[Lecce-sf] Fw: lo slogan <innocente>

Borrar esta mensaxe

Responder a esta mensaxe
Autor: Rosario Gallipoli
Data:  
Para: forumlecce
Asunto: [Lecce-sf] Fw: lo slogan <innocente>
lo slogan <innocente>Notiziario del Campo Antimperialista ... 11 dicembre 2006 ... http://www.antiimperialista.org





CONTRO LA GUERRA GLOBALE PERMANENTE
PER IL RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE DALL'AFGHANISTAN

Analisi e iniziative per i prossimi mesi del movimento contro la guerra e per la pace, a livello nazionale e locale.

Incontro Nazionale
Sabato 16 dicembre 2006 ore 11.00
Sala Salesiani via Marsala, 42 (di fronte all'uscita laterale della Stazione Termini)- ROMA

Reti e associazioni del Movimento per la pace e contro la guerra

...........................................
Questo Notiziario contiene:

1. UNA PRIMA VITTORIA
Comunicato stampa del Campo Antimperialista sull'esito dell'Udienza preliminare
2. F.N.P.I.
Il grosso della Resistenza ha dato vita al Fronte Nazionale Patriottico Islamico (FNPI).
3. DA CARACAS A BEIRUT
La lotta antimperialista come forza motrice per una svolta di civilta'
4. PRODI: « ISRAELE DEVE RESTARE EBRAICO»
Per chi non avesse compreso cosa implichi lo slogan <innocente> <due popoli due stati>

.........................................
1. UNA PRIMA VITTORIA
Comunicato stampa del Campo Antimperialista sull'esito dell'Udienza preliminare*

Si e' svolta oggi a Perugia l'udienza preliminare che doveva decidere la richiesta della Procura della repubblica di Perugia di rinviare a processo Maria Grazia, Alessia e Moreno come presunti terroristi (art. 270bis).
Quando il 1 aprile 2004 essi vennero arrestati una impressionante e pilotata campagna di stampa affermo' che era stata sgominata in Umbria una pericolosa centrale internazionale del terrorismo.
Sempre abbiamo denunciato queste sgangherate accuse come frutto dell'accanimento persecutorio dell'allora governo Berlusconi il quale, sotto le sfacciate pressioni americane, non nascose mai il suo intento di voler eliminare il Campo Antimperialista.
Ebbene, dopo il Tribunale del riesame, dopo la Cassazione, anche il giudice dell'udienza preliminare ha preso atto che il teorema del 1 aprile era criminogeno e che non sussitono nemmeno gli indizi che i nostri compagni facessero parte di una <centrale terroristica>. Ha quindi rifiutato la richiesta della Procura di processare i compagni per l'accusa di terrorismo internazionale.
Una prima, grande vittoria!
Il GUP ha poi ritenuto esistessero sufficienti indizi che proverebbero <l'assistenza>, ovvero un sostegno, per quanto indiretto al movimento antimperialista turco DHKC-P (art. 270ter).
Che il Campo avesse relazioni di solidarieta' con il movimento antimperialista turco noi non lo abbiamo mai negato. Questa solidarieta' coi movimenti di opposizione ai regimi oligarchico-militari come quello turco, così come ai popoli in lotta contro occupazioni illegali e sanguinarie (vedi Palestina e Iraq) è la ragion d'essere del Campo. Contestiamo fermamente, e lo faremo anche nel corso del processo, che i movimenti di Resistenza siano qualificabili come terroristici e che ogni tipo di aiuto umanitario e politico nei loro confronti sia da considerare fiancheggiamento al terrorismo.
Con la stessa serenita' con la quale siamo andati all'udienza preliminare, con la stessa fermezza con la quale ci siamo opposti alla montatura poliziesca del 1 aprile, andremo dunque al processo la cui prima udienza si svolgera' il 5 febbraio.
1 dicembre 2006
* Ringraziamo di cuore le centinaia di compagni che hanno risposto al nostro appello inviando messaggi di solidarieta' a Maria Grazia, Alessia e Moreno.
................
2. F.N.P.I.
Il grosso della Resistenza ha dato vita al Fronte Nazionale Patriottico Islamico (F.N.P.I.).

