[Lecce-sf] pre-giudizi

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Autore: Silverio Tomeo
Data:  
To: social forum
Oggetto: [Lecce-sf] pre-giudizi
Pregiudizio
                        Annamaria Rivera


                        Questo articolo è tratto dal lessico del dialogo tra le 
                        civiltà della rivista ResetDoC


                        Qualunque tipo di pensiero -anche degli studiosi e degli 
                        scienziati - procede per modelli prestabiliti, 
                        stereotipi, pregiudizi. Questi ultimi sono intrinseci ad 
                        ogni processo cognitivo: secondo Hans Georg Gadamer, i 
                        pregiudizi condizionano la realtà storica dell'individuo 
                        molto di più dei suoi giudizi. Da essi, a suo parere, è 
                        impossibile prescindere, benché si possa rimetterli 
                        continuamente in discussione per evitare che si 
                        cristallizzino.
                        In un'altra accezione, il pregiudizio è un'opinione, un 
                        sentimento, un'attitudine coltivati e/o espressi non per 
                        conoscenza diretta di un individuo o di un gruppo 
                        sociale, ma in base a luoghi comuni, cliché, stereotipi 
                        più o meno largamente condivisi. Tipico del pregiudizio 
                        inteso in tal senso è la tenace resistenza alle prove 
                        dell'esperienza, della conoscenza, della relazione 
                        diretta. Cristallizzandosi in forme irreversibili e 
                        divenendo modo consueto e socialmente condiviso di 
                        percepire e rappresentare certe categorie di persone o 
                        gruppi minoritari, i pregiudizi possono alimentare o 
                        giustificare discriminazione e razzismo.
                        È il pregiudizio orientato in senso negativo, in 
                        particolare verso gruppi minoritari, che ha attirato 
                        l'attenzione di una numerosa schiera di studiosi, dando 
                        luogo a molteplici teorie interpretative, quasi tutte 
                        utili a comprendere un fenomeno dall'eziologia assai 
                        complessa. A partire dagli anni Cinquanta, gli studi si 
                        moltiplicano, anche per influenza dell'opera diretta da 
                        Theodor W. Adorno, La personalità autoritaria, 
                        pubblicata nel 1950. Frutto di una ricerca collettiva, 
                        quest'opera indaga il pregiudizio principalmente al 
                        livello della personalità individuale, interpretandolo, 
                        in definitiva, quale esito di un'educazione rigida, 
                        conformista, autoritaria. 
                        Nell'ambito della psicologia sociale, l'opera del 1954 
                        dello statunitense Gordon W. Allport, La natura del 
                        pregiudizio, ha il merito d'integrare l'analisi dei 
                        processi cognitivi con quella delle dimensioni sociali 
                        del pregiudizio. Per Allport, il pregiudizio è un 
                        "atteggiamento di rifiuto o di ostilità verso una 
                        persona appartenente ad un gruppo, semplicemente in 
                        quanto appartenente a quel gruppo, e che pertanto si 
                        presume in possesso di qualità biasimevoli generalmente 
                        attribuite al gruppo medesimo". Il pregiudizio 
                        scaturisce da processi cognitivi, segnatamente dalla 
                        propensione, propria ad ogni individuo, a categorizzare, 
                        per organizzare, semplificare e schematizzare la 
                        complessità della realtà sociale. La categorizzazione, a 
                        sua volta, essendo di per sé un processo riduttivo ed 
                        associandosi a una componente affettivo-valutativa, può 
                        produrre stereotipi, generalizzazioni arbitrarie ed 
                        etichettamenti. 
                        Sempre nell'ambito della psicologia sociale, un altro 
                        contributo importante è quello di Henri Tajfel, il quale 
                        si sofferma sulla funzione sociale del pregiudizio, che 
                        correttamente analizza nell'ambito delle relazioni 
                        -molteplici, complesse e mutevoli- fra gruppi sociali 
                        diversi. Proponendosi d'indagare il processo che porta 
                        alla discriminazione di individui e gruppi diversi dal 
                        "noi", egli mette in luce come il pregiudizio svolga una 
                        funzione identitaria: soprattutto quando la propria 
                        identità sociale è percepita come incerta e minacciata, 
                        si tende a preservarla o a ricostituirla attraverso 
                        processi di categorizzazione che enfatizzano la 
                        differenza noi/altri, l'immagine positiva di sé e quella 
                        negativa degli altri. Stereotipi e pregiudizi si 
                        strutturano sulla base della tradizione culturale, del 
                        sistema valoriale, degli interessi e del bisogno di 
                        differenziazione propri di un gruppo determinato, e 
                        possono alimentare o giustificare discriminazione ed 
                        ostilità. 
                        Stereotipi e pregiudizi tendono a semplificare la realtà 
                        sociale, negandone la complessità, la molteplicità, 
                        l'ambivalenza, la storicità. Essi si presentano spesso 
                        sotto le forme: della generalizzazione arbitraria; della 
                        naturalizzazione di caratteri storici, sociali, 
                        culturali, veri o presunti, del gruppo-vittima; della 
                        tendenza ad etichettare una categoria di persone o una 
                        collettività sulla base di alcuni tratti -pochi e 
                        standardizzati- e a designare, in base a questi, tutti 
                        gli individui che le compongono: ogni ebreo sarebbe 
                        ultrasionista, avido di denaro, legato a lobby potenti, 
                        ogni musulmano fanatico e potenziale terrorista, ogni 
                        "zingaro" accattone, ladro, rapitore di bambini, ogni 
                        "clandestino" deviante o delinquente. Gli "altri" sono 
                        così cancellati come individui, come persone uniche e 
                        singolari. 
                        Alcuni pregiudizi, che si sono formati e stratificati 
                        attraverso varie tappe della storia europea, 
                        costituiscono repertori sempre latenti, che 
                        periodicamente riemergono o tornano ad essere mobilitati 
                        in contesti e con funzioni e scopi diversi. Ciò è 
                        particolarmente vero per i pregiudizi antiebraici e per 
                        quelli contro i rom e i sinti. Fra i pervicaci 
                        pregiudizi sugli "zingari", anche quelli in apparenza 
                        più banali contribuiscono ad alimentare la 
                        stigmatizzazione, la discriminazione, l'ostilità: per 
                        esempio, in Italia molte istituzioni agiscono spesso in 
                        base al pregiudizio che li vuole "nomadi" da sempre e 
                        per sempre, il che contribuisce a perpetuarne la 
                        segregazione in campi-ghetto. 
                        I pregiudizi -oggi più che mai veicolati, legittimati e 
                        rafforzati dai mass-media- innescano un circolo vizioso 
                        ben analizzato dagli studiosi: se le minoranze oggetto 
                        di pregiudizio non possono accedere a diritti 
                        fondamentali come, per esempio, quello all'abitazione, è 
                        perché il pregiudizio e la discriminazione conseguente 
                        impediscono l'esercizio di questo diritto. Ciò a sua 
                        volta, accrescendo la loro marginalità e visibilità, 
                        alimenta pregiudizio, discriminazione, eventualmente 
                        xenofobia.