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Autor: Alessio Ciacci
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Il paradosso dei migranti
Giuliano Santoro
Nelle prossime settimane il consiglio dei ministri discuterà il disegno di legge delega per la riforma della legge Bossi-Fini sull'immigrazione. Il testo del ddl, che è stato diffuso nei giorni scorse che va preso con le pinze prima di passare per le forche caudine del parlamento, conferma le indiscrezioni e le anticipazioni dei mesi scorsi.
I ministri Amato e Ferrero si muovono in sintonia con le conclusioni della commissione De Mistura sui Cpt: la detenzione amministrativa non cessa di esistere ma i ministri propongono di diminuire il numero Centri di detenzione [dovrebbero essere dimezzati, ma per il momento verranno chiusi quelli di Crotone e Ragusa] e di voler convertire una parte delle strutture esistenti in "Centri di accoglienza e di identificazione dove eseguire le operazioni di primo soccorso". Pare che la trattativa in corso tra Ferrero e Amato sui Centri da chiudere riguardasse anche il Cpt di Bologna, quello che lo scorso 3 marzo è stato contestato dai movimenti antirazzisti [dell'aggressione della polizia al corteo davanti al Cpt parliamo sul numero di Carta attualmente in edicola] e che era stato bocciato dalla Commissione, che lo aveva definito "il più invivibile d'Italia".
Una direttiva europea, disattesa dal governo Berlusconi, prevede che i Centri di accoglienza siano strutture "aperte". Ma ancora non è chiara la forma che assumeranno le nuove strutture previste dalla nuova legge. A tutt'oggi [come ha scritto a chiare lettere la stessa commissione De Mistura nel suo rapporto] tra i "Centri di accoglienza", i "Centri di identificazione" e i "Centri di permanenza temporanea", non c'è nessuna differenza. E a Crotone coesistono senza soluzuone di continuità queste tre strutture: verranno chiuse tutte e tre o solo il "Cpt". Al di là dei segnali di "buona volontà", sta tutto in questo passaggio la differenza tra i "carceri etnici" e l'impegno della legge a procedere semplicemente all'identificazione dei nuovi arrivati e alla distinzione tra migranti economici e migranti richiedenti asilo.
La legge Amato-Ferrero, inoltre, prevede alcuni passaggi che mirano a far incontrare domanda e offerta di lavoro, per stare "al passo con il mercato". Non c'è dubbio, come hanno dimostrato le proteste degli imprenditori nella scorsa legislatura, che gli strumenti cervellotici e macchinosi previsti dalla legge Bossi-Fini siano dannosi persino per le esigenze della produzione, per quella la logica tutta liberista del migrante come semplice forza-lavoro da sfruttare. Le deportazioni dei migranti che fanno lavori stagionali rispondono alla necessità di disciplinare e asservire la mano d'opera migrante: nelle baraccopoli delle campagne siciliane, calabresi e pugliesi, quando finisce il tempo del raccolto arrivano, con sorprendente tempistica, i controlli della polizia. Ma c'è tutto un settore di mercato - quello affettivo e relazionale - legato al vero e proprio stato sociale informale dei "collaboratori familiari", che non può essere regolato con le norme in vigore e che richiede maggiore apertura.
All'inutilità dei Cpt al fine dell'espulsione dei migranti [cui si cerca di rimediare, non dimentichiamolo, con accordi bilaterali di rimpatrio e con Centri di detenzione oltre confine] si unisce la necessità, tutta "liberista" di aprire nuove vie di accesso per la produzione e la riproduzione sociale. Questa legge, meno ideologica e più pragmatica di quella che l'ha preceduta, conferma in qualche modo ciò che i movimenti vanno ripetendo da anni: che il nesso indissolubile tra lavoro e vita che caratterizza questi tempi è rappresentato nella sua forma più estrema dalla forza-lavoro migrante "Il giorno che alla zia si rompe il femore non è programmabile", va ripetendo ad ogni incontro Giuliano Amato, che è sempre un giurista oltre che un politico navigato, anche se il codazzo di giornalisti che si porta appresso, attento alle battute della politica spicciola o al clamore delle proposte-shock [vedi test antidoping nelle scuole], non sempre coglie i suoi riferimenti "alti". La sua ammissione pubblica circa l'anomalia giuridica dei permessi di soggiorno ["Ormai vengono prima i documenti della persona, senza documenti uno non esiste"] non è mai comparsa su nessun quotidiano.
E invece, e proprio quel paradosso che bisognerebbe sempre tenere presente.