Domenica scorsa siamo stati allontanati (cacciati) dal Teatro India di Roma, perché eravamo in bicicletta.
Il nostro gruppo era composto da me, la mia compagna, le nostre due figlie di cui una, 8 anni, in bici: tre bici in tutto.
Andavamo a vedere un adattamento per bambini della "Tempesta" di Shakespeare.
In sintesi l'episodio ha avuto questo svolgimento: entriamo con le bici dall'ingresso carrabile dell'ex complesso Mira Lanza, giriamo intorno all'edificio diroccato di fronte al teatro, e veniamo intercettati da un signore che mi dice:
"signore, qui in bici no".
"e perché no?", chiedo
"perché è vietato"
"e perché è vietato?"
"perché l'ha deciso la direzione, chieda a loro".
Ecco, ora chiedo alla direzione il perché.
Segnalo anzitutto che il successivo dialogo, con questo signore più altre due persone dello staff del teatro che si sono aggiunte in seguito, forse preoccupate dalla nostra possibile pericolosità, si è svolto fermamente ma sempre nei limiti della correttezza (non di certo della cortesia: ma ormai noi romani siamo rassegnati a constatarne la scomparsa).
La lunga e non piacevole discussione verteva intorno al divieto di cui non si capiscono i motivi anche tenendo conto dell'immenso spazio di fronte al teatro, spazio che consentirebbe il comodo parcheggio di una decina di Tir, imposto dalla direzione. Tale divieto, continuando ad insistere sui perché, è stato anche giustificato dalla possibile "pericolosità" della bicicletta come mezzo.
Argomento risibile, non c'è bisogno di sottolinearlo oltre.
Se la direzione riesce a giustificare logicamente quest'assurdo divieto, e anzi l'ancora più assurda mancanza di rastrelliere per biciclette di fronte al teatro, valuterò tale logica. Noi non la vediamo e anzi abbiamo deciso di dare la massima pubblicità possibile a quest'assurda e povera vicenda, che ci ha visto in un pomeriggio domenicale battibeccare con degli addetti ad un teatro pubblico che offriva uno spettacolo per bambini sulla nostra pericolosità o almeno illiceità di conducenti e utilizzatori di biciclette.
Qui voglio sottolineare alcune cose:
- la nostra famiglia si sposta esclusivamente in bici o mezzi pubblici
- domenica scorsa, ironia del destino, era una giornata di blocco totale dei mezzi inquinanti (blocco inesistente, per altro); naturalmente noi non saremmo mai andati a teatro in macchina, mezzo che non vogliamo avere né utilizzare. Ma la coincidenza è stata troppo gustosa nell'aver aggiunto assurdità ad assurdità.
- il comune di Roma, per bocca (e solo quella) dei suoi amministratori, è favorevole allo sviluppo della ciclabilità urbana come mezzo di spostamento quotidiano
- il teatro India è una struttura riconducibile alla potestà comunale, non uno spazio privato.
Abbiamo trovato largamente assurdo che una struttura dedicata alla "cultura" (tali sono i teatri) sia così miseramente ostile alla cultura dello spostamento a impatto zero, che non favorisca al massimo chi usa la bicicletta per andare al teatro, e che sia, come a dire il vero altri rami della cosa pubblica romana e italiana in genere, così biecamente lontana da abitudini ormai acquisite in altri paesi civili, accomunati al nostro dall'appartenenza alla cosiddetta Europa.
Infine, vorrei proporre a tutti i teatri di Roma, che ho messo in copia insieme ad altre possibili persone interessate, di provare insieme a noi ciclisti urbani ad invertire la tendenza verso un'egoistica e miope escalation di mobilità dissennata come quella delle autovetture e installare, il prima possibile, rastrelliere per biciclette di fronte ai loro ingressi. Sarebbe utile, sempre in quest'ottica, favorire questa inversione prevedendo sconti a chi dimostra di essere arrivato a teatro in bicicletta.
Resto in attesa di una risposta, che mi aspetto logica e coerente, dalla direzione dei Teatri di Roma, di cui l'India fa parte.
Paolo Bellino
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butta la macchina, usa la bici
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