Auteur: ugo Date: À: forumgenova Sujet: [NuovoLab] a proposito di inceneritori
RIFIUTI ZERO
Tutte le bugie degli affaristi che costruiscono inceneritori e dei loro soci
nel governo e nelle città, come Chiamparino. Un'altra gestione dei rifiuti è
possibile e già sperimentata. Basterebbe spendere bene il denaro pubblico
Fonte:Carta N°4
Anche la. semplice possibilità di perdere gli incentivi pubblici ha mandato in
fibrillazione gli «inceneritoristi» d'Italia, che si sono esercitati a
prospettare scenari drammatici per la gestione dei rifiuti, se lo «scandaloso
provvedimento» fosse approvato. Sostengono, loro, che la sola alternativa agli
inceneritori siano le discariche, che, sempre a sentir loro, gli inceneritori
potrebbero eliminare. Si evoca la Campania, dove il sistema oggi pianificato, e
basato su impianti per la produzione di Cdr e quindi sugli inceneritori, una
volta a regime eliminerebbe qualsiasi discarica per rifiuti urbani.
Non si dice che saranno necessarie discariche in grande quantità per collocare
i nuovi rifiuti prodotti dalla combustione. I «sovvalli», gli scarti degli
impianti di Cdr, le ceneri [la cui pericolosità va «caratterizzata» con
adeguati periodici controlli, ovunque disattesi] e le polveri del filtraggio
[tossico-nocive]. Perla sola Campania, sarebbero diverse centinaia di migliaia
di tonnellate di scarti ogni anno: non più rifiuti urbani ma speciali [e in
parte pericolosi] perché prodotti da impianti industriali. Insomma - ci ricorda
la saggezza popolare - «se non è zuppa è pan bagnato», sempre rifiuti sono e da
collocare in discarica, come sanno, per esempio, gli abitanti di Montichiari, a
Brescia, dove vengono tumulate le ceneri e le polveri del mega-inceneritore
dell'Asm. L'unica direzione sensata, allora, resta il tendenziale
prosciugamento del flusso dei rifiuti. Dicono i detrattori: «Bello, sì, ma
irrealizzabile, pura utopia».
Come se fossimo all'anno zero, come se non ci fossero esperienze ormai
consolidate e verifica-te anche tecnologicamente, che portano a una importante
riduzione dei rifiuti e a una raccolta differenziata di qualità superiore al 70
per cento. Come se non fosse possibile estendere, nel sistema della produzione
e della distribuzione, le tecniche e i provvedimenti [in parte già in atto] per
prevedere, fin dalla fase di progettazione delle merci, il loro totale recupero
a fine ciclo al posto della trasformazione in rifiuto. Si vedano i numeri e la
dichiarazione al periodico «II Trentino» del 5 gennaio scorso del presidente di
Remine Servizi, Giuseppe Fontanazzi: nel 2004 i rifiuti portati nella discarica
di Taio sono stati 9.500 tonnellate, mentre nel 2005 sono scesi a 2.500
tonnellate, con una riduzione di settemila tonnellate.
Perché allora insistere nell'assurda pretesa di dare tanti soldi agli
inceneritori? Per la produzione di energia elettrica è un non senso.
L'inceneritore è una macchina dello spreco, con una resa energetica del 10-15
per cento contro un dispendio di risorse [ad esempio metalli nobili persi
irrimediabilmente nelle ceneri] che l'energia prodotta neppure compensa. Le
assurdità sono altrettanto evidenti se si considera il problema dal versante
dei rifiuti. L'Europa e la nostra legislazione indicano le priorità: riduzione
dei rifiuti; raccolta differenziata e recupero di materia con il riciclaggio.
Solo alla fine, come forma di smaltimento preferibile alla semplice messa in
discarica, viene indicato l'incenerimento.
Se ci sono risorse per incentivi pubblici, quindi, bisognerebbe indirizzarle
per favorire una corretta gestione dei rifiuti, cioè innanzi tutto per
riduzione e riciclo. Per esempio, si potrebbero assegnare alla Provincia di
Torino i 30 milioni di euro l'anno accantonati per l'inceneritore di Gerbido.
La Provincia potrebbe predisporre un piano di riduzione dei rifiuti, di
raccolta differenziata porta a porta con tariffa puntuale. Potrebbe distribuire
ai comuni consistenti incentivi, proporzionali ai risultati.
La stessa cosa si potrebbe fare in Trentino, in Campania e altrove. È facile
prevedere il risultato virtuoso: una riduzione della tariffa rifiuti per i
cittadini, un drastico contenimento dei rifiuti da collocare in discarica e il
recupero di preziosa materia da rigenerare per nuovi prodotti, che significa,
tra l'altro, risparmio di energia, oltre che nuova occupazione.
Gli «inceneritoristi» insistono, però, a volere gli incentivi almeno per la
parte biodegrabile dei rifiuti, che essi assimilano alle biomasse e che «pesa»
per un 60 per cento circa del volume totale. Solo una metà di questa frazione è
combustibile [carta, cartone, legno], l'altra metà, l'umido domestico, oltre a
non essere gradito dall'inceneritore, va selezionato con attenzione e
trasformato in compost fertilizzante di qualità. Il 30 per cento interessante
per la combustione, però, è quello più facilmente differenziabile e quindi se
ne dovrebbe privilegiare il recupero, operazione questa più vantaggiosa sia sul
piano energetico che su quello ambientale ed economico.
In sostanza, quindi, una raccolta differenziata efficiente ridurrebbe quasi a
zero la parte organica dei rifiuti, nonché la parte del secco che può essere
riciclata. A questo punto, da «incentivare» come biomasse travestite rimarrebbe
solo una percentuale minima del volume originario [il 20 per cento, a voler
tutto concedere]. Una frazione che non giustifica, sotto ogni profilo, la
quantità di denaro che il governo sembra disposto a continuare a mandare in
fumo. ■
* Addano Rizzo» è di Nimby Trentino
Marino Ruzzenenti autore del libro
«L'Italia sotto i rifiuti» []aka boote]
CO2 DA FONTI «ASSIMILATE»
Impianti come quello di Sarroch, della Sarlux di Moretti, hanno un impatto
notevole sulle emissioni in atmosfera di Co2 e di altri gas e metalli ad
effetto serra. La prosecuzione degli incentivi Cip6 non solo contraddice lo
spirito e la lettera del Protocollo di Kyoto, ma è anche in contrasto con le
indicazioni del nuovo piano energetico europeo, approvato all'inizio di
gennaio. Il piano prevede che, entro il 2020, le emissioni di Co2 siano ridotte
del 30 per cento. Un obiettivo che, per quanto insufficiente, è incompatibile
con la presenza di impianti come quelli sovvenzionati con i Cip6. La truffa
delle fonti “assimilate”,un’invenzione italiana, ha fatto si che il paese
scivolasse all’ultimo posto in Europa per gli investimenti in fonti
rinnovabili