Apc*AFGHANISTAN/CANNAVO'-TURIGLIATTO (PRC): UN SEGNALE,VOTARE CONTRO
Base Usa questione non chiusa, ora mozione parlamentare
Roma, 22 gen.
(APCom) - La minoranza interna del Prc torna a polemizzare sul caso
della base Usa di Vicenza e minaccia di votare contro il
rifinanziamento della missione militare in Afghanistan. In una nota, il
deputato Salvatore Cannavò e il senatore Franco Turigliatto, esponenti
dell'area 'Sinistra critica', osservano che "dopo lo schiaffo ai
pacifisti rappresentato dalla decisione di consentire l'allargamento
della base di Vicenza, occorre dare un segnale forte e chiaro alla
logica della guerra non votando il rifinanziamento delle missioni
militari. Vicenza e Afghanistan, infatti, rappresentano due facce della
stessa medaglia, la volontà dei paesi occidentali di gestire su scala
globale una politica di guerra. Per questo pensiamo che sia necessario
un
segnale forte e deciso, non votando il rifinanziamento della
missione".
"La missione in Afghanistan, del resto, sta fallendo
miseramente, al pari di quella irachena, generando - affermano i due
parlamentari - non solo lutti e distruzioni ma ulteriori fratture tra
il nord ricco del pianeta e i tanti sud che sono coinvolti dalle
avventure militari. Lo stesso ruolo della Nato non si spiega né si
giustifica in un tale contesto se non come strumento di dominio e di
controllo geopolitico".
Per Cannavò e Turigliatto "in questo contesto
le rassicurazioni del governo non rassicurano per niente. Proporre una
conferenza di pace o aumentare l'intervento dei civili è inutile e
sbagliato se non si decide di avviare il ritorno dei militari e di
dichiarare fallita l'ipotesi della guerra condotta dalla Nato".
"Non è
con la politica delle concessioni formali - si legge ancora nella nota
- che il governo può risolvere questa vicenda.
Abbiamo già visto, lo
scorso luglio, che fine hanno fatto l'Osservatorio sulle missioni e gli
impegni presi sulle servitù militari. Pensiamo che il nostro partito,
il Prc, e tutta la sinistra pacifista non debbano votare questa
missione. Noi non siamo intenzionati a farlo".
"Pensiamo, inoltre, che
non debba considerarsi chiusa la questione della base di Vicenza.
Innanzitutto - spiegano i due esponenti del Prc - perché prosegue la
lotta sul territorio, in cui ci sentiamo pienamente impegnati a partire
dalla manifestazione del 17 febbraio. Ma questa lotta dovrebbe avere
anche una ripercussione istituzionale. Per questo proponiamo ai
parlamentari pacifisti di presentare una mozione contro l'allargamento
della base da votare in aula chiedendo così al governo e alla sua
maggioranza di assumere una responsabilità precisa su una questione che
ha e avrà ampie ripercussioni sul futuro dell'Unione nel Veneto".
PRODI-
D'ALEMA, RESTIAMO A KABUL, IMPEGNO PER CONFERENZA/ANSA
SCHIARITA CON
SINISTRA; DISSIDENTI NON CEDONO,RESTA NODO FIDUCIA (di Fabrizio
Nicotra) (ANSA) - ROMA, 22 GEN - L'Italia resta a Kabul, si impegnera'
per aumentare il peso della cooperazione civile e lavorera' all'Onu per
una conferenza internazionale di pace. Romano Prodi e Massimo D'Alema,
il primo da Ankara e il secondo da Bruxelles, indicano la linea del
governo. Una linea che riempira' i contenuti del decreto legge che
rifinanzia la missione italiana in Afghanistan. E che sembra abbassare
la tensione con la sinistra radicale.
Resta il nodo della pattuglia dei
senatori 'dissidenti', che minacciano di votare contro. Una questione
che lascia aperta la possibilita' di ricorrere alla fiducia, anche se
l'esecutivo sta lavorando per evitare questo passaggio.
Il presidente
del Consiglio e il ministro degli Esteri parlano in due conferenze
stampa convocate suppergiu' alla stessa ora, e la sintonia dei
contenuti e dei toni dice che il vertice di ieri sera a Palazzo Chigi
con i segretari di Rifondazione comunista, Verdi e Comunisti italiani
ha dato i suoi frutti. Prodi assicura che l'Italia manterra' gli
impegni assunti con la comunita' internazionale e rispettera' gli
accordi. E D'Alema conferma che il ritiro 'non e' realisticamente
all'ordine del giorno'.
Detto questo, ecco le aperture alla sinistra
radicale. 'In Afghanistan l'impegno e' chiaro - dice il premier - ma
noi spingiamo verso una duplice direzione che completi la presenza:
l'aumento di operatori civili e una conferenza internazionale che
prospetti soluzioni politiche'. Stessi concetti dal ministro degli
Esteri, il quale assicura che il decreto 'confermera' il nostro impegno
sul piano militare e lo estendera' sul piano civile e umanitario'. Dopo
aver incontrato a Bruxelles il segretario della Nato Jaap de Hoop
Scheffer, D'Alema dice che 'la consapevolezza che bisogna introdurre
elementi di novita' in Afghanistan si sta allargando'.
Parole che senza
dubbio vanno nella direzione delle istanze avanzate in queste ore dai
partiti della sinistra radicale. Il Prc riunisce la segreteria e Franco
Giordano, che parla del vertice notturno a Palazzo Chigi, descrive un
clima tutt'altro che esasperato. Le differenze ci sono, ammette il
segretario, tuttavia prevale la condivisione e la volonta' di
'individuare gli elementi per marcare la discontinuita' rispetto al
passato'. Il presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio riconosce la
buona volonta' di Prodi, 'molto attento alle nostre posizioni'. Sembra
cosi' rispettato l'impegno che i tre leader della sinistra radicale
avrebbero preso di collaborare a evitare dichiarazioni che possano
rinfocolare le polemiche.
Risolto, come sembra, il problema del decreto
da far passare in Consiglio dei ministri (forse gia' giovedi'), resta
aperto il problema dei senatori dissidenti. Turigliatto e Giannini
(Prc), Rossi (indipendente ex Pdci) e Bulgarelli (Verde) mostrano i
muscoli: senza il ritiro delle truppe italiane da Kabul, il decreto non
avra' i loro voti a Palazzo Madama. Dal momento in cui il testo e'
licenziato dal Cdm c'e' tempo 60 giorni perche' le Camere lo convertano
in legge. Un intervallo che sara' utilizzato dal governo e dai
segretari dei partiti per riportare all'ordine il gruppo dei riottosi.
Nel frattempo, il 16 e 17 febbraio, il presidente afghano Karzai sara'
in vista a Roma.
Se la situazione fosse a rischio, l'estrema ratio e'
quella della fiducia, anche se a Palazzo Chigi vorrebbero evitarla. Nel
caso in cui il dissenso della pattuglia radicale non rientrasse, la
maggioranza sarebbe appesa a un filo. E l'opposizione sfrutta la crepe
nell'Unione. La Cdl e' pronta a votare si' al decreto, ma non ha
intenzione, come si e' incaricato di chiarire bene oggi Pier Ferdinando
Casini, di correre in aiuto al governo se Prodi fosse costretto a
mettere la fiducia.
Il premier pero' si mostra fiducioso: 'Stiamo
andando verso uno scambio costruttivo. Quello che poi capitera'
vedremo, ma nella maggioranza non c'e' assolutamente nessun desiderio
di rottura'. (ANSA).
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