Autor: antonio bruno Data: A: ambiente_liguria CC: fori-sociali, forumgenova, forumSEGE, forumsociale-ponge, forumambientalista, debate Assumptes nous: [NuovoLab] cambio mail - eliminate questa e AUGURI Assumpte: [NuovoLab] Fabrizio, ottimista fatto così
il manifesto, 23.12.06
Fabrizio, ottimista fatto così
Carla Ravaioli
«Durare per pensare ancora». E' l'invito che Fabrizio Giovenale con
disperato ottimismo rivolgeva a tutti e a se stesso nel suo ultimo libro,
La risalita (Punto Rosso, 2006). Questo mi è tornato a mente ieri mattina
quando mi è stata data la notizia della sua fine. Questo in qualche modo
descrive il coraggio con cui per alcuni anni di grave malattia ha
continuato a lavorare, a scrivere, a pensare, a regalare agli altri il
frutto del suo «durare».
Questa è d'altronde la chiave di tutto il suo operare come urbanista e come
ambientalista della prim'ora (attivo con i padri dell'ecologismo italiano,
Aurelio Peccei, Antonio Cederna, Laura Conti, uno dei fondatori di
Legambiente, vicepresidente di Italia Nostra). E' la regola della sua
capacità di indignazione di fronte agli scempi disinvoltamente perpetrati
ai danni di città e paesaggi, e ai volgari intrallazzi e ai grossi
interessi che li mettono in moto, ma anche del suo insistere nella speranza
di poter raddrizzare le cose di poter porre argine allo sfascio del mondo.
Perché, dopo aver denunciato il paradosso della specie umana, da sempre
impegnata a contrapporsi alla natura, alla quale d'altronde continua a
appartenere, dopo aver inveito contro la sua storia, che ha usato sfruttato
modificato la natura, fino a aggredirne e stravolgerne le leggi e a
smarrire quella coscienza del limite che è regola e base di continuità per
tutte le altre specie viventi, Fabrizio si ferma a riflettere sul percorso
evolutivo dell'umanità, sulla fioritura del pensiero, ciò che - afferma -
dovrebbe bastare a ridarci la carica, a ritrovare il coraggio di sperare.
E' così che nei suoi libri (Come leggere la città, 1977, Il tempo delle
vacche magre, 1981, Nipoti miei, 1995, Rapporto Uomo-Terra: che cosa è
cambiato, 2005) e più ancora nella sua attività giornalistica (svolta su
Paese Sera, Avvenimenti, il manifesto, e ora principalmente su Liberazione,
La nuova ecologia, QualEnergia) ha condotto una continua martellante
intelligente militanza. Incapace di rassegnarsi all'idea che l'umanità non
sappia recuperare la consapevolezza dell'intrinseco rapporto tra la propria
realtà e l'ecosistema, non si renda conto che la Terra ha delle misure
precise e non dilatabili che gli umani ai tempi di Cristo erano circa 260
milioni e oggi sono 6 miliardi e 300 milioni, e che i loro consumi sono
andati sempre aumentando e oggi aumentano a ritmo vertiginoso; che dunque
non è più possibile far quadrare i conti, che anzi i conti sono già
sballati da un pezzo, e peggiorano. Che non sappia insomma arrestare in
tempo la sua corsa verso l'abisso.
Ma i suoi attacchi non erano certo genericamente diretti contro la specie
umana. Altri erano i bersagli che colpiva più duro. Era l'indifferenza,
quasi senza eccezioni, della politica in presenza del problema ambiente.
Era «una politica malata di economicismo», e non soltanto a destra. Perché
- diceva - anche a sinistra ben pochi riescono a sottrarsi alla razionalità
dominante, di un impianto sociale e economico tutto proiettato verso
l'assurdo di una crescita senza limiti; anzi si spingeva a sostenere che
anche la tradizione marxista è in qualche misura viziata da una lettera
economicistica della realtà, per certi versi non lontana da quella del
capitalismo.
Fabrizio pubblicava gran parte dei suoi articoli su Liberazione, il
giornale di Prc, votava e apertamente dichiarava di votare per il Prc, ma
questo non gli impediva di parlare chiarissimo, d'altronde apprezzato dalla
maggioranza dei lettori, e anzi da molti guardato come un maestro. Fu lui
tra l'altro, nell'estate del 2005, ad aprire proprio sulle colonne di
Liberazione un dibattito su crescita e consumi che si protrasse a lungo con
numerosi e qualificati contributi, debordando anche sulle pagine del
manifesto, e però suscitando non poche reazioni di pesante dissenso.
Fabrizio era fatto così. Si occupava ampiamente anche di quelli che sono,
dovrebbero essere, i provvedimenti elementari per la difesa dell'ambiente,
dal risparmio idrico e energetico, al risanamento del territorio, al
rimboschimento, all'organizzazione della città per la sua migliore utenza
da parte della popolazione, ma non perdeva mai di vista l'obiettivo
centrale: la necessità di un sistema economico compatibile con la realtà
naturale, riparando «ai guasti che la logica di mercato produce in tutti i
cervelli del mondo». Non un piccolo programma. Ma a lui più che a ogni
altro si attagliava il detto gramsciano «il pessimismo della ragione e
l'ottimismo della volontà». Non c'è dubbio che l'ottimismo alla fine in lui
prevaleva «durare per pensare ancora», sollecitava. Lui l'ha fatto fino
all'ultimo. Tre giorni fa ha scritto ancora un articolo, mi dice Marina, la
sua amatissima consorte. Persone come Fabrizio Giovenale non sono facili da
sostituire. Ci mancherà davvero molto.