Avevamo sempre sottolineato come la divisione e la frammentazione fossero i principali punti deboli della Resistenza irachena. La nascita del Fronte Nazionale Patriottico Islamico (F.N.P.I.), coalizione che raggruppa, ad esclusione dei gruppi qaidisti, la maggior parte delle forze del movimento di popolo che si oppone in armi all'occupazione imperialistica dell'Iraq, non e' solo una bella notizia, e' un evento di grande portata, destinato a cambiare molte cose, non solo in Iraq. Esso segna, vogliamo sperare, un salto di qualità della lotta, il passaggio da una guerriglia diffusa e raramente coordinata, alla vera e propria guerra di liberazione. Fanno parte di questo Fronte, oltre al Partito Baath, raggruppamenti islamici sia sunniti che shiiti, le correnti nasseriane, la sinistra comunista, sia araba che curda. I fratelli dell' Alleanza Patriottica Irachena sono stati protagonisti di questo processo unificativo. Non a caso a Jabbar al-Kubaisy e' stato affidato il decisivo ruolo di portavoce ufficiale all'estero del F.N.P.I. La notizia era stranamente trapelata un mese fa, diffusa prima da un quotidiano di Bassora vicino al governo fantoccio di al-Maliki e poi subito ripresa dal giornale filosaudita «al-Quds al-Arabi». Si parlava, facendo nomi e cognomi (tra cui quelli di Jabbar e Awny al-Kalemji), della formazione di un Comando unificato delle forze armate della resistenza composto da 25 persone. Chiaro l'intento provocatorio e criminogeno della rivelazione: esporre tutti al rischio di rappresegalie mirate da parte delle forze antiterrorismo e antiguerriglia americane. Era infine una maniera per sminuire il fatto di eccezionale importanza politica dell'avvenuta formazione del Fronte, riducendolo ad una mera questione militare. In barba a quelle rivelazioni provocatorie gli occupanti e i loro fantocci non hanno in realta' la piu' pallida idea di chi siano i cervelli della lotta armata in Iraq. Quel che adesso sanno e' che le numerose forze guerrigliere non soltanto si sono raggruppate, ma che hanno ora una guida politica autorevole e unitaria. Sanno anche cio' che questo fatto attesta: che la Resistenza ha fatto passi da gigante e che si prepara ad ulteriori sfide.

...........................................
3. DA CARACAS A BEIRUT
La lotta antimperialista come forza motrice per una svolta di civilta'

La strepitosa vittoria elettorale di Chavez non e' un colpo durissimo solo per gli Stati Uniti e il suo presidente. Lo e' altrettanto per il blocco reazionario che da anni si oppone al processo rivoluzionario e antimperialista bolivariano. La reazione subira', ne siamo certi, una fase di sfaldamento interno dal quale non si riprendera' tanto facilmente. Il governo chavista dovra' approfittarne per imprimere al corso bolivariano una spinta in avanti. Chavez ha assicurato appunto che la rivoluzione andra' avanti, vincendo resistenze che stanno annidate nello stesso schieramento nazionalista, ben inserite nei gangli decisivi dell'apparato statale, politico, aministrativo e militare. La grande sfida su cui il processo bolivariano si gioca il suo futuro e' se esso sara' capace di trasformare il pur massiccio consenso popolare in partecipazione effettiva all'amministrazione della cosa pubblica. Rifiutata a priori la strada bolscevica, quella dell'abbattimento ex abrupto del vecchio apparato statale oligarchico-capitalista, il bolivarismo deve adesso mostrare la sua capacita' di edificare un nuovo ordine sociale passando attraverso una fase di riforme rivoluzionarie di struttura tra le quali quella dell'orizzontalizzazione del potere medesimo, edificando lo Stato nuovo sulle fondamenta di una fitta rete di comitati popolari di tipo consiliare. La sinistra rivoluzionaria venezuelana sostiene guardinga, ma sostiene, questo tentativo. Critici sono invece certi sinistri occidentali. Da una parte quelli ormai prigionieri del liberalismo, per i quali, lo chavismo, non sarebbe che una riedizione del tradizionale populismo caudillista latino americano, e dunque fenomeno effimero oltre che non democratico. Dall'altra maoisti e trotskysti i quali, vittime del loro dogmatismo, prendono le distanze da Chavez poiche' non seguirebbe i loro schemi rivoluzionari prefabbricati. Evitando ogni inutile apologia di Chavez, e' per noi evidente che il suo tentativo, per quanti punti deboli abbia, debba essere sostenuto con fermezza. Noi abbiamo una ragione in piu' per farlo e consiste nel fatto che il posizionamento antimperialista del nuovo Venezuela, contribuendo all'indebolimento della catena imperiale statunitense, rafforza senza dubbio ogni altra Resistenza, in ogni altra parte del mondo. E' anzitutto su questo terreno che andra' misurato il grado di radicalita' del bolivarismo venezuelano, il suo proprio consolidamento. Chavez, uscito rafforzato dalla contesa elettorale, e' ora chiamato a dimostrare il suo concreto appoggio alle Resistenze antimperialiste che scuotono l'ordine mondiale. L'appello lanciato dal Presidente affinche' si costituisca un Fronte antimperialista internazionale va in questo senso. Speriamo che alle parole seguano i fatti.
Dall'altra parte del mondo, in Libano, un'imponente manifestazione popolare ha paralizzato Beirut chiedendo a gran voce le dimissioni del governo Siniora, accusato di essere un fantoccio degli americanio e di Israele. A conferma simbolica del filo che lega l'America latina al Medio oriente, le centinaia di ritratti di Chavez che i dimostranti alzavano, assieme alle bandiere nazionali, a quelle di Hezbollah, a quelle palestinesi e irachene. La stampa europea e' stata costretta ad ammettere che nella manifestazione del 10 dicembre si esprimeva la maggioranza del popolo libanese. Costretta ad ammettere, in barba alle cazzate sulla minaccia che Hezbollah fondi una repubblica islamica, il carattere inclusivo e multiconfessionale del fronte di cui fanno infatti parte credenti e non, cristiani e islamici, shiiti e sunniti. Il governo Siniora si tiene caparbiamente in sella solo grazie allo sfrontato appoggio congiunto di Stati Uniti e Francia, e quindi del grosso dell'occidente imperialista, unito come non mai nel voler mettere il Libano sotto la propria tutela. Guai in vista per Unifil 2, una spedizione militare che sperava di legittimarsi per il fatto di essere desiderata da un governo che presumeva di essere di unita' nazionale. Questo alibi si sta squagliando come neve al sole. Guai, dunque, anche per D'Alema che tenta come puo' di far apparire la missione italiana come svincolata dall'asse Washington-Parigi.
................................................................................
4. PRODI: « ISRAELE DEVE RESTARE EBRAICO»
Per chi non avesse compreso cosa implichi lo slogan <innocente> <due popoli due stati>

