[movimenti.bicocca] IX Rapporto sull'associazionismo sociale…

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Autor: Tommaso Vitale
Data:  
A: ML movimenti Bicocca
Assumpte: [movimenti.bicocca] IX Rapporto sull'associazionismo sociale delle Acli-Iref
Cresce la voglia di partecipazione. ''Tiene'' il volontariato, meglio
se informale
Le iscrizioni passano dal 18% del 2002 al 23% del 2006 e quasi un
iscritto su due frequenta almeno una volta alla settimana
l’organizzazione. I dati del IX Rapporto sull'associazionismo sociale
delle Acli-Iref

ROMA - Gli italiani continuano a "scommettere" sull'associazionismo
di carattere sociale. Lo confermano i dati contenuti nel IX Rapporto
Acli-Iref sull’Associazionismo Sociale presentato in mattinata dalle
Acli al Senato, nella Sala degli Atti parlamentari della Biblioteca
“Giovanni Spadolini”. Il tasso di iscrizioni passa dal 18% del 2002
al 23% del 2006. Quasi un iscritto su due (48%) frequenta almeno una
volta alla settimana l’organizzazione di cui ha preso la tessera (+8
rispetto al 2002). Cresce la presenza delle donne nelle associazioni:
dal 36% al 46% in pochi anni. "Tiene" il volontariato, che impegna il
14% della popolazione adulta (-1% rispetto al 2002), soprattutto
nelle organizzazioni del terzo settore (45%) e nelle parrocchie
(38%), dove aumenta del 10% la partecipazione dei volontari. Il
volontariato informale coinvolge il 19% dei cittadini mentre partiti
e sindacati raccolgono appena il 5% dei volontari. Stabile nell’arco
di 8 anni la quota dei donatori: 46%, quasi un italiano su due
(sebbene, rispetto al 2002, si registri un calo di tre punti). Un
quarto dei cittadini italiani, infine, dichiarano di acquistare i
prodotti del commercio equo e solidale o di adottare stili di consumo
alternativi. L’indagine sulle forme di partecipazione sociale e
politica dei cittadini è stata condotta su un campione di 1000
individui rappresentativi delle popolazione adulta, intervistato
attraverso un questionario somministrato durante un colloquio “faccia
a faccia”. Il Rapporto torna dopo tre anni affrontando il tema
controverso del declino del sistema-paese, alla luce dell’evoluzione
dell’associazionismo in Italia e delle diverse forme di
partecipazione dei cittadini alla sfera pubblica.

L’Iref ha rilevato un clima di sfiducia generale, definito nel
Rapporto “un malessere sociale dilagante nel Paese”. Ma l’antidoto
esiste. Ed è l’associazionismo, attraverso il quale passa il
coinvolgimento più diretto nell’agorà democratica. Civismo politico e
attivismo solidale sono gli anticorpi della società civile. E’ così
che il cittadino partecipativo volta le spalle alla rassegnazione.
Come dire: gli italiani più impegnati sono anche i più ottimisti
verso il futuro e gli altri, così come risultano più fiduciosi verso
la possibilità che lo Stato, il Governo locale e la Comunità Europea
possano incidere in positivo sui fabbisogni della società. La
fiducia verso l’altro (a scuola, sul luogo di lavoro ad esempio),
tende ad aumentare proprio fra i cittadini che sono più vicini alla
sfera pubblica: dalle soglie minimali del distacco passivo (15%) e
della chiusura nel privato (17%), si passa al livello intermedio del
civismo politico (23%), fino a giungere all’apice dell’attivismo
solidale (34%). Sono le persone impegnate nel sociale a dare più
credito agli estranei, contribuendo così ad estendere la catena di
solidarietà nella società. Emblematica, poi, la visione del futuro.
La paura del domani diminuisce di quasi venti punti percentuali
spostandosi dall’estremo del distacco passivo dalla sfera pubblica
(71%) a quello dell’attivismo solidale (52%). “L’avvenire – si legge
nel Rapporto - non inquieta più di tanto i cittadini che si curano
del bene pubblico; mentre diventa una fonte di inquietudine per le
persone che si rifugiano nel privato o si abbandonano in una
condizione di passività. Il civismo politico e l’attivismo solidale
sono gli anticorpi della società civile”. (vedi lanci successivi) (sb)



Per due italiani su tre il futuro è incerto. Più ottimista chi si
impegna
IX Rapporto Acli-Iref. In quattro fotografie dell'Italia la denuncia
di un dilagante ''malessere sociale’’: oltre 60% rifiuta la
partecipazione civica

