FANTOCCI E BAMBOCCIEQUIVICINI AGLI ASSASSINI
Alla richiesta di rispondere alle accuse dei sionisti italiani (alias: comunita' ebraica) di essere troppo sensibile alle istanze dei palestinesi il Ministro degli Esteri D'Alema ha così risposto: «A me sembrano processi alle intenzioni, una caccia alle streghe (...) Ma se l'Italia sta applicando l'embargo verso i palestinesi! Certo non e' una posizione equanime, siamo dalla parte di Israele, non abbiamo nessuna relazione con il governo di Hamas e non lo riconosciamo».
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Questo Notiziario contiene:
1. FANTOCCI E BAMBOCCI
In merito alla manifestazione di Roma
2. CHIEDEVAMO DI BUTTARLI FUORI, SE NE SONO ANDATI DA SOLI
sui salti mortali dell'on. Diliberto
3. D'ALEMA E L'INCUBO LIBANESE
Hezbollah esce dal governo
4. LA RESISTENZA LIBANESE IN ITALIA
Incontri con Samah Idriss*
5. NON VOGLIAMO ESSERE COMPLICI!
L'appello per la manifestazione di Vicenza del 2 dicembre
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1. FANTOCCI E BAMBOCCI
In merito alla manifestazione di Roma
Da due giorni Tg e giornali, come se ubbidissero ad un'unico direttore d'orchestra, stanno picchiando duro sulla manifestazione di sostegno alla resistenza palestinese svoltasi a Roma il 18/11. Si urla allo scandalo per tre fantocci di mercenari occidentali dati simbolicamente alle fiamme. Verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Gli esponenti politici dei due poli sistemici che fanno a gara nell'esecrare questo gesto sono gli stessi che hanno inviato le forze armate italiane in Somalia, Iugoslavia, Afganistan, Iraq e ora in Libano. In tutti questi casi i loro tanto amati soldatini non hanno bruciato fantocci, ma esseri umani in carne ed ossa, nella gran parte dei casi civili, bambini, vecchi e donne innocenti. In Iugoslavia, con le loro «bombe umanitarie» hanno incenerito case, ospedali, scuole, stazioni TV, interi villaggi. In alcuni casi (vedi Mogadiscio negli anni 1993-94) hanno seviziato e torturato dei giovani per obbligarli a fare la spia. E siccome di parla di simboli, come dimenticare quali fossero quelli che i nostri gloriosi para' ostentarono in Somalia mentre svolgevano la loro opera umanitaria? Ovvero: «... l'ostentazione presso talune unità di simboli e slogan nazisti e fascisti" -dalla relazione del maggio 1998 della commissione presieduta dall'ex presidente della Corte costituzionale Ettore Gallo. Dove voglia andare a parare il Partitone filo-sionista e' presto detto. A illegalizzare chi sostenga le Resistenze, abolendo il diritto costituzionale a manifestare liberamente le proprie opinioni. Anche stavolta, come in altri casi, Di Pietro è la bocca della verita'. In un'intervista rilasciata a La Nazione di oggi, dichiara apertamente che il governo dovrebbe approvare una legge per vietare le manifestazioni antimperialiste, una legge sul modello di quella che vieta negli stadi l'ingresso a certi ultra'. Questo sara', in effetti, un punto decisivo dello scontro politico italiano nel prossimo futuro. Il sistema italiano tentera' di adeguarsi piu' di quanto non abbia gia' fatto, alla tendenza generale delle democrazie imperialiste, alla loro trasformazione in regimi totalitari ove non ci sia agibilita' politica per forze antagoniste, alla loro definitiva militarizzazione interna -conseguenza apparentemente ineluttabile della militarizzazione delle relazioni internazionali. In ballo non c'e' quindi solo il diritto degli antimperialisti ad affermare le loro opinioni, in ballo c'e' la sorte della Cosituzione formale e sostanziale di questo paese, se esso si debba adeguare alle norme fasciste adottate negli USA dopo il 2001 o meno. L'unita' piu' decisa degli antimperialisti non e' necessaria solo per aiutare le Resistenze popolari in Palestina o Iraq. Quest'unita' e' indispensabile per ricostruire in questo paese un movimento di massa che sbarri la strada ad un'esito autoritario e totalitario. In questa cornice vale il motto del '68: dai loro un dito e ti prenderanno tutto il braccio. I diritti democratici, tra cui anche quello di dar fuoco a fantocci che simboleggiano il militarismo e la guerra imperialista, vanno difesi in blocco, nella loro interezza, non a pezzi e bocconi. Per questo siamo rimasti basiti nel leggere la brutta nota diffusa dal Forum Palestina (promotore della manifestazione di Roma: «5. Infine vorremmo chiedere a chi nella manifestazione di sabato ha bruciato i pupazzi e lanciato slogans inservibili e insulsi (lo stesso era accaduto a febbraio). Se sapevate (e lo sapevate) che era pronta la trappola mediatica che sarebbe servita a