[Cm-milano] da Nikolaj Heltoft: La Casa dei Giovani e la riv…

Poista viesti

Vastaa
Lähettäjä: Alex Foti
Päiväys:  
Vastaanottaja: neurogreen
Kopio: critical mass milano - crew ::: http://www.inventati.org/criticalmass/ ::: la rivoluzione non sara' motorizzata !!!
Aihe: [Cm-milano] da Nikolaj Heltoft: La Casa dei Giovani e la rivolta di Copenhagen
La Casa dei Giovani e la rivolta di Copenhagen
di Nikolaj Heltoft

Prima avamposto del movimento operaio e poi centro sociale, situato
nel mezzo del quartiere alternativo Nørrebro, l'Ungdomshuset è da un
quarto di secolo l'epicentro della contestazione giovanile e della
protesta sociale a Copenhagen. Oggi la Casa dei Giovani di Copenhagen
non esiste più. L'hanno sgomberata e poi demolita senza pietà.
Attivisti e simpatizzanti hanno allora deciso di riprendersi le strade
della città. Con rabbia.

Demolire la storia
Il palazzo del 1897 al centro della rivolta di Copenhagen si chiamava
originariamente chiamato Folkets Hus (Casa del Popolo) e venne eretto
dal movimento operaio internazionale. Fu lì che nel 1910 la Seconda
Internazionale e Clara Zetkin proclamarono l'8 marzo la giornata
internazionale di lotta delle donne. Anche Vladimir Lenin e Rosa
Luxemburg tennero conferenze nella Casa e la grande manifestazione del
1918 contro la disoccupazione che giunse a occupare la borsa danese
partì proprio da lì. Dopo la seconda guerra mondiale, la Casa fu usata
per ospitare profughi tedeschi, ma a mano a mano che il tessuto
socialista mutava, venne sempre più lasciata a se stessa fino a essere
definitivamente abbandonata negli anni '60. Rimase chiusa fino a che
l'ondata punk non portò un gruppo di giovani squatter del quartiere a
occuparla all'interno della campagna per ottenere un centro sociale
giovanile autogestito a Copenhagen. Nel 1982, l'allora sindaco di
Copenhagen Egon Weidekamp destinò la casa a uso giovanile e l'edificio
venne ribattezzato Ungdomshuset (Casa dei Giovani): "Loro si prendono
la casa, e noi otteniamo un po' di pace," dichiarò il sindaco prima
di consegnare le chiavi. Queste parole avrebbero assunto il loro vero
significato 25 anni più tardi.

Per più di due decenni, Ungdomshuset ha svolto la funzione di tempio
dell'underground danese e di rifugio per tutti quei ragazzi che non si
sentivano accettati altrove. Lenin e Luxemburg lasciarono presto il
posto al punk rock e a visioni politiche libertarie che contestavano
la minaccia nucleare e rifiutavano la vecchia sinistra in toto.
Ungdomshuset era comunque soprattutto giovane. Generazioni di
giovanissimi, compreso il sottoscritto hanno fatto le loro prime
esperienze politiche, imparato l'etica del "do it yourself", oppure a
suonare la batteria, negli spazi della Ungdomshuset.

La lista di icone pop che hanno fatto concerti alla Casa dei Giovani è
lunga. Björk e Nick Cave ci hanno suonato prima ancora che nessuno
conoscesse chi fossero. E nel 1991 un gruppo teenage punk americano
chiamato Green Day suonò nella Casa prima di schizzare nell'orbita del
successo mondiale. Ma la Casa rimaneva una spina del fianco di molti
politici locali di destra; i giovani rimanevano fuori controllo e
molte azioni e manifestazioni politiche partivano dalla Ungdomshuset.
Per anni le grida stridule dei conservatori hanno chiesto lo sgombero
della Casa, ma dato che il municipio di Copenhagen è ininterrottamente
socialdemocratico da 106 anni, ci voleva un socialdemocratico per
riuscire a raggiungere l'obiettivo.

"Il prezzo è basso, ma ci sbarazziamo di un problema"
Nel 1999 i socialdemocratici decisero di votare assieme alla destra e
di mettere la Casa in vendita. La ragione ufficiale per la vendita è
cambiata in continuazione. L'edificio fu messo in vendita a un prezzo
notevolmente basso. Come un assessore commentò: "Il prezzo che
chiediamo è basso, ma ci stiamo sbarazzando di un problema."

Pochi però erano disposti all'acquisto, e l'offerta di una setta
cristiana fondamentalista chiamata Faderhuset (Casa del Padre) fu
declinata perché la maggioranza in municipio la considerava "un
acquirente poco serio". D'un tratto però spuntò l'offerta di una
società per azioni fino allora ignota chiamata Human A/S.
L'amminstratrice, un avvocato di nome Inger Loft, affermò che voleva
aiutare i giovani della città. L'offerta della misteriosa società
venne accettata e i giovani della Casa vennero svenduti contro la loro
volontà. Presto si scoprì che la donna aveva avuto una posizione
amministrativa in municipio fino a poco tempo prima. e si inizio a
parlare di manovra socialdemocratica sotto mentite spoglie. Dopo un
anno di silenzio, l'avvocata decise di vendere le azioni della sua
società proprio alla setta Faderhuset guidata dalla pastoressa Ruth
Evensen. Un giorno prima della vendita, il mistero s'infittì
ulteriormente, quando si seppe che un prestito, con la Casa data in
garanzia, era stato concesso alla setta dalla "Sarah Lee Jones
Corporation", finanziaria con sede a Panama. Gli investitori della
Sarah Lee Jones sono rimasti ignoti, malgrado le numerose inchieste
giornalistiche. Quindi la casa è finita nella mani della setta
fondamentalista che era stata giudicata inaffidabile. Perché un giro
finanziario così elaborato per cedere la Casa dei Giovani alla Casa
del Padre? Forse non lo sapremo mai.

