Lähettäjä: antonio bruno Päiväys: Vastaanottaja: fori-sociali, veritagiustiziagenova Kopio: forumgenova Aihe: [NuovoLab] Molotov G8: il G8 non finisce mai
il manifesto, 19.1.07
«Fuori le molotov» E il G8 non passa mai
Dopo la misteriosa scomparsa delle false bottiglie incendiarie, a Genova
sospese le udienze. E scoppia la polemica. Rifondazione chiede un'indagine
sulle responsabilità e l'intervento del ministro Amato. Tutte le stranezze
del processo Diaz
Simone Pieranni
Genova
La saga delle molotov scomparse continua, tra risvolti processuali e
reazioni politiche. In attesa che vengano trovate o che venga data
giustificazione della loro scomparsa, il processo per i fatti della Diaz è
rimandato al 25 gennaio: se allora non sarà risolto il dilemma, spetterà al
presidente della Corte Gabrio Barone stabilire le modalità con cui
proseguire il dibattimento. Gli avvocati dei poliziotti confermano il loro
ottimismo e ieri hanno chiesto di poter vedere il verbale di sequestro
delle due bottiglie molotov. Anche tra i legali di parte civile vige un
cauto ottimismo: le fotografie, le testimonianze, le perizie della
scientifica e il verbale di acquisizione, che non sembra mancare tra le
carte della procura, dovrebbero consentire il regolare svolgimento del
processo, anche per le accuse di falso e calunnia in relazione alle molotov
false.
Nel frattempo, mentre Francesco Caruso negli ormai celebri vasi del cortile
di Montecitorio semina due bottiglie per stigmatizzare il fatto, Vittorio
Agnoletto e il Comitato Verità e Giustizia chiedono «un incontro urgente
con il procuratore di Genova Francesco Lalla», per ottenere l'apertura «di
un'indagine per individuare le responsabilità di coloro che dovevano
custodire le molotov». Più caustico il gruppo di attivisti di Supporto
Legale: «E se le bottiglie fossero finite nella scatola nera di Ustica?» La
sparizione delle molotov, che avrebbero dovuto rappresentare la prova
schiacciante per la crème della polizia italiana finita sotto processo,
provoca reazioni di incredulità, richieste di chiarimenti e accuse.
Graziella Mascia, vicepresidente di Rifondazione alla Camera, annuncia
un'interrogazione parlamentare e rilancia la proposta della Commissione
d'inchiesta. Come lei la pensano il sottosegretario all'Economia Paolo
Cento, il senatore ulivista Graziano Mazzarello e il capogruppo Prc al
Senato Giovanni Russo Spena, che come il direttore generale di Legambiente
e deputato della Margherita Francesco Ferrante chiede inoltre un
«tempestivo intervento del ministro degli Interni». Se si sia trattato di
furto o meno lo dovrà chiarire direttamente il questore, invitato ieri dal
pm Enrico Zucca a motivare l'assenza di un corpo di reato negli appositi
uffici.
Una storia, quella delle molotov, e un processo, quello Diaz, che fin
dall'inizio hanno palesato stranezze e difficoltà. Dopo la scoperta della
falsità delle due molotov - giunte alla Diaz nella sera del 21 luglio 2001
con una buona mezz'ora di ritardo rispetto all'irruzione - l'allora
questore di Genova Oscar Fioriolli - oggi a Napoli e allora voluto a Genova
da De Gennaro, subito dopo il G8 in sostituzione di Colucci - affida una
delega di indagine alla squadra mobile di Genova, diretta da Claudio
Sanfilippo. Il primo compito è quello di capire con precisione quali e
quanti poliziotti avessero partecipato alle operazioni. Vengono fuori le
prime stranezze: l'ispettore capo Panzieri, ad esempio, il testimone
dell'aggressione nei confronti dell'agente Nucera (rivelatasi anch'essa
falsa), era anche firmatario del verbale di arresto alla Diaz, ma il suo
nome non venne fornito da nessun ufficio, questura o dirigente, cui i
colleghi chiedevano collaborazione per le indagini. Anche il nome dello
stretto collaboratore di Donnini, quel Troiani che portò alla Diaz le due
bottiglie, non fu mai segnalato a chi indagava. Il primo a fare il suo nome
ai pm fu uno dei personaggi chiave dell'indagine, Di Bernardini: aveva
visto Troiani sui gradini dell'ingresso della scuola Diaz, lo aveva
riconosciuto perché era stato suo compagno di corso e aveva visto le
molotov nel sacchetto. Di Bernardini, vicequestore romano, nel 2004 finì in
rianimazione per un incidente in moto; ripresosi, oggi è anch'egli sotto
processo. Poi ci fu il verbale di arresto dei 93 ragazzi pestati: tra le
firme ancora una a oggi risulta sconosciuta così come rimane sconosciuto il
poliziotto con una vistosa coda di cavallo, «che si intravedeva mentre
trascinava con forza qualcuno e lo colpiva ripetutamente. Il video è stato
mandato a tutti gli uffici e a tutte le questure d'Italia». Mai visto, né
conosciuto. Difficoltà investigative, omissioni e infine un processo
anomalo e un colpo di scena, poco prima di entrare nella sua fase più
calda: il G8 di Genova non è ancora concluso.