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Intervista a Turigliatto
USA, I VETERANI PER LA PACE CON ROSSI E TURIGLIATTO
Posted on
Thursday, 29 March @ 17:46:52 CEST
Topic: Guerra
Una bella lettera
di sostegno a Turigliatto e Rossi inviata da una delle "istituzioni"
storiche della lotta alla guerra negli Stati Uniti: i Veterani per la
pace, coloro che dissero no alla guerra già al tempo del Vietnam
Cari
amici,
Recentemente abbiamo ricevuto notizie del voto nel Parlamento
Italiano riguardo la continuazione della partecipazione del paese all’
occupazione dell’Afghanistan, e della decisione di due deputati, Franco
Turigliatto e Ferdinando Rossi, di privare del loro appoggio il governo
del centro-sinistra in questo voto. Abbiamo inoltre sentito che la loro
azione non è stata approvata da molti all’interno del movimento contro
la guerra. Siamo venuti a conoscenza del fatto che, a causa della loro
decisione, sono stati considerati responsabili della quasi caduta del
governo, e che sono stati attaccati da molti che avevano preso parte
alle mobilitazioni contro la guerra negli ultimi tempi. Abbiamo,
infine, saputo che Franco Turigliatto è stato accusato dal proprio
partito, Rifondazione Comunista, di aver leso l’immagine dell’
organizzazione, e per questo allontanato, sostanzialmente espulso, dal
partito stesso per due anni.
In quanto veterani delle guerre che gli
Stati Uniti hanno scatenato in tutto il mondo da più di mezzo secolo,
vogliamo esprimere la nostra solidarietà a Franco Turigliatto e
Ferdinando Rossi in opposizione alla guerra in Afghanistan, e il nostro
rammarico nei confronti di quanti nel movimento contro la guerra non
appoggiano a sufficienza quei pochi nel Parlamento Italiano che hanno
il coraggio di opposi ad un governo guerrafondaio.
Abbiamo provato in
prima persona l’orrore della guerra e abbiamo tanta esperienza di
politici che si assicuravano che il miglior modo per fermare la guerra
fosse lasciare le decisioni importanti alle discussioni nei luoghi
istituzionali le quali, ci promettevano, avrebbero, nei tempi dovuti,
ottenuto dei risultati, illuminando i guerrafondai. Abbiamo visto
morire molti dei nostri compagni mentre aspettavamo che i politici
decidessero di riportare le truppe a casa.
Riteniamo che l’unico modo
per fermare la guerra sia che la gente si alzi in piedi e resista. Se
questa resistenza inizia anche solo da uno o due donne o uomini,
isolati e coraggiosi, allora costoro meritano il nostro sostegno. La
guerra in Vietnam è stata fermata da una convergenza tra il popolo
vietmita che ha resistito, il movimento che ha manifestato nelle piazze
e noi soldati che abbiamo rifiutato di continuare a far parte della
macchina di guerra. Se fossimo rimasti fermi ad aspettare un regalo da
governi “progressisti”, ci troveremmo tuttora in quel paese, e il suo
popolo sarebbe ancora sotto occupazione militare statunitense.
Esprimiamo il nostro pieno sostegno e saluti calorosi a Franco
Turigliatto e Ferdinando Rossi
Micheal Uhl
A nome del Consiglio
Direttivo dei Veterani per la Pace
Intervista a Turigliatto su corriere-magazine
Posted on Thursday, 22
March @ 14:01:45 CET
Topic: Associazione Sinistra Critica
Vaglielo
a spiegare a tutti gli elettori del centrosinistra che il suo “non
voto” è stato ininfluente. Che, regolamento del Senato alla mano, il
governo sarebbe andato sotto anche se lui, quel fatidico 21 febbraio,
avesse accolto l’invito di Massimo D’Alema a votare la mozione sulla
politica estera. Ormai Franco Turigliatto, 60 anni, membro della
componente trotzkista Sinistra critica di Rifondazione comunista, è
portatore sano di odio gauchista.
E’ diventato una specie di
macchietta dell’autolesionismo di sinistra: preso in giro dai comici in
tivù e allontanato dal partito. Certo, l’aver detto che non avrebbe
votato col resto della maggioranza anche se avesse saputo che il suo
voto era determinante, non lo ha aiutato. E l’aver annunciato che tra
pochi giorni, quando si dovrà decidere il rifinanziamento della
missione in Afghanistan, lui continuerà per la sua strada ultra-
pacifista, lo condanna alla scomunica definitiva. Perché perseverare è
diabolico.
