[NuovoLab] Fw: Genova un cambio di marciaè possibile e nece…

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Autor: ANDREA AGOSTINI
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Para: forumgenova
Assunto: [NuovoLab] Fw: Genova un cambio di marciaè possibile e necessario

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From: ANDREA AGOSTINI
Sent: Saturday, December 09, 2006 10:58 AM
Subject: Genova un cambio di marcia è possibile e necessario



GENOVA UN CAMBIO DI MARCIA E' POSSIBILE E NECESSARIO

Il dibattito in corso sui canditati sindaci per le prossime amministrative , tutto incentrato sulla personalizzazione dei candidati e sulla loro capacità maggiore o minore di attrare il consenso dei votanti, tende a sottovalutare un problema molto grosso che non è tanto quello del programma - che è e resta enorme - , ma quello di quale cultura politica e amministrativa andrà a gestire le amministrazioni nei prossimi anni.
Nel decennio trascorso tutti gli indicatori sulla qualità della vita degli abitanti e dell'ambiente sono colati a picco. Certo non è estranea a questo rovinoso precipitare la qualità personale degli amministratori - veramente pessima - , o il sistematico conflitto di interessi che ha vincolato molte scelte delleamministrazioni, certo però qualche cambiamento di faccia e qualche tecnico capace messo al posto giusto e in condizioni di fare il suo lavoro non potrà risolvere le sorti di una città e una provincia in condizioni di vistoso decadimento.
E' la scelta culturale della politica che si misurerà con il territorio che è chiamata ad amministrare il vero nodo della questione.

Partirei da un primo pilastro nel comune sentire della classe politica che ci ha amministrato che è quello dello sviluppo - più o meno sostenibile - . Il concetto di sviluppo - ripeto con qualunque aggettivazione lo si voglia accompagnare - è strettamento connesso a quello di crescita e il convincimento del ceto politico che ci ha governato fin qui è che non ci possa essere sviluppo senza crescita.

Ma non è assumendo il concetto di limite e una cultura economica che non opprima i più deboli a vantaggio delle elites economiche e politiche che ci puo' far risolvere il problema. Ci ritroveremmo sempre all'interno di un paradigma quantitativo.
Se noi vogliamo una gestione della cosa pubblica che muti nettamente i suoi indirizzi è necessario smettere di considerare l'economia come momento centrale dell'agire politico ed amministrativo.

La scelta - e la sfida culturale e politica che ne consegue - non puo' essere che quella di passare dal piano quantitativo a quello qualitativo e assumere come chiave di lettura la qualità dei sistemi territoriali.
Se noi assumiamo come criterio di giudizio non tanto il pil o il volume di traffici o di costruzioni fatte ma la salita o discesa degli indicatori qualitativi - per le persone, la collettività, l'ambiente - ecco che diviene naturale il passaggio dal prevalere dell'accumulazione e della fruizione a livello individuale di beni privatizzati alla diffusione del benessere collettivo.

Per questo è necessario rivalutare la complessa rete dei vincoli di interdipendenza che legano tutte le componenti del territorio e la sperimentazione luogo per luogo delle alternative possibili.
Certo nella visione che qui si propone il benessere è altro, vive sull'uso sapiente dei beni comuni, della ricchezza delle relazioni, dell'equilibrio tra esigenze e bisogni differenti, dell'armonia come valore principe da condividere.

Passare da un paradigma all'altro necessità di una discontinuità molto netta in particolare in riferimento all'idea che l'aumento della ricchezza - per pochi - si riverberi in termini di potenzialità per tutti. Non è così, non lo è mai stato e bisogna dirlo chiaro non lo sarà mai. E non è vero che lo sviluppo della cienza ci salverà . Purtroppo le scelte della politica hanno sempre fatto prevalere i miti dell'accumulo e le "eccezzioni" sono sempre a sfavore della saluta e della qualità della vita dei più. E come ben sappiamo da big pharma a bio-agricoltura ci sono sempre tecnici e accademici che per denaro sono disposti a difendere le ragioni di chi li paga.

