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Aihe: [NuovoLab] Liberazione: Genova, la digos va a Bolzaneto e scova un arsenale da guerra
liberazione 24.11.06

Le armi sarebbero souvenir di missioni all’estero. Due agenti indagati
Genova, la digos va a Bolzaneto
e scova un arsenale da guerra
Checchino Antonini
Brillante operazione della digos genovese. Gli agenti hanno scovato in un
capannone un vero arsenale clandestino di armi da guerra: una bomba a mano,
pezzi di artiglieria, munizioni. Fin qui, però, tutto normale. Perché mai
Liberazione la sbatte in prima? Il punto è che l’operazione s’è svolta
nella famigerata caserma di Bolzaneto, quella che il guardasigilli Castelli
tramutò in carcere provvisorio per le retate di manifestanti no-global nel
luglio 2001. Quella delle torture, per farla breve, delle canzonette
fasciste sulla bocca e sulle suonerie degli uomini di tutti i tipi di forze
dell’ordine, quella dei ragazzi e delle ragazze costrette a stare in piedi
per ore faccia al muro, insultati, pestati, privati del diritto
all’assistenza e delle garanzie legali, perfino della possibilità di
chiamare casa. Un processo sta cercando di appurare, con lentezza e fatica,
le responsabilità precise.

Intanto Bolzaneto finisce ancora sulle pagine dei giornali. Unico, finora,
a riportare la notizia, il Corriere Mercantile, storica testata quotidiana
all’ombra della Lanterna, oggi gestita da una cooperativa di giornalisti e
poligrafici.

Gli uomini della polizia politica sono entrati nella caserma con un mandato
della magistrata antimafia Francesca Nanni della Dda. L’arsenale
clandestino si trova in una sorta di cittadella di palazzine e capannoni a
nord di Genova che ospita più di 400 agenti di ps. Poco meno di 300 sono
del reparto Mobile, la celere. Gli altri fanno parte dei reparti di
artificieri, cinofili, prevenzione crimine (l’ex criminalpol). Due
sottufficiali sono iscritti, questo è il poco che si sa, nel registro degli
indagati perché risultati i “custodi” dell’anomala santabarbara. I due non
sarebbero celerini e la loro tesi difensiva spiega che l’arsenale serviva a
conservare “souvenir” rientrati da varie missioni all’estero in zone di
guerra che un maresciallo artificiere, un’autorità nel suo campo, è stato
incaricato di identificare.

Pronunciare solo la parola Bolzaneto rimanda ormai automaticamente alla
galleria degli orrori del G8. Per questo in redazione siamo sobbalzati. Per
questo i manifestanti che tornavano in auto, nell’anniversario del luglio
2001, sobbalzavano al consiglio degli “autoctoni” di lasciare l’autostrada
all’uscita di Bolzaneto. Mentre gli uomini digos contavano i souvenir di
guerra, il consiglio regionale votava un’ordine del giorno che chiede al
governo una vera commissione d’inchiesta. Ma stavolta, così pare, il G8 non
c’entrerebbe.

Però un blitz della digos in una caserma della celere non riesce a passare
inosservato.

Vabbè, forse il G8 non c’entra ma viene da chiedersi da dove sia partita la
pista della Dda. Chi altri era a conoscenza del “museo” stravagante
custodito dai due sottufficiali di polizia ora indagati per detenzione
illegale di armi da guerra? Il quotidiano genovese intercetta la voce che
accredita una soffiata da dentro la caserma all’origine dell’inchiesta.
Intanto il cronista, Andrea Ferro, dà conto di un altro giallo avvenuto tra
le stesse mura il 28 novembre di un anno fa e che aveva fatto strillare
all’anarcosindacalista. Le indiscrezioni sull’arsenale sembravano alludere
a quel mattino in cui un razzo da segnalazione si schiantò contro una
palazzina molto vicina, in linea d’aria, a Bolzaneto. Non fu attentato, ora
è chiaro, ma un incidente. Il razzo partì dal cortile della caserma.
probabilmente un gioco finito male. Un gioco?

E dire che il comandante di Bolzaneto ce l’aveva messa tutta per
riabilitare un luogo divenuto sinonimo di lager. Aveva persino organizzato
visite con le scolaresche. A spulciare nella cronaca ligure della passata
primavera si trova un altro fatto, apparentemente slegato dal rinvenimento
dell’arsenale. Si tratta di un’inchiesta su traffici di rifiuti tossici
partita da una rogatoria internazionale sollecitata da un magistrato di
Montecarlo che aveva sequestrato un albergo di proprietà del presidente
della Lucchese calcio. Dalle intercettazioni sarebbero emerse le sue
frequentazioni tra il 2004 e il 2005 con la questura, e l’allora questore.
Una circostanza che avrebbe fortemente scosso gli ambienti della polizia
genovese. Siamo sicuri però che il G8 non c’entra con l’arsenale? Se si
pensa ai misfatti di strada, alla Diaz o alla stessa Bolzaneto,
probabilmente no. Se si pensa al senso di impunità esibito praticamente da
tutti i reparti in azione già da Napoli, allora sì. E una commissione di
inchiesta su quei giorni (e i processi che li hanno determinati) potrebbe
far bene al rapporto tra polizie e cittadini.

Quanto ai souvenir di guerra, non è il primo museo del genere che viene
alla luce, e chissà quanti altri ce ne saranno. Armi irachene -
kalashnikov, pistole Beretta, fucili d’assalto, mortai e mitragliatrici -
furono scoperte, a gennaio del 2006, negli scantinati della caserma del
genio guastatori, la Berghinz di Udine, dove c’erano reparti reduci da
Nassiriya. Il procuratore militare indagò quattro ufficiali (a casa di un
indagato furono trovate anche tavolette assiro-babilonesi) per peculato,
introduzione clandestina e detenzione abusiva di armi da guerra. In una
caserma di Latina, mesi prima, un giovane carabiniere saltò in aria
giocando con un bomba a mano russa.

Che. Ant.
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