manipolare e occultare una manifestazione sulla Palestina, perché vi siete coscientemente e puntualmente prestati alla trappola? O siete stupidi o siete malconsigliati. Nel primo caso ravvedetevi, nel secondo allontanate i cattivi consiglieri. La prossima volta sarà l'intera manifestazione che non permetterà che vi prestiate di nuovo alla trappola». Vorremmo sbagliarci, ma questa dichiarazione sembra essere stata fatta a comando: «Io chiederò al Forum della Palestina che ha organizzato il corteo non soltanto di condannare ma anche di cambiare le regole. D'ora in avanti io scenderò in piazza se la piazza sarà messa al sicuro da queste trappole mediatiche. (...) Bisogna ritornare a un bel servizio d'ordine. Che prima sterilizzi, cinga e si premuri di mandarli, come si faceva una volta, in coda al corteo, tenendoli a una distanza di sicurezza in modo che sia evidente la separazione dei due mondi. E poi convinca, persuada alla calma, alla tranquillità». (Intervista di O.Diliberto a Repubblica di oggi)
Non chi brucia fantocci deve essere cacciato dalle nostre manifestazioni, ma chi viene a sfilare solo qualche attimo per poi recarsi in Parlamento a votare finanziarie e missioni di guerra.
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2. CHIEDEVAMO DI BUTTARLI FUORI
SE NE SONO ANDATI DA SOLI
sui salti mortali dell'on. Diliberto
Il nostro contingente al corteo di Roma ha distribuito un volantino in cui si affermava:
«Accade tuttavia che, nel tentativo di domarci e di mettere il cappello sulla nostra manifestazione, pezzi avariati del ceto politico sitituzionale, gli stessi che hanno votato sia per il rifinanziamento della missione berlusconiana in Afganistan, sia per quella NATO in Libano (gli stessi che domani voteranno una Finanziaria che devolve alle spese militari imperialiste la più alta cifra da alcuni decenni in qua) siano tra noi. Questo tentativo va respinto! Non abbiamo deciso di contrapporci alla pagliacciata di Milano per fare le comparse di una buffonata a Roma. Non è solo questione di igiene (che ha tuttavia la sua importanza), è questione di chiarezza e prospettiva politica. Un nuovo movimento per la pace, un movimento che raccolga in modo coerente la consegna della lotta contro la guerra senza se e senza ma, non può partire con lo stesso piede sbagliato di quello del 2003 -ovvero la scelta di fare alleanze con cani e porci. Chi vota per la guerra alle Resistenze popolari in Afganistan e in Libano; chi fa parte di un governo legato a doppio filo con i criminali di guerra americani e israeliani (vedi accordo di cooperazione militare e spionaggio tra Roma e Telaviv); non può impunemente venire qui a prenderci per il culo. Se alcuni dei promotori hanno preferito chiudere gli occhi, possiamo riparare all'errore: buttiamoli fuori»!
In realta' non c'e' stato bisogno di cacciare Diliberto e company, una volta respinto il tentativo del PdCI di passare davanti agli antimperialisti, essi se ne sono andati da soli non appena alcuni compagni hanno compiuto il gesto simbolico di bruciare i fantocci dei mercenari occidentali. Il gesto non meno simbolico dei comunisti italiani di abbandonare la manifestazione non ha tuttavia evitato a Diliberto di beccarsi le critiche dei suoi alleati di governo per non parlare di quelle dei berlusconiani. Nel tentativo di smarcarsi dal pressing Diliberto ha concesso una demenziale intervista a Repubblica di oggi nella quale insinua lo zampino dei servizi segreti: «chi sono costoro, da dove vengono e, soprattutto, c'è dietro qualcuno?». Siamo al ridicolo, davanti al vecchio anatema di staliniana lanciato agli oppositori di sinistra: «CHI VI PAGA?». La domanda in verita' deve essere rivolta proprio a lui: CHI TI PAGA? Risposta: al pari dei funzionari di polizia o dei mercenari inviati a contrastare le guerriglie in Medio Oriente, egli e' lautamente retribuito da questo Stato. Non e' che se ne possa fare vanto. Perse le staffe per essere sfilato in fondo al corteo e per averlo poi dovuto abbandonare, Diliberto, nella stessa intervista, dulcis in fundo, se la prende quindi con noi perche' ce l'abbiamo col Ministro degli esteri, e ne approfitta per sottolineare che lui condivide pienamente l'operato di D'Alema. Appunto! Non si tengono i piedi su due staffe. Non si sta nei governi che hanno bombardato la Iugoslavia, che inviano truppe a destra e a manca per combattere le Resistenze, e poi pensare di passarla liscia in manifestazioni che proprio con le Resistenze stanno. Diliberto ha ricevuto una lezione di stile da parte di chi non solo non e' pagato da nessuno e a ragione gli chiede di essere coerente.
