[Incontrotempo] R: [baseverde] una politica per la conoscenz…

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Autor: Fiorello Cortiana
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Asunto: [Incontrotempo] R: [baseverde] una politica per la conoscenza
<http://geo.yahoo.com/serv?s=97490487/grpId=3607953/grpspId=559012408/msgId=17313/stime=1169417488/nc1=1/nc2=2/nc3=3>

Inoltro questa riflessione, parzialmente pubblicata dal Manifesto, a partire dalla quale vorrei preparare insieme alle associazioni sociali, culturali ed imprenditoriali, un appuntamento nazionale di confronto per il prossimo 16 Marzo. Questo perché il 16 Marzo scorso, a Milano, organizzammo un incontro nazionale dell'Unione con Prodi, Fassino, Lanzillotta, Magnolfi, Bellucci ecc. sull'Innovazione. Mi sembra importante tanto declinare la questione innovazione attraverso la questione cruciale della conoscenza quanto sottrarre la questione alle logiche, comprensibili e legittime, delle definizioni e delle collocazioni dei diversi partiti per affermarla come condizione con la quale tutte le culture politiche e le forme organizzate di rappresentanza sono chiamate a misurarsi.

Ho un'idea chiara sui temi da trattare e credo che la modalità di confronto attraverso gruppi di lavoro e sessioni plenarie sia la più indicata: l'articolazione intorno alle condizioni dell'openness, quindi brevetti, copyright e diritto d'autore, ma anche neutralità della rete ecc., access quindi governance della rete come questione che riguarda una bene pubblicobene pubblico, ma anche l'incontro tra creatività e credito in un paese che non conosce l'esperienza del venture capital. E' del tutto aperta la questione relativa alla dignità del lavoro dei produttori di conoscenza, quindi degli aspetti di welfare necessari a produrla Questo vale nella filiera istruzione-università-ricerca, con le evidenze del precariato e delle baronie, ma anche con la mancanza di qualsiasi intervento di buon senso capace di usare 800.000 insegnati di ruolo come promotori ad es. con accessi gratuiti a musei e ai luoghi dove prendono corpo i linguaggi espressivi(cinema, teatro, foto ecc) e a bonus per libri ecc. Questo vale per le centinaia di migliaia di persone che lavorano nel digitale e nella produzione di contenuti e servizi, le cui partite IVA non possono essere considerate lavoro nero cammuffato. Qui c'è tutta la partita relativa al concetto di reddito di cittadinanza legato alla formazione permanente, che considera il produttore cognitario una risorsa sulla quale investire. C'è, in un infine provvisorio, la questione dei modelli e delle pratiche della partecipazione informata e consapevole alle decisioni di politica pubblica, che consentano effettivamente alla rete di essere un'impresa cognitiva collettiva. Non avrebbe alcun senso preparare questa iniziativa come esercizio personale per questo auspico, chiedo e mi aspetto da ognuno di voi precisazioni, proposte, contatti al fine di provare a produrre qualcosa che contribuisca a "fare accadere" che la questione della conoscenza nell'era digitale diventi una questione politica.

