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Il maxiemendamento alla Finanziaria sulla precarietà.
La novità rispetto alla prima stesura della finanziaria, consiste nella previsione, al comma 417 e seguenti del maxiemendamento, di un “Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici”, finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato di personale assunto con tipologie contrattuali non a tempo indeterminato.
In realtà tale comma, che dovrebbe costituire la risposta del governo alla legittima richiesta di assunzione di oltre 350.000 lavoratori pubblici costituisce una norma a dir poco impalpabile.
Il fondo per la stabilizzazione, infatti, sarà da subito finanziato con 5 milioni di euro, ma verrà in seguito alimentato con i conti dormienti, ovvero conti dimenticati dai titolari e dai loro eredi.
Si tratta, in sostanza, di risparmi sugli interessi, conseguenti, alla riduzione del debito pubblico: somme non definibili e non certe, (eppure i dipendenti pubblici non possono essere retribuiti una tantum) che senz’altro non porteranno alla soluzione del problema precariato nella P.A.
Insomma nessuna assunzione a pioggia, come ha tenuto subito a precisare Nicolais, il Ministro della funzione Pubblica, ma la solita propaganda giocata sulla pelle dei precari.
D’altronde che non vi sarà un percorso generalizzato volto all’assorbimento in ruolo di tutti i precari, si desume dal comma 418 del maxiemendamento, laddove si precisa che dovranno essere definiti i requisiti e le modalità di selezione dei soggetti interessati alla stabilizzazione: se il percorso di stabilizzazione riguardasse realmente tutti i precari della P.A, che necessità ci sarebbe di individuare modalità di selezione dei soggetti interessati?
Al di là della propaganda il maxiemendamento non introduce nessun percorso serio e generale di stabilizzazione.
L’unica novità (sic!) è costituita dalla previsione, per i lavoratori assunti con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, di una riserva del 60% dei posti nell’ambito delle amministrazioni che bandiranno concorsi per l’assunzione a tempo determinato: in sintesi si passa da una forma di precariato (le co.co.co. ) ad un’altra forma di precariato (il lavoro a tempo determinato).
Allo stato attuale l’unica certezze è che le risorse stanziate dal governo porteranno all’assunzione di non più di 8.000 precari (di cui 5.000 assunzioni erano previste già nella scorsa finanziaria).
A questo si aggiunga che nel p.i. le stabilizzazioni riguarderanno soltanto i lavoratori a tempo determinato da almeno tre anni e purchè assunti mediante procedure selettive di natura concorsuale, e i CFL nell’ambito delle dotazioni organiche: rimangono fuori tutte le altre tipologie contrattuali precarie. (i co.co.co, gli interinali, gli LSU, senza contare l’esercito degli esternalizzati).
Insomma dei circa 350.000 precari della Pubblica Amministrazione solo una minima parte vedrà stabilizzata la sua posizione lavorativa.
Se questo governo voleva dare un segnale di inversione di tendenza avrebbe dovuto cominciare stabilizzando i precari della P.A. considerato che nelle amministrazioni è lo Stato che assume direttamente ed ha potere per procedere all’assorbimento in ruolo dei lavoratori atipici: d’altronde, la riuscitissima manifestazione del 4 novembre ha posto al centro dell’attenzione la necessità improrogabile di abolire tutte le forme di precariato in tutti i settori lavorativi.
Ma questo governo, in continuità con le politiche del predecessore Berlusconi, continua a considerare la P.A non come una risorsa sulla quale investire, ma come un costo da contrarre sulla pelle dei lavoratori e a scapito dei servizi che vengono resi alla collettività.
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