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3. D'ALEMA E L'INCUBO LIBANESE
Hezbollah esce dal governo
Guai in vista per i missionari (e per D'Alema). Sei ministri del governo libanese guidato da Siniora si sono dimessi nei giorni scorsi. Sono quelli della Resistenza nazionale e alleati. Non si tratta solo di uomini di Hezbollah infatti, ma pure dell'altro partitito sciita, AMAL di naibib Berri, e del movimento cristiano capeggiato dal generale Michel Aoun. Dietro essi hanno il pieno sostegno sia delle sinistre libanesi che di gran parte delle comunita' palestinesi dei campi profughi. Le forze delle Resistenza hanno accusato il primo ministro Siniora di doppio gioco, di essere al servizo degli Stati Uniti, di inciuciare con i nemici del Libano per isolare e disarmare la Resistenza. Questa ha chiesto la formazione di un nuovo governo che sia espressione effettiva dell'unita' nazionale, oppure immediate elezioni anticipate. Americani, italiani, francesi e israeliani sanno benissimo che in caso di nuove elezioni Siniora (uomo della borghesia sunnita, legato a doppio filo agli Stati Uniti e ai pesi arabi ad essi alleati) se ne andrebbe a casa e che l'alleanza che fa capo mad Hezbollah conquisterebbe la maggioranza assoluta andando al potere. Siniora, spalleggato dai paesi occidentali e da Israele, rifiuta di dimettersi, nonostante l'esplicita richiesta del Presidente della Repubblica, il cristiano Emile Lahoud. Il rifiuto di Siniora di rassegnare le sue dimissioni, l'arrogante pretsa di evitare elezioni anticipate hanno acceso lo scontro politico nel paese dei cedri. In questo contesto la Missione UNIFIL 2 viene a perdere la principale fonte di legittimazione politica, che non era affatto quella delle Nazioni Unite, che era invece quella fornita da un governo di cui facevano parte anche i movimenti guerriglieri che avevano dato una lezione agli israeliani. E' un fatto che ora i soldati francesi e italiani non godono affatto dell'avallo della resistenza libanese, che la missione UNIFIL 2 e' in mutande e non ha alcun alibi che consenta essa di apparire superpartes. E' anche un fatto che i soldati francesi e italiani potrebbero trovarsi invischiati nello scontro politico in atto. Intervistato da Maurizio Caprara sul Corriere del 16 novembre, D'Alema non ha esitato a dichiararsi seriamente preoccupato, e ha confessato che l'Italia e' dalla parte di Siniora, ammettendo che i suoi missionari non sono neutrali e svelando la vera funzione della Missione UNIFIL 2, che e' appunto quella di contrastare Hezbollah, di puntellare il governo Siniora e, all'occorrenza, di tenerlo al potere con ogni mezzo. La gatta frettolosa fa sempre figli ciechi. L'ambizione personale da una parte e la smania di ricavare un posticino all'Europa nei nuovi equilibri neocoloniali in Medio Oriiente, hanno spinto D'Alema nel ginepraio libanese, il tutto sulla base di una valutazione completamente errata sia dei rapporti di forza, sia delle reali dinamiche interne al Libano -dinamiche radicalmente mutate negli ultimi dieci anni. I francesi, ben piu' informati, non a caso esitarono ad inviare propri soldati, e furono tirati per i capelli proprio da D'Alema e Prodi. Da apprendisti stregoni essi hanno pensato bene di usare il Libano per poter ostentare i muscoletti italiani, anzitutto al fine di rafforzare il loro governo, sia in chiave interna che esterna. D'Alema ha legato le sue sorti a quelle di Siniora. Non e' escluso che finisca per cadere nella polvere con lui.
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4. LA RESISTENZA LIBANESE IN ITALIA
Incontri con Samah Idriss*
Le truppe italiane e francesi in Libano, lungi dal contribuire alla pace, si rivelano un fattore di destabilizzazione e di ingerenza neocolonialistica nella vita politica del paese dei cedri. Risultato: a soli due mesi dal loro arrivo i ministri vicini ad Hezbollah sono dovuti uscire dal governo Siniora -che ha quindi cessato di essere di unita' nazionale per rivelarsi mero ostaggio delle potenze straniere occupanti alleate di Israele e degli USA. Il Libano precipita verso l'abisso. C'e' solo un modo per evitare una nuova guerra: ritirare le truppe della NATO, obbligando Israele a rispettare i diritti dei palestinesi e la sovranita' nazionale del Libano.
