiterebbero di
adattare il modello del macro credito asiatico per promuovere non solo
le esportazioni, ma anche la riforma delle proprietà terriere, le
cooperative, la costruzione di strutture funzionanti e, soprattutto,
lavori decenti".

Il problema di tali programmi è che sono pubblici e
contrari dunque al credo neoliberale. Proprio per questo Younus ha
ricevuto il Premio Nobel, mentre i riformatori radicali della terra
continuano a ricevere una pallottola dietro alla testa.



da www.
giovanetalpa.it/movement



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