[NuovoLab] Beni comuni. I moviemnti e la politica

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Szerző: antonio bruno
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Tárgy: [NuovoLab] Beni comuni. I moviemnti e la politica
il manifesto 19.1.07

beni comuni
I movimenti e la politica
Emilio Molinari *
Se l'accordo che sembra profilarsi all'interno dell'Unione in merito ai
servizi idrici è reale, un altro passo significativo è stato fatto nel
rispettare l'impegno preso nel programma elettorale: la natura pubblica
nazionale di questo servizio viene ribadita e mi sembra si accenni ad un
percorso per il governo pubblico dell'acqua. Ciò che si prospetta è una
moratoria di tutte le messe a gara, di tutte le operazioni finanziarie di
fusione e di tutte le iniziative legislative regionali e deliberative degli
Ato idrici, che andavano verso la privatizzazione.
In una parola si tratta di un congelamento della situazione nei territori
da sancire con un decreto nella delega ambientale in attesa di varare una
legge specifica e complessiva.
Il movimento dell'acqua ha conseguito un altro innegabile successo,
l'impegno di Rifondazione comunista in particolare e dei Verdi e Comunisti
Italiani e la grande carica con il quale è iniziata la raccolta delle firme
hanno sicuramente pesato sulla trattativa. Ciò dimostra ancora una volta
che il diffuso lavoro che abbiamo fatto in questi anni sull'acqua e la sua
eccezionalità: culturale, di informazione, di mobilitazione, di
partecipazione e il rapporto dialettico con la politica, alla fine paga. Si
aprono crepe nella cultura delle privatizzazioni, devastante per la vita di
ogni comunità.
Il movimento dell'acqua fa da modello e in queste ore si esprimerà con
comunicati unitari su ciò che riguarda i servizi idrici; e il movimento più
generale si esprimerà su l'insieme delle liberalizzazioni trattate, cosa
che invece solleva perplessità. A questi giudizi mi rimetto, ma voglio
utilizzare questo spazio per chiedere alla politica, un ulteriore impegno e
una ulteriore chiarezza.
In primo luogo, come coinvolgere il movimento nel definire i provvedimenti
da attuare. E' chiaro che istituzioni, partiti e governi hanno sedi e
procedure proprie, ma io credo che il movimento dell'acqua abbia avviato
una vertenza nazionale e al contempo conquistato un ruolo di soggetto
politico, indipendente, capace di produrre leggi e di rappresentarsi. E'
giunto il momento di esprimere le proprie posizioni e di stabilire, con la
sinistra impegnata, le forme del coinvolgimento nelle decisioni
istituzionali finali. Come può essere coinvolto il movimento nel definire i
termini del decreto di moratoria?
Altra questione quella dei tempi che non sono secondari. Il movimento è
radicato nei territori e conosce le manovre e le debolezze nella politica a
livello locale. Le forze locali privatizzatici, molto forti in certe
regioni, determinate e mosse da interessi trasversali, sia al centro destra
che al centro sinistra, non resteranno ferme. Alla luce di tutto ciò,
diventa ancora una volta determinante un rilancio dell'Associazione degli
eletti dell'acqua. E' determinante il lavoro di reciproco coinvolgimento
nelle scelte istituzionali, nella gestione del percorso della moratoria e
della legge di governo dell'acqua, nello scambio d'informazioni e nel
definire che fare per la vertenza nazionale e internazionale.
Devono agire in stretta relazione con i movimenti e i comitati locali nella
raccolta delle firme, nel muovere i sindaci, nel relazionarsi alle imprese
pubbliche, nel definire la fuoriuscita dalle Spa. Una battaglia da aprire
ad altri settori investiti dalle privatizzazioni, per un possibile
rinnovamento della politica.
Siamo in procinto di partire per Nairobi. E sembra che questa volta
l'Italia si potrà presentare tra le nazioni che stanno nel campo del
diritto all'acqua, tra chi si batte contro la mercificazione di questo
bene. Allargherà questo campo, gli darà maggior forza
E' il campo di chi chiederà che l'acqua esca dai negoziati del Wto, venga
riconosciuto universalmente il diritto umano e 50 litri al giorno per
tutti. Che si tolga ogni legittimità al Consiglio mondiale dell'acqua che
ogni tre anni indice i Forum mondiali, pur essendo un organismo delle
multinazionali; per consegnare invece tale compito all'Onu. Si deve
preparare assieme anche con parlamentari e di esponenti governativi
italiani l'assise di marzo a Bruxelles, la prima assemblea mondiale degli
Eletti e dei movimenti sull'acqua.
Il primo grande incontro tra politica, movimenti, imprese pubbliche,
sindacati, sull'acqua e i beni comuni. Se ciò che si profila come decisione
del governo in materia di servizi idrici va nella direzione del movimento,
questi scenari sono altrettanto reali e possibili.
