Il governo Prodi con il ddl finanzierà con tre milioni di euro i "contractors"
in Iraq
di Maura Gualco *
Un interessante articolo dell'Unità rivela un inquietante dettaglio del decreto
di rifinanziamento delle missioni militari all'estero che dovrà essere
approvato dal Senato nei prossimi giorni.
Iraq, nel ddl tre milioni di euro per i "contractors"
Tre milioni e 498 mila euro - circa sette miliardi del vecchio conio - verranno
spesi dal governo italiano per stipulare in Iraq, accordi con i contractors,
alias body guard, in italiano guardie del corpo facenti capo a società private.
Uomini armati di una polizia privata avranno il compito di difendere il
personale italiano composto da tecnici ed esperti, presenti a Nassiriya. Alla
pagina 33 del decreto sul rifinanziamento delle missioni all'estero, approvato
alla Camera l'8 marzo e attualmente in commissione Difesa e Esteri al Senato,
si legge la notizia. Poche righe, sotto il titolo "Sicurezza dell'Usr" - dove
questa sigla sta ad indicare "l'Unità di sostegno alla Ricostruzione" istituita
nel primo semestre 2006 nella regione irachena di Nassiriya - parlano chiaro.
Come pure sono inequivocabili quei 3.498.000,00 euro scritti in neretto accanto
al testo. E tuttavia sono sfuggiti a molti parlamentari che quel testo lo hanno
approvato alla Camera.
«Considerato che il contingente militare italiano, che garantiva la sicurezza e
l'incolumità del personale civile presente presso la Usr, non sarà più presente
in Iraq nel corso del 2007 - si legge nel testo - il Governo italiano ha la
necessità di stipulare un contratto con una società di sicurezza che già sia
operante in Iraq con personale locale. Ciò al fine di garantire l'incolumità
dei civili presenti a Nassiriya e di consentire loro di uscire dal perimetro
della base militare internazionale per monitorare i progetti ed incontrare le
personalità locali in un contesto di massima sicurezza».
Si chiama Aegis defence Services l'agenzia britannica privata scelta dal governo
per difendere i nostri tecnici in Iraq, anche se il contratto con la Farnesina è
ancora in via di definizione. Non si tratta di una piccola società composta da
pochi vigilantes locali, ma di un colosso presente in Iraq dal 2004, dopo aver
stipulato con il ministero della Difesa statunitense un contratto da 293
milioni di dollari. Il suo fondatore, Tim Spider, è stato coinvolto in abusi
contro i diritti umani e in violazioni internazionali.
I parlamentari della maggioranza, inclusi quelli della "sinistra radicale" e
pacifista, difendono, obtorto collo, la scelta del governo. «Mi rendo conto che
l'Italia avendo ritirato le truppe - dice Rosa Calipari, senatrice dei Ds - deve
pur trovare il modo di difendere i civili che lavorano in Iraq dove il conflitto
interreligioso è in via di peggioramento. In termini generali e di principio -
prosegue la senatrice - penso che il compito di garantire la sicurezza dei
propri cittadini sia dello Stato e sono contraria alla privatizzazione della
sicurezza. Negli anni precedenti, sono stati utilizzati questi contractors ma
per difendere società petrolifere. Ora, invece, si tratta di guardie che
difendono personale civile che opera per fini umanitari».
Per Silvana Pisa, senatrice dei Ds, si poteva trovare un'altra soluzione. «In
qualsiasi ambasciata estera ci sono i nostri carabinieri - spiega - anche nei
paesi dove non ci sono le nostre truppe. Si poteva, dunque, ritirare l'esercito
dall'Iraq, mantenendo i carabinieri a Nassiriya soltanto per proteggere i nostri
tecnici. Ero contraria all'esternalizzazione della sicurezza - conclude la
senatrice - e lo sono anche ora. Abbiamo peraltro votato questo testo senza che
venisse discusso tra i capigruppo».
Anche la vicepresidente della Commissione Difesa Elettra Deiana del Prc, sta
sulla posizione del "sì ma". «Ci sono tecnici italiani che devono essere
protetti a Nassiriya e la polizia irachena non è in grado di farlo - dice - Non
ho un pregiudizio ideologico nell'assumere vigilantes privati ma sono contraria
ad assumere personale non controllabile. Non si conoscono le regole alle quali
queste persone devono sottostare e da chi sono controllati. Ho già presentato
un'interpellanza - conclude la parlamentare di Rifondazione- per sapere cosa
sta succedendo a Nassiriya e chiederò anche i criteri con cui vengono scelti
questi body guard».
Pino Sgobio capogruppo dei Comunisti italiani alla Camera, non ha dubbi: «Tra un
carabiniere e un body guard preferisco che ci siano i body guard». «Avevamo
chiesto il ritiro di tutti i soldati, - dice il deputato dei Pdci - non
potevamo lasciare a Nassiriya i carabinieri. Sono dei militari e avrebbero
coinvolto di più il nostro Paese in azioni belliche. Si tratta di una
situazione di emergenza dove non è possibile fare altrimenti. Spero almeno -
conclude Sgobio - che la Farnesina scelga tra società private che diano
garanzie di controllo e democraticità».
Fabio Alberti, presidente dell'Organizzazione Non Governativa Un Ponte per,
presente in Iraq da molti anni si dice meravigliato che in Iraq, «ci sia ancora
una presenza armata italiana a difesa dei Provincial Reconstruction Team (Prt)
che sono la parte civile dell'occupazione: se noi ne facessimo parte saremmo
sotto il comando Usa. Peraltro - spiega Alberti - a dicembre il nostro
personale civile a Nassiriya girava scortato dai marines». Ma soprattutto
chiede il presidente dell'Ong: «Quali sono le regole d'ingaggio di questi
eserciti privati? Chi li controlla? E quale bisogno c'è di avere fisicamente
dei tecnici italiani sul posto?». «Per assistere gli iracheni alla
ricostruzione - conclude Alberti - basta assisterli economicamente, nella
progettazione e in tanti altri modi: l'Iraq è pieno di tecnici bravi».
*da
www.unita.it
e riportato in
http://www.contropiano.org/Documenti/2007/Marzo07/17-03-07governo_Prodi.htm