著者: Angelo Cifatte 日付: To: \"Salviamo la Costituzione\", \"Forum Genova\", \"Fori sociali\", \"Ambiente Liguria\" 題目: [NuovoLab] Un articolo originale di P. Pellizzetti.....
Il Secolo xix di oggi 7 gennaio 07 è ricco di interviste e commenti sulla situazione politica genovese.
Ecco qua, però, una segnalazione che voglio fare: solo la incompetenza di chi non capisce la situazione locale può aver tagliato e impaginato male questo articolo di Pierfranco Pellizzetti che, nella sua integrità, ho il piacere di divulgare...
Angelo Cifatte
Per anni Leonardo Sciascia ha incarnato l'immagine di una Sicilia che si opponeva al fenomeno mafioso. Destò non poco stupore constatarne l'ostilità nei confronti della nuova leva di magistrati locali che iniziavano una lotta senza quartiere contro la malavita organizzata; bollati come "professionisti dell'Antimafia". Battuta assurda, prima che perfida. Visto che quei "professionisti" si chiamavano - tra gli altri - Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Forse, il sintomo della gelosia di un antico antemarcia nei confronti dei nuovi arrivati che gli rubavano la scena?
Lo stesso dubbio che nasce dalle recenti mosse di Riccardo Garrone per varare una lista civica e bloccare chi ha rilanciato proprio le parole d'ordine che ispirano da decenni la sua presenza civica: discontinuità e innovazione.
Questione che potrebbe essere maliziosamente liquidata osservando come, più che cosa intende dire il grande imprenditore (troppo generoso per essere sospettoso), il punto sia capire chi in quel momento cerca di trarne vantaggio.
Del resto, l'operazione non dovrebbe andare lontano; se non altro per l'intelligenza politica del suo ipotizzato pivot Stefano Zara che, accodandosi, ne subirebbe l'imbarazzante contagio trasformistico (quando ha la possibilità di far valere con coerenza le proprie legittime aspirazioni presentandosi alle imminenti primarie).
Semmai, è molto più interessante cercare di interpretare le impreviste ed imprevedibili sintonie trasversali che ha messo in luce. In particolare, l'entusiasmo di importanti forzitalioti per la candidatura di un esponente ulivesco. Mentre fiorisce una favolistica di cene bipartisan a Roma o Imperia.
È ulteriore malizia osservare come la scossa elettrica, che ha fatto fremere personaggi tanto diversi e posizionati su sponde politiche apparentemente contrapposte, non sia altro che quella piccola parolina "discontinuità"? Da silenziare ad ogni costo.
La discontinuità come cartina di tornasole di chi - sotto, sotto - non ha altro interesse che la continuità. Continuità non rispetto a quella tal scelta amministrativa o a quella tale opzione strategica (per favore, siamo ingenui ma non scemi), bensì verso quelle che sono le logiche e gli equilibri che governano la città. La città oligarchica e trasversale aggregata attorno agli interessi "concreti", secondo lo schema imperante dal dopoguerra e che il suo massimo teorizzatore, Paolo Emilio Taviani, definiva "modello CLN" (per rivestire di sacralità resistenziale la sua - condivisa, è ovvio - predilezione per le pratiche spartitorie e di occupazione della società locale).
Risulta l'ennesima malizia affermare che questo è il vero punto in gioco nell'attuale scontro politico? Resterebbe da capire come mai una questione che sulla carta riguarda il centro sinistra riceva tanta attenzione da parte del leader della destra Claudio Scajola. Desiderio di aumentare la confusione nel campo avverso o - piuttosto - preoccupazione di puntellare le posizioni dei partner che con lui gestiscono l'attuale CLN locale? Con cui dialoga proficuamente di organigrammi e cementificazioni?
Un tempo si diceva: segui i soldi. Dalle nostre parti si può dire "segui il potere" (e magari trovi pure i soldi). Perché qui da noi la lotta politica, liberata dal cellofan sottile dei manierismi valoriali, a questo si riduce. Anche a destra. Come ci ha raccontato la recente vicenda regionale, in cui erano evidenti impronte digitali imperiesi sulla sconfitta di Sandro Biasotti (basta andarsi a leggere i trend elettorali).
Due aspetti ancora da discutere. Primo: perché la battaglia contro la discontinuità ha seguito strade tanto maldestre. Possibile risposta: i protagonisti sono maldestri (Taviani aveva ben altro spessore rispetto all'allievo ponentino. Se il cinismo burlandiano ricorda quello - tanto per dire - di Antonio Canepa, non si accompagna alla scintillante intelligenza del giovane deputato socialista morto di overdose).
Secondo: Marta Vincenzi è davvero discontinua? Staremo a vedere. Intanto lo è dal punto di vista biografico e comportamentale: non ha mai dimenticato le proprie radici e che suo padre era un operaio dell'Ansaldo; pur fregiandosi di uno dei più prestigiosi palmares della politica locale continua a risiedere nel quartiere dove è nata, Rivarolo. Lei l'attico in Albaro non se lo è fatto.