ROMA - Quasi due terzi degli italiani pensano che sia inutile fare
progetti per sé e per la propria famiglia in quanto il futuro è
incerto e carico di rischi. L’87% dei cittadini è persuaso di vivere
in una nazione che scivola inesorabilmente verso il baratro della
decadenza economica e sociale. Sono solo alcuni dei dati raccolti nel
IX Rapporto Iref sull’Associazionismo sociale, che definiscono il
malessere sociale dilagante nel paese. Altri dati confermano infatti
il pessimismo con cui gli italiani guardano al futuro. Dal 2005 al
2006, ad esempio, è rimasta pressoché invariata la percentuale del
"popolo della quarta settimana”, ovvero coloro che dichiarano di
avere difficoltà economiche ad arrivare alla fine del mese (31,2% nel
2005, 31% nel 2006: un italiano su tre). I dati Iref dipingono il
ritratto di un’Italia dell’insicurezza. Ma c’è anche l’Italia del
sospetto: il 47% degli intervistati ritiene che sia meglio dubitare
dei propri colleghi in ufficio. Il 63% del campione pensa che i
bambini siano oggi esposti a rischi anche quando frequentano la
scuola materna o quella elementare. Meglio affidarsi ai parenti: lo
afferma il 79% degli intervistati. Ma il credito verso gli altri
crolla man mano che ci si allontana dalla cerchia familiare: fiducia
al 53% nei confronti dei vicini; 42%, invece, nei riguardi degli
abitanti del quartiere (e la percentuale scende al 23% se si tratta
di stranieri). In generale solo il 27% degli intervistati dichiara di
fidarsi delle altre persone.

Un clima di sospetto e sfiducia che incide poi sul giudizio degli
italiani circa l’operato delle istituzioni e la loro capacità di
imprimere un cambiamento di rotta. Solo il 20% pensa che il governo
sia capace di rispondere (molto/abbastanza) ai bisogni della
collettività. Rispetto al 2002 la percentuale è scesa di 12 punti. E
si attesta al 20% anche la percentuale di chi ritiene che il
Parlamento sia in grado di fornire risposte risolutive alla
cittadinanza. Nel 2002 il dato si attestava invece al 34%. Va meglio
alle Regioni e ai Comuni, che possono “vantare” un apprezzamento,
rispettivamente, del 31% e del 41%. Ma si tratta anche in questo caso
di percentuali in calo rispetto al 2002 (-5% per le Regioni, -1% per
i Comuni). Cresce anche l’insoddisfazione nei riguardi dell’Unione
Europea. Nel 2002, quasi la metà degli italiani (46%) erano convinti
che Bruxelles potesse incidere in positivo sui fabbisogni della
nostra società. Oggi solo il 34% dei rispondenti è di questo avviso.

Sulla questione della fiducia, nei confronti degli altri e nei
confronti del futuro, sembra influire il diverso modo di intendere la
cittadinanza. Il Rapporto dell’Iref disegna per questo i profili di
quattro diverse Italie analizzando il rapporto degli intervistati con
la sfera pubblica. C’è un’Italia del radicamento nel privato (17%),
che esprime un disinteresse abbastanza marcato nei confronti della
sfera pubblica, della politica e delle attività a carattere solidale:
associazionismo, donazioni, volontariato sono eventualità remote,
così come l’iscrizione a partiti, sindacati o la partecipazione a
manifestazione di piazza. Essere cittadino si riduce a lavorare con
impegno e tutt’al più recarsi a votare. C’è poi un’Italia del
distacco passivo, il gruppo più numeroso (43%), in cui confluiscono
quei cittadini che appaiono in assoluto più distanti dall’impegno
sociale e politico, non tanto per scelta ma quanto per la loro
particolare condizione sociale. Pari a zero la percentuale di
adesione al volontariato e al terzo settore. Il 100% ignora
l’esistenza del consumo responsabile. “Apatici” quanto a
partecipazione politica, registrano tassi di adesione a partiti,
sindacati e manifestazioni di piazza pari alla metà del dato medio.
Disinformati e con un basso titolo di studio, pensano che essere
cittadini significhi pagare le tasse e rispettare le leggi.

Con l’Italia del civismo politico si esce dalla zona d’ombra. La
“categoria” è composta da un gruppo di persone (26%) che esprime una
concezione della cittadinanza fatta di impegno, informazione e
attivismo soprattutto di tipo politico. Oltre un terzo è iscritto a
partiti o sindacati; ancora più pronunciata la partecipazione di
piazza. Alto il grado di informazione. Abituale la conversazione su
politica e società con gli amici; il senso di appartenenza
territoriale oltrepassa i confini nazionali; deciso è il sostegno al
welfare state e al mondo della solidarietà organizzata. Infine, c’è
l’Italia dell’attivismo solidale (14%), caratterizzata da una spinta
partecipativa di natura sociale, che interpreta la cittadinanza in
chiave ugualitaria e solidale. I cittadini che ne fanno parte sono
protagonisti di gesti immediati di solidarietà: il 100% è impegnato
nel volontariato; il 56,9% è iscritto ad associazioni del terzo
settore. Dona oltre l’80%; il 49,6% adotta comportamenti responsabili
nel consumo. Essere cittadini per loro significa impegnarsi per i
diritti dei più deboli. Ed investono molto nella politica: ben al di
sopra della media, infatti, la loro presenza in partiti, sindacati e
manifestazioni di piazza.

Benché, sommando le percentuali delle prime due Italie, ben il 60,4%
degli italiani diserti la partecipazione civica, il Rapporto Iref
sottolinea come la fiducia verso l’altro e verso il futuro tenda ad
aumentare proprio fra i cittadini che, al contrario, sono più vicini
alla sfera pubblica, a conferma del fatto che civismo politico e
l’attivismo sociale sono gli anticorpi della società civile contro il
malessere dilagante del Paese. (sb)