Apprendiamo con stupore della decisione di Laura Tartarini di non
ricandidarsi come consigliera indipendente nelle liste di Rifondazione
comunista alle prossime elezioni amministrative.
Non entriamo nel merito delle motivazioni macro politiche che Laura propone
per spiegare questa scelta. Sono motivazioni che, condivisibili o meno, sono
del tutto legittime.
Vorremmo invece fare un passo indietro, per ripercorrere le tappe che hanno
portato alla sua candidatura e cosa è successo in questi cinque anni, fino
ad arrivare alla decisione, inaspettata, appresa ieri dai giornali.
Nel 2002, un collettivo di compagni che si riconosceva nelle pratiche della
disobbedienza sociale, decise di candidare Laura Tartarini in Consiglio
comunale per portare in quel palazzo le istanze del luglio 2001 di Genova, e
di tutto quel mondo che da lì in poi si era messo in cammino contro guerra e
neoliberismo.
Una candidatura appoggiata attivamente da tanti e tante che intravedevano la
possibilità, per quella via, di cambiare le forme del fare politica, facendo
irrompere nel Palazzo pratiche e istanze della città di sotto.
È necessario, a nostro avviso, che percorsi di questo tipo vengano messi
collettivamente a verifica periodica e che, alla fine di un ciclo di cinque
anni, si provi a fare un bilancio del lavoro svolto.
Visto che i compagni dello Zapata, e Laura Tartarini, si sono sottratti a
questo tipo di dibattito e non sentono necessità di valutare in maniera
collettiva, pubblica e trasparente questa esperienza amministrativa,
proviamo a farlo noi, in maniera molto sintetica.
1) La candidatura di Laura è stata espressa, come detto, da una situazione
molto ampia e variegata, (moltitudinaria si usava dire, forse a sproposito,
qualche anno fa); purtroppo, una volta eletta è diventata sempre di più la
Consigliera di un unica realtà, il Centro sociale Zapata.
2) L'idea iniziale era quella di decidere la sua condotta in aula in maniera
collettiva, pubblica, trasparente, attraverso assemblee e consultazioni
periodiche che coinvolgessero non solo il collettivo degli allora
disobbedienti, ma tutti quelli che in città avessero avuto necessità di
esprimere istanze altrimenti non accolte dalla politica con la "P"
maiuscola. Niente di tutto questo è mai stato fatto, e le poche assemblee
che si sono fatte sono state indette in maniera semi carbonara, per niente
moltitudinaria, con convocazioni e ordini del giorno decisi esclusivamente
dai compagni dello Zapata e, strano, con sede unica possibile per queste
riunioni, la sede dello stesso Centro sociale.
Tutto il contrario di quei meccanismi partecipativi che anche Laura,
giustamente, richiama nella sua intervista sul Manifesto.
3) Non è facile, a tutt'oggi, capire effettivamente quale sia stato il ruolo
svolto da Laura nel Consiglio comunale ormai in scadenza. Quali ordini del
giorno sono stati prodotti. Quale sostegno alle vertenze cittadine è stato
dato. Che ruolo ha avuto Laura nelle battaglie contro l'inceneritore, il
Terzo valico e le altre questioni aperte che vengono citate nella sua
lettera aperta.
Sarebbe doveroso, almeno ora, a posteriori, un resoconto e un bilancio di
questa attività.
4) Infine, visto che la candidatura di Laura, e la sua elezione, sono stati
il frutto di un lavoro collettivo, ci saremmo aspettati che almeno in questo
passaggio, nel decidere o meno un eventuale ricandidatura, si riconvocassero
tutti i soggetti che a quella vicenda avevano concorso. La decisione di
Laura (e del csoa Zapata) la apprendiamo invece, purtroppo, dai giornali e
dal sito
www.dirittinrete.org
Ci dispiace che questa esperienza si debba concludere così, facendo volare
gli stracci. Ci dispiace che si sia persa un'occasione preziosa. Ci dispiace
di non essere riusciti a dimostrare tutti insieme che la politica sia una
cosa diversa da quella che vediamo tutti i giorni in televisione e sui
giornali.
Ci dispiace, soprattutto, per quelle novecento persone che cinque anni fa
hanno dato fiducia a Laura e quindi a tutti noi.
Per quanto siamo stati tagliati fuori da quasi tutti i passaggi degli ultimi
cinque anni, ce ne sentiamo comunque responsabili. Ammettere gli errori e le
sconfitte, con la massima trasparenza, è un modo per noi di fare politica
veramente in modo diverso. Senza arrampicarsi sugli specchi, senza tirare in
ballo le pur pessime - e irricevibili - dichiarazioni del Presidente della
Camera, che però poco c'entrano con questa vicenda.
Genova, 29 marzo 2007
Una parte di quegli uomini e quelle donne, di quei ragazzi e di quelle
ragazze che tra il 2001 e il 2003 si sono chiamati Movimento dei/delle
Disobbedienti