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il "giornale immaginario" di Oreste

Sabato 24 febbraio

ore 19,30

A voce alta, parlando in piedi, in maniera quasi estenuante
Oreste Scalzone proporrà
un´assemblea/giornale immaginario.

Disse, qualche settimana fa, Oreste Scalzone alla notizia della
prescrizione dei reati per i quali da 27 anni era esule in Francia:
"Tornerò da pendolare, come i teatranti con i loro carri o come gli
agitatori politici di un tempo e tornerò non per cercare rivalse o
regolamenti di conti, ma per dare più decibel a battaglie di libertà
Io andrò solo, a voce nuda, farò quello che so fare: con un megafono o con
le mani a cartoccio, nei teatri, negli squat, nelle università, se mi
chiamano, andrò a reclamare libertà.
27 anni fa sono stato tirato via dal mondo, ho lasciato tutto, ma in
Francia ho trovato gente straordinaria, lì ho anche un nipotino. In Italia
ho delle tombe da vistare, a Merate, a Terni. Non farò il pendolare con due
cuori, ma il girovago, il nomade come i guitti di una volta, faro´ il "
giornale immaginario ", da Bologna a Parigi passando per Palermo".

Nei locali parigini, in piccoli teatri e in qualche bistrot, in questi anni
Oreste Scalzone ha riproposto il suo "Giornale Immaginario", un lungo
monologo (anche cantato) accompagnato dal suono della fisarmonica.
Oreste è un grande narratore, figlio d´un grande narratore e, forse, è
anche un attore mancato. Insomma, un artista della parola, prima ancora
d´essere un militante politico e uno degli animatori dei movimenti deglòi
anni sessanta e settanta.

Nella sulla narrazione potremo sentire cose come queste (da una lettera
alla III° Sezione Penale della Corte d'Assise di Milano nel 1986):
"Rivendico la mia quasi solitaria e ingrata battaglia di questi anni per
una soluzione sociale che realizzi un processo inequivoco di
decarcerizzazione e di amnistia. Affermo che l'identità dei miei compagni
di oggi, e la mia, ha come cerniere fondamentali una cultura dell'obiezione
radicale nei confronti della penalità, l'utopia forte dell'estinzione della
prigione, e la concreta battaglia per più libertà/meno carcere.
Rivendico come connotato d'identità l'autenticità di un superamento critico
del comunismo storico e poltico, e l'attaccamento a quello che, con
definizione provvisoria, potremmo forse chiamare comunismo teorico e
sociale (o, anche, posizione post-comunista/neo-libertaria).
Rivendico un impegno intransigente su un terreno che potremmo chiamare
"neo-libertario" - quello sintetizzabile nella formula "più libertà, meno
Stato".
Rivendico l'irriducibile ostilità, da un lato a tutte le esperienze statali
di rivoluzione, dall'altro alle nuove ideologie, arroganti e dogmatiche,
del cosiddetto "neo-liberalismo", che predica la riduzione dello Stato
sociale a favore della crescita contemporanea della libertà d'arbitrio dei
più forti e dello Stato "legge ed ordine". Ritengo che si sia in presenza,
nel mondo d'oggi, di una sorta di "nuovo oscurantismo" - determinato da
questa specie di gioco dei quattro cantoni - tra il marxismo fatto Stato,
il neo-liberalismo rampante, il montare degli integrismi, la
monopolizzazione/requisizione dei diritti dell'uomo (quotati a Wall Street)
da parte del Vaticano.
Mi sembra si possa dire che questo neo-oscurantismo si manifesta nel nostro
paese nella forma di una impressionante pressione per l'omologazione
culturale. Tutto quello che è fuori dei contenuti ideologici delle
martellanti e umanistiche campagne promosse dal sistema dei partiti o da
centri di potere politico-culturale inter- o trans-partitici, è considerato
illegittimo e, in qualche modo, "criminale"".