L'Italia non dispone di una strategia per la Società della Conoscenza. Due sentenze recenti hanno riproposto alla politica pubblica la necessità di definire regole ed indirizzi adeguati all'"Agenda di Lisbona" che propone ai Paesi Europei di raccogliere la sfida della società della conoscenza entro il 2010. La prima, oggetto di pubbliche attenzioni, è quella della Corte di Cassazione che ha stabilito che la messa a disposizione gratuita di programmi mediante l'attività di download da parte di tre ragazzi torinesi non configurava lucro e quindi era lecita. La seconda, della quale non si è parlato affatto, è quella con la quale il Consiglio di Stato ha confermato e aumentato a 62 MLN di €uro la sanzione a Telecom Italia perchè "sfruttando posizione dominante sul mercato dell'offerta dei servizi di connettività ha messo in atto una strategia per ostacolare lo sviluppo delle offerte di connettività locale da parte degli operatori concorrenti". E' toccato alla Magistratura, quindi, indicare il senso affinchè l'Italia si allinei gli indirizzi affermati dall'ONU nel Summit sulla Società dell'Informazione e nel Forum che ne è seguito. Non a caso "Openness" e "Access", insieme a "Security" e "Multiculturality", sono due delle quattro questioni messe al centro del confronto mondiale per garantire la disponibilità universale di ciò che si configura come un Bene Pubblico. Così come deve essere considerato un Bene Pubblico ogni elemento del sistema digitale interconnesso ed interattivo, siano le stringhe di algoritmi, le infrastrutture di connessione, l'accesso alla conoscenza o il rispetto della privacy. Ci sono esperienze, nel mondo ed in Europa, che costituiscono esempi concreti di riferimento: il MIT di Boston ha posto sutto pubblico dominio tutta la produzione scientifica che docenti e ricercatori producono nell'Univerità, la BBC consente il liberoaccesso via Internet a tutto il suo archivio, l'Authority britannica ha separato la rete dai servizi della Britisch Telecom. Invece, qui da noi, Telecom Italia, il monopolista privato delle telecomunicazioni, l'"incumbent" nazionale, indipendentemente dalla sanzione ricevuta , con miopia presuntuosa ed arrogante mantiene una struttura verticale in modo da usare la rendita di posizione che lega le possibilità di accesso finale (l'ultimo miglio) e l'offerta di servizi/contenuti, ma garantendo l'accesso alla rete (ma anche alle cabine rosse del telefono), solo dove c'è "profittabilità", quindi non nell'arco alpino e nella dorsale apenninica, poco popolati. Alla faccia degli art 41 e 42 della Costituzione sulla responsabilità sociale delle imprese. Eppure si stanno diffondendo esperienze promosse dalle amministrazioni locali e dalle ex municipalizzate, di disposizione di fibra ottica che, insieme a Telecom e ad altre realtà private, potrebbero dare vita a "public company" che grazie alla composizione potrebbero garantire pari opportunità agli operatori dei servizi e dei contenuti. Ma l'Athority nostrana che poteri e che autorevolezza ha? C'è una questione che ormai da anni interessa e caratterizza la natura delle relazioni internazionali nella sua condizione pervasiva che chiamiamo "globalizzazione": è la questione della conoscenza, cioè del rapporto specialistico tra sapere e sapienza cui attingono attori e decisori per capire, per interpretare e per decidere. Lo scontro agonico tra i latifondisti della conoscenza, coesi, determinati ed organizzati, e il blocco sociale dell'innovazione qualitativa, il quale inconsapevole di sé, si mobilita per reazione, vede l'Europa come terreno di conflitto emblematico per il mondo intero. Nel Parlamento Europeo la Commissione UE, invece di definire un controllo evolutivo degli Standard Aperti rispondente all'interesse generale e di affermare l'unicità e la neutralità della rete Internet, mette in atto tentativi di fare rientrare dalla finestra la brevettabilità del software e il sostegno alla "Proprietà Intellettuale" che i parlamentari europei hanno bocciato già due volte, così come nell'attuazione del settimo Programma Quadro di finanziamenti europei i buoni indirizzi vengono contraddetti nelle possibilità di implementazione. Nella ipercablata Corea del Sud il videogioco "FIFA'07" viene distribuito liberamente, supportato dalla pubblicità. Qui da noi, invece di pensare a nuovi modelli che rispettino la natura costitutiva della rete e quindi la condivisione della conoscenza, Confindustria da' vita a Sistema Cultura Italia: una macro corporazione di tutte le associazioni di editori e produttori per il "rafforzamento del diritto d'autore" e la "lotta alla pirateria", altrochè "fair use" anglosassone. Questo nonostante il fallimento, quantomeno per impraticabilità, della "Legge Urbani" e del "Patto di Sanremo", mentre