Appena lo incontro, gli elenco gli epiteti che gli sono
stati attribuiti e i rimproveri che gli sono stati fatti negli ultimi
giorni.
Turigliatto trotzkista al soldo del capitale.
“Calunnia
ridicola”.
E’ accusato di avere una doppia fedeltà. Anzi di essere più
fedele ai trotzkisti della Quarta internazionale che a Rifondazione.
“Sono in Rifondazione da più tempo di Fausto Bertinotti”.
Durante i
giorni della crisi non ha sentito i vertici internazionali del
trotzkismo?
“Assolutamente no”
Non è che spunta l’intercettazione?
“Direi proprio di no. E poi basta con questa storia del trotzkista. E’
una definizione riduttiva in cui non mi riconosco. Diciamo che sono un
marxista eterodosso”.
Ah, ecco. Altre critiche: Turigliatto, anima
bella, incapace di realismo.
“A cui si contrappone quel D’Alema che
ritiene inutile la sinistra radicale. Io sono legato alle grandi idee
di pace e di giustizia sociale, il leader diessino invece percorre la
strada dei piccolissimi passi”.
E magari ottiene qualche riforma. Chi
la critica dice: “Sono meglio i piccoli cambiamenti che il ritorno del
mostro Berlusconi”.
“Io per otto mesi ho votato diligentemente.
Pensavo: questo governo non deve cadere. E così ho inghiottito roba
indigeribile come il via libera di luglio sull’Afghanistan e la
Finanziaria. Non avrei mai pensato che Rifondazione avrebbe accettato
certe cose”.
Rifondazione non vuole reinterpretare il ruolo di killer
del prodismo. Gli è bastato il ’98. Tanto più che al congresso di
Venezia, è stata scelta la linea della partecipazione al governo.
“A
Venezia si disse che il partito avrebbe contribuito a una grande
riforma della società e che avrebbe fatto accogliere alla maggioranza
le spinte dei movimenti: pacifisti, no global, no Tav. Vicenza, e la
vicenda della base Usa, da questo punto di vista è stata uno
spartiacque. Era l’occasione per far sentire la propria voce”.
Invece?
“Invece il sabato eravamo tutti a manifestare al fianco dei vicentini e
il mercoledì delle Ceneri in Aula in pratica a votare a favore della
base americana”.
Un’altra obiezione: è una democrazia quella in cui un
solo uomo, in questo caso lei, può ribaltare la volontà della
maggioranza?
“E’ una democrazia quella in cui un senatore non è libero
di votare secondo coscienza? Se i parlamentari sono solo degli
schiaccia bottoni, allora è meglio tenerli a casa. Così si risparmiano
pure soldi pubblici”.
I suoi ex compagni dicono: dopo la crisi sono
arrivati i 12 punti, che hanno messo nell’angolo la sinistra radicale.
“I dodici punti erano nell’aria. Erano nelle dichiarazioni di Francesco
Rutelli. Non sono certo colpa mia”.
C’è chi lo pensa.
“Guardi, mi sono
arrivate migliaia di attestazioni di solidarietà. Telefonate da
cittadini di Vicenza. E il giorno in cui Rifondazione ha deciso di
allontanarmi, c’è stata un’assemblea autoconvocata a Torino: 150
compagni hanno detto che non prendevano atto della decisione del
partito”.
Si sono messi al suo fianco anche l’intellettuale d’area
Marco Revelli e il sindacalista Giorgio Cremaschi. Per non parlare dell’
appello firmato da Noam Chomsky e Ken Loach.
“Sul piano personale sono
stati molto cortesi anche alcuni colleghi di Palazzo Madama”.
Chi?
“Anna Finocchiaro. E poi anche Oscar Luigi Scalfaro: abbiamo parlato
amichevolmente di che cosa è utile per la pace”.
Il giorno del voto
qualcuno ha cercato di convincerla?
“Certo. I colleghi del gruppo di
Rifondazione con cui parlo di più: Olimpia Vano, Annamaria Palermo e
Daniela Alfonzi. La sera prima avevo parlato con il segretario Franco
Giordano. Mi aveva detto che se non votavo sarebbe successa una
catastrofe. La mattina, invece, insieme con il capogruppo Giovanni
Russo Spena, siamo andati a discutere con Vannino Chiti”.