L'idea politica per cui propendiamo e che è anche la sfida che ci affascina è quella di una cultura politica ed amministrativa che sappia farsi promotrice di una gestione fondata sulla partecipazione e sulla cooperazione. I saperi e le identità diffusi sul territorio sono una ricchezza per tutti che solo un mutamento di paradigma nell'agire politico e amministrativo potrà portare a tutti.

Allo spezzettamento del territorio, alla frantumazione delle identità comuni, al trasferimento promosso o subito non importa di migliaia di persone da un'area all'altra del territorio per soddisfare le leggi dell'accumulo e del profitto dei pochi va data una risposta ben diversa dei pochi balbettii fin qui pronunciati da candidati o presunti tali.

Diciamo che alcune leggi vanno rispettate , contro le esigenze dello "sviluppo economico " proposto.

Esistono dei limiti ben precisi e definiti dalla legge che non devono essere più sforati : quello dell'aria - il traffico e la contaminazione dell'aria che ne consegue ha effetti devastanti sulla qualità dell'ambiente e della salute dei cittadini e dell'ambiente con costi che vanno internalizzati e non scaricati - al solito - sul pubblico.

Esistono degli spazi minimi di aree a servizi fruibili per le persone - verde , servizi e altro - , questi sono definiti per legge e sistematicamente elusi da amministratori e imprenditori a fini di profitto. I tecnici che conteggiano i parcheggi, le rotatorie , le scarpate, le aree verdi irregiungibili come aree nella disponibilità dei cittadini lavorano per i pochi, non certo per chi li paga - i cittadini - .

Esistno beni culturali fondanti delle identità delle città che sono sistematicamente travolti dalla incontrollata crescita dei bisogni consumistici indotti per cui piazze, giardini, aree golenali, palazzi storici e quant'altro sono sistematicamente preda degli appetiti privatistici che ci costringono a incontrarci negli spazi del consumo anzichè nelle nostre piazze e nei nostri giardini.

Genova è una città di mare dove i cittadini nella stragrande maggioranza non possono nemmeno vederlo il mare, meno che meno usufruirne e le risposte - le migliori - che ci sono state date sono la costruzione di spazi privatistici di ulteriore antropizzazione e cementificazione della costa, posti barca e campi da golf - con annessi appartamenti vista mare puzza di cloaca compresa - il cui valore esclude dalla loro fruizione la maggioranza degli abitanti e scarica sull'ambiente il peso di un'ulteriore pesante serie di fonti di inquinamento.

La giustizia. Il controllo del territorio a parte dei nostri amministratori è risibilmente inadeguato nei numeri, negli uomini e nelle risorse destinate.
Se i dati sindacali ci dicono che nel settore edilizio il 75% dei cantieri vanno avanti in condizione di costante illegalità - illegalità tollerata e non perseguita dalle amministrazioni - che cosa sarebbe dei nostri grintosi imprenditori e del loro modello di sviluppo se dovessero rispettare le regole e competere sul mercato senza i continui trucchi e le rimozioni che li favoriscono a scapito dei loro lavoratori e di tutta la popolazione residente ?
Queste considerazioni macroscopicamente rilevabili da chiunque si aggiri in prossimità di un cantiere cittadino possono essere riferite al comparto dei rifiuti, del ciclo dell'acqua, al lavoro minorile, ai diritti dei migranti , agli spazi culturali e a quelli comuni.

Certo, un rispetto della legge che tuteli tutti , una trasparenza amministrativa che semplifichi e condivida le scelte, una condanna certa dei colpevoli rappresentano valori spesso enunciati ma mai perseguiti dalla attuale e dalla precedente amministrazione.

Sono dieci anni che i ricchi si arricchiscono e i poveri diventano più poveri con la benedizione di un ceto politico che tradisce costantemente i suoi ideali dichiarati per la propria autoconservazione gerontologica e per il debito - politico e culturale - che ha verso e lobbies che lo hanno espresso.

Una svolta è possibile e ancor più è necessaria se vogliamo dare un senso credibile alle nostre parole e al nostro futuro.

andrea agostini