Mentre il neo-presidente della Repubblica G.Napolitano -legittimando le scelte neocolonialistiche di Berlusconi e calpestando l'intelligenza e il comune sentire di gran parte degli italiani- dichiara che la partecipazione italiana nell'occupazione dell'Iraq <non e' stata un'impresa bellica>, che i soldati a Nassiriya <non hanno compiuto un'impresa offensiva> e che anzi <hanno svolto un'impresa di pace e di civilta'>; quello del Consiglio Romano Prodi ha affermato che <... Si deve offrire ad Israele la garanzia che esso continuera' ad essere uno Stato ebraico>.
Queste parole, mentre sono state segnalate con grande importanza dalla stampa israeliana, sono state accolte in Italia da un assordanete silenzio. La stessa sinistra radicale e pacifista ha taciuto. Si spiega il perche'. Esso dipende dal dogma <due popoli, due stati>. E' come se questo dogma avesse il potere diabolico di offuscare la ragione. Se uno dice due stati, si intende che uno debba essere palestinese e l'altro ebraico. In questo sillogismo si nasconde in realta' un'operazione ideologica smaccatamente sionista. Gli stessi per cui non fa una grinza che lo stato israeliano debba essere ebraico, griderebbero allo scandalo se al posto di palestinese si dicesse stato islamico o musulmano. Condannerebbero questa definizione come il cedimento al fondamentalismo islamista, e sosterrebbero che la Palestina debba essere invece uno stato laico e democratico in cui tutte le confessioni abbiano pari dignita'. Come mai questo schema non vale per Israele? Come mai si da per scontato che questo stato debba mantenere come costitutivo il suo carattere confessionale ebraico? Quello di Prodi non e' per nulla un lapsus. La vera ragione e' che l'ideologia sionista non e' solo egemone tra gli israeliani ma pure tra tutti i suoi paladini. Cos'e' infatti, scarnificata, l'ideologia sionista? E' quell'ideologia che concepisce Israele come stato fondato sull'identita' religiosa ebraica, per cui i cittadini musulmani o cristiani vengono trattati come cittadini di serie B. Quello che si chiede valga per la futura Palestina (che vi sia pari dignita' per tutte le confessioni e che quindi non possa dichiararsi stato islamico), deve valere anche per Israele. Di converso, ove si dicesse che in Israele deve essere assicurata liberta' di culto e diritto di cittadinanza per cristiani e musulmani, non e' ammissibile che esso si dichiari ebraico, cioe' proprieta' di una confessione.

Come mai tutto l'imponente schieramento liberale, che un giorno si e l'altro pure inneggia alla democrazia, che in nome del rifiuto della fondazione di stati su basi etniche e confessionali ha condotto e giustificato le sue guerre d'aggressione, esonera Israele dal rispettare elementari criteri di diritto internazionale? Come mai il solo evocare la soluzione sudafricana viene tacciato di follia se non di antisemitismo? I sostenitori dell'idea sionista che Israele debba non solo esistere ma esistere in quanto stato degli ebrei, ai tempi della rivolta contro l'apertheid, avrebbero dovuto perorare la souzione di uno Stato nero e di uno dei bianchi. Non lo fecero perche' cio' sarebbe parso del tutto assurdo. Oggi, invece, questo assurdo ci viene propinato con lo slogan <innocente> due popoli due stati