Il ministro
per i Rapporti con il Parlamento.
“Lui era presente in Aula. Ci siamo
appartati nella zona retrostante i banchi della presidenza. Mi ha detto
che su Vicenza non si potevano avere ripensamenti, perché da parte
degli Stati Uniti sarebbe stato considerato un atto ostile”.
Nel 1998,
in occasione della crisi di Governo, Prodi chiamò Irene Pivetti per
sapere se avrebbe votato per lui. Ha ricevuto anche lei una chiamata
simile?
“No. In compenso, dopo il voto, io ho portato tre bandiere al
premier: quella della pace, quella No Tav e quella contro la base di
Vicenza”.
Prodi come ha reagito?
“Mi ha scritto una lettera a penna.
Per ringraziarmi. Eccola qui… su ogni bandiera ha fatto un commento”.
Gli sono piaciute?
“Ha gradito solo quella della pace. Ha detto che lui
ne ha una logora che aveva messo alla finestra di casa per l’Iraq e che
il mio regalo gli tornerà utile per la prossima occasione”.
La sua
risposta?
“Gli potrei far notare che quella in Afghanistan è una
guerra. E quindi la bandiera dovrebbe appenderla subito. Non so se è
chiaro che per me l’argomento è primario”.
E’ chiarissimo.
“Il mio
impegno politico comincia negli anni Sessanta contro una guerra: quella
in Vietnam. Mio padre mi ha sempre dato una forte educazione anti-
militarista: un ricordo indelebile della mia infanzia nel Canavese è il
luogo dove erano stati fucilati i partigiani della zona”.
Nel 1969
aderì al trotzkismo della Quarta internazionale.
“Prima avevo preso
parte alla breve occupazione di Palazzo Campana a Torino. I leader del
Movimento all’epoca erano Guido Viale e Luigi Bobbio”.
Università?
“Con
Norberto Bobbio. Ricordo un suo seminario fondamentale sul marxismo.
Poi la lettura di Rosa Luxemburg e Lev Trotzky”.
E l’ingresso nella
Lega dei comunisti rivoluzionari (Lcr). Come si guadagnava da vivere?
“Prima lavorando un po’ nella bottega di mio padre, che era stato
operaio e si era messo in proprio come artigiano. E poi come dirigente
politico”.
Gli anni Settanta a Torino. Ha mai tirato la fatidica
molotov?
“Mai. Nemmeno una pietra. Studiavo e mi occupavo degli operai.
Delle fabbriche”.
In quegli anni nel Pci torinese c’erano Piero Fassino
e Giuliano Ferrara.
“Fassino era già allora troppo moderato. E il Pci
aveva una linea compromissoria. Ferrara lo ricordo come un super
pompiere”.
In che senso?
“Cercava di frenare le lotte. Ricordo un
giorno in cui gli operai dell’Iveco uscirono per bloccare l’autostrada.
Ferrara apparve dal nulla e si mise a convincere gli iscritti al Pci
che era meglio rientrare in fabbrica”.
Lei non si è mai iscritto alle
Botteghe Oscure?
“Mai. Io, come responsabile nazionale delle fabbriche
di Lcr, ero su posizioni parecchio distanti. Nel 1980 avrei voluto che
si reagisse con una contromanifestazione alla marcia…”.
… dei 40.000
quadri Fiat?
“Sì. Che poi erano molti meno di 40.000. Insieme a
moltissimi compagni fui pure contro l’accordo che poi venne firmato a
Roma dal sindacato”.
Tra i sindacalisti torinesi dell’epoca c’era anche
Fausto Bertinotti.
“Era della sinistra sindacale. Un leader molto
amato. Poi l’ho conosciuto meglio quando è arrivato a Rifondazione
comunista. Con lui segretario, io sono stato responsabile del lavoro
nelle fabbriche. Che poi è la cosa che mi ha sempre dato più piacere e
soddisfazione: il contatto con gli operai, sentire le loro esigenze.
Per molto tempo ho organizzato anche tutti i comizi di Fausto alla
Fiat”.
Se oggi andaste con Bertinotti al circolo di Rifondazione di
Mirafiori secondo lei chi beccherebbe più applausi?
“Le posso solo dire
che io in quel circolo ci sono stato dopo l’allontanamento dal partito.
E la Stampa ha titolato: “Turigliatto assolto dai suoi operai””.