nessuno ci dice che fine ha fatto l'indagine dell'Antitrust sul costo dei CD. Intanto dalla bozza del nuovo Contratto di Servizio della RAI proposta dal Ministro Gentiloni è scomparso l'articolo che metteva sotto licenza Creative Commons, il "copyleft", le trasmissioni del servizio pubblico radiotelevisivo. La rete digitale interconnessa, con tutte le convergenze in atto, costituisce un nuovo ed inedito sistema non solo per la comunicazione quanto per la produzione di conoscenza. Questa condizione consente una nuova forma di produzione di valore, oltre e fuori dalla scarsità del manufatto e dalla esauribilità delle risorse, ma crea anche una nuova forma di cittadinanza diffusa, una "opinione pubblica avvertita" su scala globale. Tutte le procedure di rappresentanza sociale, di negoziazione, di definizione di diritti sociali, previdenzial, di welfare più in generale hanno ancora la testa girata verso il secolo scorso. Eppure l'economia dell'Europa, già oggi, per il 70% è costituita da servizi. Pensiamo a quanta informazione, quanta comunicazione, quanta interconnessione digitale sono contenuti in quella percentuale. La ragione del successo o meno delle soluzioni tecnologiche e commerciali che si riferiscono ad Internet è data dalla capcità di incontrare le abitudini e le attitudini sociali, dalla capacità di consentire e garantire la semplificazione della comunicazione sociale. Questo vale per la "banda larga", per il WI MAX, per il WI FI, così per il P2P, Skipe, You Tube, My Space , Google, I-Pod e I-Tune. Aspetti legislativi e regolamentari, modelli organizzativi e modelli commerciali si configurano come fattori abilitanti, o meno, alla possibilità e quindi alla capacità di futuro di ogni paese. Il segno del processo che è in corso nell'ambito digitale in rete oggi è un ibrido tra sistemi proprietari e liberi, ma è evidente la tendenza verso la constatazione che nell'economia cognitiva immateriale, la condivisione della conoscenza e la modalità produttiva cooperativa costituiscono elementi di efficacia qualitativa evidenti, tanto per i prodotti quanto per i processi. I modelli di business devono definirsi a partire da qui, così gli aspetti normativi. Si tratta di una sfida globale inedita come si è visto al WSIS e per affrontarla occorre un processo partecipato con tutti i "portatori di interessi". Gli esiti attuali dell'attività del Governo e della maggioranza parlamentare dell’Unione per ciò che riguarda l’innovazione e la società della conoscenza non sono adeguati a coglierne la sfida e le opportunità ad esse legate. L'atteggiamento fondato sulla centralità della produzione materiale è ancora più visibile nel raro e timido approccio all’infrastruttura principale della Società della Cnoscenza, cioè Internet, che e’ il grande assente, e viene trattato con un approccio consapevole solo nel Comitato Consultivo promosso dal Ministro Nicolais e dal Sottosegretario Beatrice Magnolfi. Mentre Beatrice Magnolfi al Forum ONU di Atene, dove sono state messe sotto accusa le connivenze liberticide tra le grandi corporation e il Governo Cinese, annuncia che l'Italia ospiterà un convegno internazionale per una "Carta dei Diritti della Rete", il Ministro Fioroni accusa Google di trasmettere filmati senza selezione e propone di adottare proprio i "filtri cinesi". Non casualmente la risorsa internet non esiste nello sviluppo del Paese, ma esistono solo le imprese ICT, quando la pervasività di questa risorsa impatta su tutto il sistema produttivo, e non esiste nella definizione del welfare, e paradossalmente si riduce a un aspetto della funzione pubblica, come se l’unico intervento possibile fosse l’e-governament. Senza una politica pubblica coordinata è evidente il rischio,vedi rete Metroweb a Milano, che l'investimento in infrastrutture strategiche e le infrastrutture stesse, diventino una variabile nei mercati finanziari legata a opportunità di investimento o dismissione. Al Convegno Nazionale dell'Unione dello scorso 16 Marzo sull'Innovazione, Romano Prodi disse che "si tratta anche di considerare l'ecosistema dell'innovazione un vero e proprio stato della mente collettivo". Per questo oggi Governo e maggioranza dovrebbero preparare e dare vita agli "Stati Generali della Conoscenza". Proprio per affrontare l'insieme della sfida innovativa occorrono sia un coordinamento nella politica del Governo, magari rianimando il "Comitato dei Ministri sulla Società dell'Informazione", invece che una trattazione settoriale e separata tra ministeri, quanto un coordinamento bicamerale che accompagni ed informi il processo legislativo necessario e luoghi costanti di partecipazione informata di tutti gli attori della rete e delle loro associazioni.

Fiorello Cortiana


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