[Forumlucca] Un film già visto

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Autor: massimiliano.piacentini@tin.it
Data:  
Para: forumlucca
Assunto: [Forumlucca] Un film già visto
(in coda a questo articolo, un intervento di Pietro Maestri
sull'Afghanistan)

da www.repubblica.it

CRONACA
Corteo di sabato, il
ministro teme "ostilità contro le forze dell'ordine"
"Chi siede in
Parlamento deve esprimere solidarietà alle divise"
Base Vicenza,
l'allarme di Amato
Prodi: "No a tensioni e aggressioni"
Il premier:
"Spero sia una manifestazione serena, libera e democratica"
Il
Prefetto: "Scuole chiuse, a rischio l'incolumità degli studenti"


Giuliano Amato
ROMA - Lo dice mentre parla in Aula dei recenti arresti
che hanno sgominato il nucleo delle nuove Br. Nel chiudere l'intervento
alla Camera, il ministro dell'Interno Giuliano Amato fa anche un
riferimento alla manifestazione di sabato prossimo, a Vicenza, contro
la costruzione della base americana, ai rischi che si traduca in
un'occasione per "saldare spezzoni di ostilità nei confronti delle
forze dell'ordine". E lancia il suo invito: "Tutti coloro che siedono
in Parlamento esprimano un sentimento opposto a quanti, invece,
vorrebbero cogliere l'occasione di quella manifestazione per saldare
spezzoni di ostilità verso la polizia". Da Nuova Delhi l'auspicio di
Romano Prodi: "Che sia una manifestazione democratica e libera, senza
aggressioni né tensioni".

Prodi: "Manifestare con consapevolezza".
"Spero che sia una manifestazione serena e mi auguro che sia portata
avanti con consapevolezza come ogni manifestazione democratica, libera,
senza aggressioni e tensioni". Romano Prodi, dall'India, auspica che il
corteo di sabato non produca conflitti, replica all'allarme-sicurezza
lanciato dalle autorità Usa sottolineando che "la responsabilità
dell'ordine pubblico è del governo italiano, non di quello americano",
e insiste: "Sui sottosegretari, quel che ho detto lo ribadisco: non si
manifesta contro il
governo, da parte dei membri del governo in
particolare. Da parte dei cittadini, invece, c'è la democrazia".

Cento: "Non andrò". "Prendo atto dell'appello di Prodi, non andrò alla
manifestazione": così il sottosegretario all'Economia, Paolo Cento,
chiude il "caso" della sua partecipazione al corteo, sabato. Ma ricorda
che "il governo, al di là della presenza a Vicenza di esponenti di
governo, deve fare i conti con un'opinione diffusa, contraria
all'allargamento della base, che è una base di guerra".

Ulivo: "No
all'eversione". Che l'attenzione delle forze politiche si stia
concentrando su quell'appuntamento, si capisce anche dalle parole di
Anna Finocchiaro, capogruppo diessino al Senato: "Stiamo attenti a non
trasformare la manifestazione di Vicenza in un luogo potenziale di
cultura eversiva". Mentre il vicepresidente del Consiglio Francesco
Rutelli chiede che, in caso di disordini, questi siano repressi "con
estrema severità".

Prc e Pdci: "Amato non confonda pace e violenza".
"Mi sembra che Amato confonda le manifestazioni per la pace con certe
manifestazioni violente negli stadi. Vicenza sarà una grande
manifestazione di popolo e per questo pacifista" dice Alfonso Gianni di
Rifondazione. Per Severino Galante, capogruppo Pdci in Commissione
Difesa alla Camera, "è pericoloso evocare lo spettro di possibili
incidenti. Evidentemente si vuole a tutti i costi coprire le giuste
ragioni dei vicentini".

A Vicenza scuole chiuse. Sul fronte
dell'ordine pubblico, il prefetto di Vicenza, Piero Mattei, ha
annunciato che le scuole di Vicenza rimarranno chiuse sabato mattina.
Potrebbero crearsi, secondo la Prefettura, ''momenti di altissima
tensione'', per cui e' da tutelare ''la sicurezza e l'incolumita' dei
giovani studenti''.