Lei è
stato allontanato dal Prc. Che differenza c’è tra allontanamento ed
espulsione?
“L’introduzione della neo-lingua. Ricorda 1984 di George
Orwell?”.
Colleziona rose. Da dove viene la passione?
“A metà degli
anni Settanta, sono andato a vivere in una casa di Torino dove c’erano
molte piante. Lì ho scoperto che le donne della mia famiglia, abili
nella gestione dell’orto, mi avevano trasmesso il pollice verde”.
Quante rose ha?
“Un centinaio di piante”.
Le cura lei?
“Sì. Prima avevo
più tempo. Le vuole vedere? Ho le foto sul cellulare. Guardi: questa è
una Therese Bugnet… questa una Reine Victoire. Questa è stupenda… Si
chiama Coscia di ninfa commossa”.
Luciana Littizzetto ha detto che le
sue rose se le può infilare nel… Come replica?
“Non replico. In
compenso, ho inviato a Luciana la mia solidarietà quando è stata
attaccata per le sue battute su Eminenz Ruini. In tempi in cui nessuno
dice nulla sul Vaticano, mi sembrava giusto”.
Rose a parte… altre
passioni?
“Prima c’era il cinema. Ma ora non ho più tempo”.
Il film
della vita?
“Full metal jacket. Capolavoro di Stanley Kubrick. Kubrick
è il massimo. Il cinema americano mi piace”.
A cena col nemico?
“Del
centrodestra non mi viene in mente nessuno. L’unico forse è Carlo
Vizzini, senatore di Forza Italia. Invece non mi dispiacerebbe sedermi
a tavola, per discutere, con qualche industriale”.
Un nome?
“Carlo De
Benedetti. E se fosse ancora vivo, Gianni Agnelli: avrei da fargli un
sacco di domande”.
L’errore della vita?
“La scelta di fare politica ha
pesato molto sulla mia famiglia”.
Sua moglie, australiana, è tornata a
lavorare in patria…
“Preferirei non coinvolgerla”.
Delete. Cancelli un
numero dall’agenda del suo cellulare. Quello di Bertinotti o quello del
leader della Quarta Internazionale?
“Non essendoci un leader della
Quarta…”.
Diliberto o Mussi?
“Cancello Diliberto”.
Senza esitazioni.
Perché?
“Con Mussi discuto più facilmente. Del Pdci di Diliberto non
sopporto la contraddizione disinvolta tra la rappresentazione polemica
e la pratica politica”.
Tradotto?
“Durante la guerra del Kosovo nel
1999, si dicevano pacifisti, ma restavano nel governo che bombardava
Belgrado”.
E’ la stessa contraddizione che lei oggi rimprovera a
Rifondazione…
“In Diliberto c’è anche una tradizione da epigono tardo-
stalinista a cui spero che Rifondazione non approdi mai”.
Continuiamo
il delete. Dentro il Prc: il segretario Giordano o il capogruppo alla
camera Gennaro Migliore?
“Li cancello tutti e due”.
Fidel Castro o
Camillo Ruini?
“A Ruini non ho proprio nulla da dire”.
Domande di
cultura generale. Quanto costa un chilo di pasta?
“Non lo so”.
Che cos’
è un blog?
“Un dispositivo”.
Un dispositivo?
“Ma sì, quelle cose di
Internet per dialogare con gli altri e pubblicare notizie”.
Definizione
un po’ approssimativa, ma passabile. Che cos’è Second Life?
“Me lo dica
lei”.
Ma come, l’ha citata pure Prodi recentemente: è una vita virtuale
sul web. Magari ne potreste parlare nei vostri futuri scambi
epistolari.
Link
Relegato a Palazzo Madama in una minuscola
stanzetta d’angolo assegnatagli dal Gruppo Misto, Franco Turigliatto mi
accoglie sorridendo. Dimostra meno dei suoi sessant’anni. Appeso al
muro, c’è il ritratto di Livio Maitan, leader storico del trotzkismo
nostrano. Visto lo spazio risicato, chiedo: ma il suo assistente dov’è?
“Quale assistente?”. Quello che hanno tutti i senatori. “Io non ce l’
ho”. In compenso, ammicco, può usufruire della metà dello stipendio che
prima dava al partito. “Quella metà, ora la do direttamente ai
movimenti”. Penso: a ogni senatore il suo cilicio.