La setta però aveva piani molto chiari. Nella sua concezione di
risveglio cristiano, il peccato deve essere combattuto stando sempre
all'offensiva. La pastoressa disse che Dio le era comparso in visione
dicendole di comprare Ungdomshuset e di sbarazzarsi dei giovani, per
poter combattere "i musulmani che stanno si impossessando di
Copenhagen" e scendere in campo contro l'omosessualità. Anni di
proteste, cause, processi, un cambio di amministrazione, imprenditori
culturali e una fondazione di avvocati a sostegno della Casa dei
Giovani non sono riusciti a impedire lo sgombero effettuato giovedì
mattina in stile Rambo da forze speciali del governo. Il comune aveva
permesso che uno dei centri più vividi di attività culturale della
capitale cadesse nelle mani di una risma di crociati e non si degnava
neanche di dare ai ragazzi un'altra casa, come il comune aveva
originariamente promesso. La sindaca si limitò a offrire ai
sostenitori della Ungdomshuse di comprare dal comune una sistemazione
alternativa. Prezzo: 1,9 milioni di euro. A questo punto la scena era
pronta per le decine di ore di scontri e barricate dello scorso
weekend. L'intensità, la diffusione e, in certi casi, l'irrazionalità
della ribellione urbana che ne è risultata ha sorpreso anche gli
attivisti che difendono la Casa.

"Non ti preoccupare; oggi non vanno in cerca di arabi"
Ciò che è accaduto giovedì e venerdì notte va ben oltre il classico
scontro fra forze di polizia e attivisti politici. Come notato dal
Manifesto, la lotta in difesa dell'Ungdomshuset ha assunto un
significato ben più vasto di quello di occupanti relativamente isolati
che lottano per difendere un centro sociale. La minaccia di sfratto di
ampie sezioni della storica città libera di Cristiania entro l'anno ha
certamente aumentato il livello di tensione e portato molti più
giovani in strada pronti allo scontro con la polizia. La ribellione ha
portato allo scoperto un livello di tensione e agitazione sociale fra
i giovani di Copenhagen che va ben oltre la difesa degli spazi
occupati. Camminando attraverso le strade di Nørrebro fitte di
barricate in fiamme, o attorno a Christiania, non si poteva fare a
meno di notare quanto fossero eterogenee le folle che si scontravano
con la polizia. Giovedì notte, centinaia di ragazzi di origine araba
si sono uniti agli scontri, aggiungendo elementi e rivendicazioni loro
proprie. Anni di marginalizzazione e discriminazione hanno spinto
anche questi ragazzi a riprendersi le strade. Ho sentito un ragazzo
palestinese rivolgersi ai suoi amici con queste parole, prima di
unirsi alla ribellione: "Non vi preoccupate, oggi non vanno in cerca
di arabi; stanotte arrestano solo ragazzi bianchi."

Questa osservazione assolutamente pregnante consente di inquadrare la
contestazione politica e culturale in Danimarca oggi. A partire dalle
elezioni del 2001 che l'hanno portata al potere, la destra al governo
ha lanciato una "battaglia culturale". Si tratta di un ampio programma
di controriforma che intende aggredire la presunta egemonia
sessantottina su università e televisione culturale, nonché
discriminare i musulmani considerati come un blocco omogeneo contro
cui bisogna mobilitare "i nostri valori comuni". Si è trattato di un
brusco spostamento dell'asse politico danese; non solo la Danimarca è
diventata arcignamente atlantista, ma la destra ha introdotto il
neoconservatorismo culturale all'interno del dibattito politico. Dalla
crisi delle vignette su Maometto dell'anno scorso alla più recente e
contestatissima "riforma" del welfare, fino ad arrivare a Christiania
e Ungdomshuset, si è diffuso fra la gioventù alternativa danese il
sentimento di essere di fronte a politiche autoritarie tese
all'uniformità culturale. Il radicale rifiuto della politica e della
cultura dello stato d'emergenza è riconoscibile oggi in tutta Europa:
la giovane generazione europea ha manifestato con forza solidarietà
all'Ungdomshuset e alla ribellione di Copenhagen da Venezia ad
Amburgo, da Bologna a Istanbul, per arrivare a Oslo, New York, e
perfino in Nuova Zelanda.

Ieri migliaia di frequentatori dell'Ungdomshuset piangevano nelle
strade di Nørrebro, mentre le ruspe guidate da uomini incappucciati
sventravano e demolivano la Casa dei Giovani e del Popolo. Oggi
pomeriggio bloccheranno il centro di Copenhagen con feste e concerti
per chiedere un altro spazio autogestito. E sabato, tutti gli
attivisti d'Europea sono invitati a unirsi all'enorme manifestazione
pacifica che protesterà contro l'enorme arroganza del potere danese,
simboleggiata dalla demolizione dell'Ungdomshuset e dalla spietata
repressione che ha già colpito 600 persone.