Autor: ugo Data: Dla: forumgenova Temat: [NuovoLab] Gli sperperi di Nassiriya
«Micromega» Un resoconto dei milioni spesi inutilmente nella missione Antica
Babilonia
G. Ra.
Micromega ha affidato a Christian Elia, di Peacereporter un bilancio di
«Antica Babilonia», la spedizione italiana in Iraq, conclusasi da qualche
settimana. Il risultato è la ricostruzione dei fatti, del contrasto tra impegno
e conto finale, tra perdite e profitti. Il testo è privo di commenti, al punto
di non commentare la localizzazione della forza italiana a Nassirya, una
località già molto conosciuta dall'Eni, l'impresa petrolifera di bandiera. Ma
tant'è. Il risultato che così si ottiene è ancora più forte.
Gli italiani arrivano per ricostruire, a guerra almeno in teoria, già
conclusa. Il primo impatto è benevolo: «... In città alcuni erano ottimisti
considerando l'Italia un paese amico degli arabi...» (Elia riporta qui il
commento di Musà al-Susayni, pubblicato da Limes.) C'è stato un tentativo di
amicizia con i locali, subito tramontato. La funzionaria civile italiana,
Barbara Contini «ha eretto una tenda in cui ha accolto le personalità della
città, ma le sue promesse si sono rivelate vuote». E con due pennellate ecco
riproporsi alla memoria un periodo che abbiamo imparato a conoscere:
televisioni e giornali avevano molti inviati in Iraq, in particolare a
Nassirya, e le avventure di Barbara Contini riempivano pagine su pagine e
trasmissioni su trasmissioni.
Le vuote promesse sono però un'esagerazione. In fondo, contro una spesa
complessiva di 1,5 miliardi di euro per finanziare la missione, ben 16 milioni,
più dell'1%, sono effettivamente serviti agli scopi dichiarati. Risulta però
che i sette stanziamenti semestrali, a partire dal quello del secondo semestre
del 2003 di 225 milioni, salgono e scendono di semestre in semestre, in un
braccio di ferro tra militari e parlamento: calano a 208 milioni nel primo
semestre 2004 per risalire a 284 nel secondo; si muovono tra i 268 e i 213
milioni nel 2005, per finire con 187 e 128,5 milioni del 2006. Ma non coprono
tutta la spesa. L'inchiesta di Gianluca Di Feo, per l'Espresso, osserva che
vanno aggiunti i consumi di materiali e mezzi militari deteriorati o perduti,
fino a un totale generale che cresce da 1,5 miliardi a 1,9. Poi si ricorda la
«zona grigia» della spesa per i servizi, tanto per farli agire che per pagare
eventuali riscatti per le persone rapite: «i contractors, (Umberto Cupertino,
Maurizio Agliana, Salvatore Stefio e Fabrizio Quattrocchi che verrà ucciso)...
le due cooperanti Simona Pari e Simona Torretta... e ... Giuliana Sgrena,
giornalista del manifesto....». Sempre nell'inchiesta dell'Espresso, ripresa da
Micromega si fanno anche i conti in tasca alle «attività di informazioni e
sicurezza della presidenza del consiglio» con un'«assegnazione» di 7 milioni
per il solo 2006. In totale i servizi segreti italiani avrebbero contribuito
alla spesa complessiva con 30 milioni, che Elia mette a confronto con i 4
milioni spesi per motivi umanitari.
Non si fa la storia con i se, ma certo la spesa è tutta interna alle esigenze
militari di «Antica Babilonia», e non è servita per rendere la presenza
italiana più gradita agli iracheni della provincia di Di Car e della città di
Nassirya. Dopo il grave attentato del 12 novembre 2003, con la morte di 19
italiani e 9 iracheni, gli italiani si sono rinserrati nel loro campo
trincerato, riducendo le attività a favore della popolazione, già piuttosto
scarse. Si vanta il completamento di 330 progetti di sviluppo e di emergenza,
ma in realtà quello che conta è «l'addestramento di circa 12.000 poliziotti
iracheni e di circa 2.600 militari del nuovo esercito». Nessun intervento
risolutivo per l'acqua e l'energia elettrica, poco per l'ospedale, mentre è
«ristrutturato il campo sportivo», con un'idea singolare di esportazione della
democrazia.
I continui attacchi armati costringono «i vertici militari a ridurre il raggio
d'azione della cosiddetta attività Cimic (cooperazione civile e militare) e a
concentrarsi sulla sicurezza degli uomini di Antica Babilonia». Succede così
che la presenza italiana è solo di soldati e che l'unico scopo di essi è quello
di difendere la propria sopravvivenza dagli attacchi di insorgenti sempre più
determinati a cacciare gli invasori dalla provincia.