* Presidente del comitato italiano del Contratto mondiale per l'acqua
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'opinione
Le calende greche del governo sull'acqua
Riccardo Petrella *
La problematica dell'acqua, in particolare la «gestione» dei servizi
idrici, è stata oggetto di un preciso impegno elettorale preso dai partiti
dell'Unione in favore dell'esclusione della privatizzazione dell'acqua dal
programma di governo. E' noto che l'eccezionalità del trattamento riservato
al settore dell'acqua rispetto a tutti gli altri servizi pubblici locali è
il risultato di un serrato confronto politico fra i partiti dell'Unione
tanto che il mancato accordo sull'eccezionalità avrebbe rischiato di far
saltare il patto elettorale di governo. Il governo Prodi ha così
riconosciuto che «la proprietà e la gestione dei servizi idrici sono
pubbliche», cioè non appropriabili né gestibili da soggetti privati, in
totalità o parzialmente.
La legge finanziaria ha profondamente deluso i membri di AcquaPubblica
(associazione creata nel 2006 per iniziativa di una serie di imprese
«pubbliche» di gestione del servizio idrico integrato) perché nessuna
misura specifica è stata presa a supporto delle aziende pubbliche che hanno
dimostrato di saper gestire con efficienza e qualità il servizio loro
affidato, e sono numerose anche in Italia. Ci si aspettava, pertanto, che
al «seminario» di Caserta, nel cui ordine del giorno figurava la tematica
dei servizi pubblici locali, il governo avesse preso le misure efficaci per
concretizzare, al di là delle incertezze e ambiguità tuttora esistenti sul
piano legislativo e amministrativo su cosa debba intendersi per «gestione
pubblica», l'impegno della non privatizzazione del settore idrico. Niente
affatto. Non se n'è parlato, forse anche perché la parola d'ordine è stata
quella di non sollevare temi ancora fonte di dissensi. Così facendo, però,
le porte restano aperte all'evoluzione oggi sottile ma potente verso la
privatizzazione reale dei servizi idrici. Caserta non ha arrestato il
sentimento diffuso di assistere a una «in-voluzione gentile» che sta
portando, in Italia, verso la fine dei servizi pubblici e alla conseguente
mercificazione della vita e del vivere insieme.
Il governo Prodi non può più rimandare alle calende greche la realizzazione
di due impegni strettamente collegati: primo, fare del risanamento del
territorio italiano (il Bel paese!), spappolato da un generale dissesto
idrogeologico, una priorità principale della legislatura. L'attenzione data
a Caserta all'esigenza della promozione delle energie alternative è un
fatto positivo.
Lo sarà ancora di più se non si resterà allo stadio delle affermazioni
retoriche destinate a provare un miglioramento nella capacità del governo
di comunicare con il popolo italiano; secondo, emanare con urgenza una
nuova legge quadro nazionale sull'acqua che ponga rimedio, tra tante altre
disfunzionalità, alla deriva legislativa in atto che sta creando, come il
caso della Lombardia, situazioni regionali difformi dall'orientamento di
principio adottato dal programma di governo e contrari, persino, ai dettami
costituzionali.
La nuova legge quadro nazionale, che dovrebbe risultare dall'adozione
dell'attuale proposta di legge d'iniziativa popolare per la
ripubblicizzazione dell'acqua, la cui raccolta delle firme inizierà
formalmente in tutta Italia sabato 13 gennaio, dovrebbe essere ispirata ai
seguenti principi:
1. il riconoscimento del diritto all'acqua per la vita (50 litri per
persona al giorno) da garantire con il ricorso al finanziamento dei costi
relativi tramite la fiscalità generale e l'allocazione dei ricavi
provenienti dalle tariffe progressive per le fasce di utilizzo più elevate;
2. la salvaguardia del bene comune acqua, patrimonio dell'umanità,
attraverso un uso fondato sulla sostenibilità e sul risparmio, nel rispetto
anche dei diritti alla vita delle generazioni future;
3. il riconoscimento dei servizi idrici come servizi pubblici, espressione
fondamentale della ricchezza collettiva e del benessere comune, la cui
«gestione» deve essere realizzata nel rispetto dei principi di
universalità, uguaglianza, continuità, giustizia, trasparenza, democrazia e
efficacia;
4. la «gestione» pubblica dei servizi idrici tramite società di diritto
pubblico incentivando, a tal fine, anche forme di trasferimento della
proprietà delle reti da parte degli enti locali a soggetti interamente
partecipati dai medesimi;
5. l'estensione delle competenze delle AATO (Autorità ambito territoriale
ottimale) alle acque di tutto il territorio dei bacini coperti dall'ambito
territoriale ottimale, introducendo, laddove necessario, l'obbligo
dell'adozione del bacino idrico;
6. il principio «chi inquina paga» deve essere sostituito dal principio
«chi inquina non può» a partire da livelli eccessivi di consumo e
d'inquinamento inaccettabili perché insostenibili;
7. l'adozione, al di là della retorica tuttora predominante, di modalità
efficaci di coinvolgimento reale dei cittadini al governo della politica
idrica , locale e nazionale;
8. l'introduzione di una norma che favorisca la ripubblicizzazione delle
gestioni privatizzate, identificando le modalità, la tempistica e le
risorse finanziarie adeguate;
9. la devoluzione, su decisione delle AATO, di una quota della tariffa per
il finanziamento di progetti di cooperazione decentrata con i paesi poveri
ed a forte penuria d'acqua;
10. la costituzione di una «autorità nazionale per le risorse idriche»,
rievocazione dell'istituto del «console per l'acqua» che nell'antica Roma
rappresentava una delle massime autorità della res pubblica.
