[NuovoLab] Ad Abir prometto: non cercherò lavendetta

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Author: antonio bruno
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CC: forumgenova
Subject: [NuovoLab] Ad Abir prometto: non cercherò lavendetta
liberazione 10.2.07

La figlia aveva 10 anni uccisa dagli israeliani

Ad Abir prometto: non cercherò la vendetta
di Bassam Aramin

Ho avuto una discussione con mia figlia il giorno che è stata colpita da
uno sparo.
Uscendo dalla porta di casa per andare a scuola Abir aveva annunciato,
nel modo in cui fanno i bambini , che nel pomeriggio, invece
di tornare a casa per preparare l’ esame fissato per il giorno dopo, prima
sarebbe
andata a giocare con una amica.
Aveva 10 anni, intelligente, studiosa e impegnata a scuola, eppure una piccola
bambina.
Voleva giocare. Io le ho risposto che non doveva neanche pensarci.
Se le potessi dire qualcosa ora, le direi: Vai. Fai quello che vuoi. Gioca.
Perché ora lei non potrà mai più.
Non riderà mai più, non sentirà più le sue amiche
chiamare il suo nome, non sentirà l’amore della sua famiglia che la avvolge
di notte come una calda coperta.
Abir, la terza dei miei sei figli, è stata ferita in testa da uno sparo
mentre usciva
da scuola il 16 Gennaio, colta nel mezzo tra le truppe israeliane di confine e
bambini più grandi che lanciavano o forse no dei sassi.
E’ morta due giorni dopo.
So cosa l’esercito israeliano ha detto dell’incidente, e so anche quello
che la
sorella più grande di Abir ha visto con i propri occhi: Abir stava
scappando dalle
truppe quando all’improvviso si è fermata ed è caduta, ed il sangue ha
iniziato
a spargersi per terra.
Una autopsia indipendente ha confermato la causa della
morte: una pallottola di gomma, nella parte posteriore della testa di Abir.
Ho la pallottola a casa, perché la povera Arin,
guardando sua sorella che era stata ferita
dallo sparo, l’ha raccolta e l’ha portata
a casa. Non ero sorpreso quando l’esercito
israeliano ha cercato di colpevolizzare
Abir della sua stessa morte. Prima
ci hanno detto che era tra quelli che lanciavano
i sassi; dopo ci hanno detto che “qualcosa” era scoppiato tra le sue mani
- nonostante le mani siano rimaste miracolosamente
intatte - prima che la potesse lanciare contro la jeep della guardia di
frontiera.
Non ero sorpreso, ma l’angoscia che tali
illazioni hanno causato a mia moglie e a me è difficile da esprimere.
La nostra bambina è stata uccisa - devono essere dissacrati anche il suo
nome e la
sua innocenza?
Sarebbe facile, così facile, odiare.
Cercare vendetta, impugnare un fucile, e uccidere tre o quattro soldati,
nel nome di mia figlia.
Questo è il modo in cui palestinesi ed israeliani hanno vissuto la propria
vita per lungo tempo.
Ogni bambino morto - ed ognuno è figlio di qualcuno - è un’altra ragione
per continuare ad uccidere.
Lo so. Anch’io ero parte di questa spirale.
Ho speso sette anni in una prigione israeliana per aver contribuito a
pianificare un attacco contro soldati israeliani.
A quel tempo, ero deluso perché nessun dei soldati era stato ferito.
Ma mentre scontavo la mia condanna, ho parlato con molte delle mie guardie
carcerarie. Ho imparato la storia del popolo ebreo. Ho imparato
dell’Olocausto.
Ed eventualmente sono riuscito anche a capire: da entrambi i lati
siamo stati tramutati in strumenti di guerra.
Da entrambi le parti, vi è dolore, lutto, e infinite perdite.
l’unico modo per fermare tutto questo fermare noi stessi.
Molte persone ci sono venute in sostegno e ci hanno confortato mentre
Abir stava morendo, il suo piccolo viso di gesso bianco, i suoi occhi
chiusi per
sempre. Tra quelli che non hanno mai smesso di essere al mio fianco un gruppo
di uomini che recentemente ho imparato ad amare come fratelli, uomini
che conoscono il mio passato, e che lo
condividono. Uomini che come me,
sono stati allenati ad odiare e ad
uccidere, ma che ora credono
fortemente che si debba riuscire a
trovare un modo di vivere con i nostri
vecchi nemici. Uomini israeliani.
Ognuno di loro, un ex soldato combattente. Questi uomini ed io siamo
membri dei Combattenti per la Pace.
Ognuno di noi, 300 palestinesi ed israeliani, era nelle linee d’avamposto del
conflitto.
Abbiamo sparato, bombardato, torturato e ucciso.
Credevamo che fosse l’unico modo per servire la nostra gente.
Adesso sappiamo che questo non è vero.
Sappiamo che per servire la nostra gente, non dobbiamo combattere l’uno contro
l’altro ma l’odio che c’è tra di noi.
Dobbiamo trovare un modo per condividere la terra che ognuno possiede
nel profondo della propria anima, costruire due stati fianco a fianco.
Solo allora il lutto finirà.
Non riposerò fino a quando il soldato responsabile della morte di mia
figlia sarà processato, e affronterà le conseguenze di quanto ha fatto.
Così potrò vedere che il mondo non scorda mia figlia, la mia adorata Abir.
Ma io non cercherò vendetta.
No, continuerò il lavoro che ho intrapreso con i miei fratelli israeliani.
Combatterò con tutto ciò che porto dentro per vedere il nome di Abir, il
suo sangue, diventare un ponte che finalmente chiude le spacature tra di
noi, un ponte che permetta agli israeliani ed ai palestinesi di vivere
finalmente, inshallah, in pace.
Se potessi dire a mia figlia qualcosa, le farei questa promessa. E lei
direi che la amo molto, moltissimo.
Abir è stata uccisa davanti alla sua scuola il 18/01/ 07.
Bassam Aramin abita ad Anata,
nei dintorni di Gerusalemme ed è membro
dei combattenti per la Pace traduzione dall’inglese di Luisa Morgantini