(14 febbraio 2007) Torna su
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l'intervento
Disarmo, una discontinuità solo annunciata
Piero Maestri
Pace fatta nella maggioranza di governo: la riaffermazione della
«discontinuità» in politica estera sembra aver messo d'accordo tutti i
partiti del centrosinistra - anche se rimangono «alcune divergenze». Ma
davvero questo governo ha affermato tale «discontinuità»? I
provvedimenti di questi dieci mesi sembrano dimostrare esattamente il
contrario.
Se è vero che finalmente i militari italiani si sono
ritirati dall'Iraq - dove comunque rimane una presenza con la Nato per
l'addestramento delle forze di sicurezza del governo iracheno - le
altre missioni militari sono state tutte confermate e si è aggiunta
l'operazione in Libano. In questo caso si tratta di una missione
conseguente ad una risoluzione dell'Onu (piuttosto ambigua, peraltro),
attraverso la quale il ministro D'Alema prova ad affermare un ruolo
italiano ed europeo di «stabilizzazione» attraverso una presenza
politica e militare nel solco dell'imposizione di veri e propri
«protettorati» (come nei Balcani). Una missione che si sposa con
l'appoggio al governo Sinora dichiarato da D'Alema, proprio quando sono
in corso le manifestazioni dell'opposizione in Libano. Naturalmente è
la missione in Afghanistan quella dove si è mostrata la più forte
continuità - dentro le scelte della Nato e della «guerra globale»
statunitense. L'Italia è già in guerra in Afghanistan - e non saranno
le promesse di una «conferenza di pace» a poterlo nascondere.
Ancora
peggiore è stato il comportamento riguardo le politiche di «difesa e
sicurezza», a partire dall'incredibile aumento delle spese militari per
il 2007 - che hanno superato i 20 miliardi di euro (spese per le
missioni escluse), proprio per mantenere continuità dei programmi di
riarmo, visto che tutti quei soldi servono per costruire gli
Eurofighter, la seconda portaerei, lo sviluppo del supercaccia
statunitense Jsf (il sottosegretario Forcieri ha appena firmato il
protocollo d'intesa per la progettazione), e così via.
Che fine ha
fatto il passaggio del Programma che recitava: «L'Unione si impegna,
nell'ambito della cooperazione europea, a sostenere una politica che
consenta la riduzione delle spese per armamenti»? Forse l'Ue non lo
consente - e il programma è buttato nel cestino!
La decisione su
Vicenza non può essere separata da questo quadro ed è coerente con un
ridisegno della presenza militare Usa e Nato in Europa e con la
riqualificazione delle infrastrutture anche nel nostro paese: raddoppio
della base di Aviano, allargamento di Camp Darby, nuovo porto militare
di Taranto, rilancio del Comando alleato di Napoli, nuove funzioni del
comando di Solbiate Olona («Forza di rapido intervento» Nato), la
scelta di fare dell'aeroporto di Cameri (Novara) la sede per la
manutenzione dei caccia Jsf, il rilancio della base di Sigonella.
Decisamente nulla di «urbanistico» ma una precisa politica di
militarizzazione del territorio funzionale alle missioni della «guerra
globale permanente».
Le conclusioni del vertice della maggioranza di
governo e le dichiarazioni degli esponenti - «sinistra radicale»
inclusa - suonano quindi davvero ipocriti. In particolare troviamo
indecente il richiamo all'articolo 11 della Costituzione, sul quale ha
scritto parole importanti il 2 febbraio scorso su queste pagine
Giovanni Ferrara: «Ci sia risparmiata la miserabile risposta che quella
disposizione normativa è seguita dal consenso a limitazioni della
sovranità nazionale(...) perché sia le limitazioni della sovranità sia
la promozione e la partecipazione alle organizzazioni internazionali
sono previste e prescritte al solo scopo di assicurare la 'pace e la
giustizia fra le nazioni', di certo non le guerre preventive
dell'imperialismo americano».
Il movimento contro la guerra «senza se
e senza ma» non può lasciarsi incantare. Da Vicenza il 17 febbraio
prossimo, alle iniziative per il ritiro delle truppe dall'Afghanistan
(prima tra tutte l'assemblea del 24 febbraio a Roma) deve saper mettere
al centro della sua iniziativa l'opposizione alle politiche di riarmo,
per sostenere una politica estera alternativa a partire dalla riduzione
delle spese militari e rifiuto di partecipare a programmi di
acquisizione di armamenti offensivi e legati alla Nato, dalla chiusura
delle basi militari Usa e Nato sul territorio italiano (rifiutando la
concessione dell'aeroporto Dal Molin di Vicenza e immediatamente
eliminando le armi nucleari presenti a Ghedi e Aviano), dal
finanziamento della riconversione dell'industria bellica senza
scaricare i costi su lavoratrici/lavoratori, dalla cancellazione degli
accordi militari e di ricerca bellica con paesi in guerra e/o che
violano i diritti umani (a partire da quello con Israele approvato dal
governo Berlusconi).
Guerre&Pace