Infine, la configurazione politica e culturale dell'attuale compagine
governativa consente di credere che oggi in Europa il governo Prodi sia il
governo meglio posizionato per prendere un'iniziativa politico-diplomatica
internazionale forte in favore del formale riconoscimento mondiale nel 2008
del diritto umano all'acqua per tutti in occasione del sessantesimo
anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni
unite. Il 2008 è alle porte.
Perdere una opportunità così importante non farà certo onore ai portatori
di quei valori umanisti che le componenti dell'attuale governo amano
proclamare a ogni pié sospinto.
* Associazione AcquaPubblica
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La democrazia è trasparente, liquida e assume molte forme
E' in corso la raccolta delle firme per la legge di iniziativa popolare per
fare dell'acqua un bene comune e non più l'occasione di profitto e di
arricchimento di qualcuno che mette in bottiglia la sete di tutti, mentre
un altro inquina
G. Ra.
Roma
Raccogliere 50.000 firme per una legge di iniziativa popolare è un
obiettivo alla portata dei movimenti e più in generale delle persone
convinte che l'acqua sia un bene comune dei viventi. La campagna ha avuto
un avvio effettivo e assai promettente nello scorso fine settimana. E'
importante andare avanti. Nessuno deve temere di non essere all'altezza,
nessuno è isolato: il movimento è diffuso in tutte le regioni italiane, con
60 reti nazionali e più di 400 comitati territoriali. E questo è solo
l'avvio. In futuro si aggregheranno altre forze e il risultato apparirà
ancora più accessibile.
I sei mesi di raccolta firme devono diventare di più: un'occasione per
ottenere non solo una legge buona,nel senso di una proposta democratica e
innovativa in tema di acqua, ma anche e soprattutto per formare un
movimento, convinto dei suoi mezzi e delle sue buone ragioni che impari a
elaborare un modello politico diverso, adatto ai tempi che sono stretti e
ai pericoli che sono grandi.
Di solito i grandi della terra alludono al pericolo delle guerre per
l'acqua, in un futuro indeterminato ma prossimo e su questa base tentano di
convincere le popolazioni ad affidare il problema, difficile, insolubile,
alle capacità e alla forza d'intervento di loro stessi, elettisi padroni
dell'acqua.
E' vero proprio il contrario. L'acqua nella storia è stata occasione di
molti più accordi e buon vicinato che non di lotte di conquista e
spoliazioni. Per queste nostre generazioni si presenta invece un problema
più grave e con pochi precedenti: un problema ambientale. La scarsità di
acqua potabile, non tanto come quantità, ma come distribuzione ineguale, lo
spreco inutile che ne si fa, la vera e propria dilapidazione che non viene
mai corretta, sono la prova più severa che dobbiamo affrontare. I poteri
mondiali dell'acqua, le multinazionali, la Banca mondiale, i costruttori di
grandi dighe si rifiutano di applicare un modello democratico di
distribuzione equa di soddisfacimento dei bisogni, ma invece introducono in
qualche forma un prezzo per l'acqua pulita e credono così di rendere
razionale il problema, oltre che di individuare un formidabile campo di
profitti. La selezione dell'acqua è fatta con il denaro: gli altri, senza
denaro, avranno meno acqua, oppure acqua meno pulita, oppure dovranno
accontentarsi. in questo modo l'acqua basterà sempre.
Il principio lanciato dalla campagna per le firme, in vista della legge di
iniziativa popolare, è importante in sé, ma anche perché indicando gli
aspetti di bene comune e di problema comune, fa dell'acqua un'occasione per
imparare un modo diverso per affrontare i problemi e cercare le soluzioni.
Qui il modello del «chi è più ricco più beve» non ha corso. Il tentativo,
una grande trasformazione, è quello di insegnare alla maggioranza dei
cittadini cosa significhi essere padroni - tutti insieme - della nostra
acqua.E, tutti insieme, di imparare. Significa prima di tutto non
sprecarla, l'acqua, ma imparare e al tempo stesso insegnare ad usarla bene.
Contare, in termini di ettolitri d'acqua potabile utilizzata, ogni attività
umana, proprio come si fa con il petrolio. Quanto petrolio equivalente
serve per viaggiare da Roma a Milano, per costruire l'auto che farà il
percorso? E quanta acqua?
L'obiezione più forte contro i beni comuni è quella nota come la tragedia,
descritta molti anni fa da da Garrett Hardin. Questi sosteneva che l'unico
atteggiamento razionale di un pastore è quello di aumentare il proprio
gregge che pascola sul campo-bene comune, a danno degli altri pastori suoi
pari. Noi dobbiamo imparare a fare diversamente. Non captare sempre più
acqua significa salvare la nostra, insieme a quella dei nostri pari.