Perugia, Venerdì 24 novembre - ore 17,30 Sala della Vaccara, Piazza IV Novembre
promuovono: Umbria contro la guerra, Campo Antimperialista
Fabriano, Sabato 25 novembre - ore 21,15 Centro di Aggregazione Giovanile "Fuori le Mura", Via De Gasperi 8
Promuovono: Giovani Comunisti del PRC
Fermo, Domenica 26 novembre - ore 17,30 Sala multimediale, Piazza del Popolo
promuove: Coordinamento Antimperialista del Fermano
Milano, Lunedì 27 novembre - ore 21,00 Teatro Verdi, Via Pastrengo 16
promuovono: Iraq Libero, Collettivo politico universitario, Carc
Padova, Martedì 28 novembre - ore 21,00 Sala Polivalente presso Stazione FS
promuovono: Soccorso Popolare, Iraq Libero
Reggio Emilia, Mercoledì 29 novembre - ore 20,30 Laboratorio AQ 16, Via F.lli Manfredi 12
promuovono: Laboratorio AQ 16, Giuristi Democratici, Iraq Libero
Viareggio, Giovedì 30 novembre - ore 21,00 Circoscrizione Marco Polo, Via Repaci 1, traversa via Aurelia
Promuovono: Laboratorio Marxista, Circolo Iskra, Comitato di Solidarietà con i popoli dell'America Latina (CSPAL), Movimento costitutivo del Partito Comunista dei Lavoratori Versilia, Primomaggio, foglio per il collegamento tra lavoratori, precari e disoccupati (redazione toscana), Iraq Libero
Pisa, Venerdì 1 dicembre - ore 21,00 Sala da destinarsi
promuovono: Pianeta Futuro, Iraq Libero
*Chi è Samah Idriss
Samah è un noto intellettuale libanese e pubblica la prestigiosa rivista letteraria araba "Al Adab" (
www.adabmag.com <
http://www.adabmag.com/> ). E' l'autore di diversi libri e ha un dottorato dalla Columbia University di New York. Ha militato nel movimento antimperialista di sinistra, ed è il cofondatore di diverse associazioni culturali e politiche che sostengono la lotta di liberazione araba. Mentre lotta per superare il sistema su basi confessionali lasciato dal colonialismo francese e le divisioni politiche su basi settarie, Samah Idriss sostiene il movimento di resistenza nazionale, compresi i movimenti islamici, oltre a quelli in altri paesi arabi. E' attualmente impegnato nella Campagna di Resistenza Civile (
www.lebanonsolidarity.org <
http://www.lebanonsolidarity.org>).
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5. NON VOGLIAMO ESSERE COMPLICI!
Appello per una manifestazione nazionale a Vicenza del 2/12 contro le servitù militari e contro la guerra
Vicenza, 2006. O un qualunque anno della guerra globale permanente.
Una tranquilla cittadina di provincia, del nordest produttivo. Che ospita già la caserma USA Ederle, la Gendarmeria Europea, Il Coespu, scuola di addestramento per militari dei "paesi in via di sviluppo". E ora, forse, anche il Dal Molin aeroporto di guerra, con un investimento del governo americano di 800 milioni di dollari. La nostra città, quindi, destinata a diventare un nodo importantissimo per i nuovi assetti militari mondiali. Ma facciamo un passo indietro: ci sono alcune storie che vanno raccontate. Due anni fa, governo Berlusconi: il sindaco Hullweck inizia una serie di viaggi a Roma, si comincia a parlare di un nuovo progetto per Vicenza, firmato Usa, ma nessuna notizia certa trapela.
2006, governo Prodi: ormai a ridosso della scadenza con gli Stati Uniti, scoppia il caso Dal Molin; il progetto è devastante, sia come impatto sul territorio, sia dal punto di vista che una città Unesco, come Vicenza, non può fondare la sua esistenza su un'economia di guerra.
I cittadini, i movimenti, le associazioni si organizzano e dicono NO al Dal Molin base militare.
Lo dicono in maniera determinata, con rumorose presenze in consiglio comunale, raccolta firme (più di diecimila in un mese!), convegni informativi, blocchi del traffico, fiaccolate, scioperi studenteschi e, non ultima, l'invasione delle piste dell'aeroporto.
Nel frattempo, inizia il rimpallo di responsabilità tra sindaco, di centro-destra, e governo, di centro-sinistra, dove nessuno vuole prendere in mano la patata bollente della decisione finale, ma tutti sono concordi nel definire gli Stati Uniti e la loro politica di difesa "amica" e coerente con le politiche militari italiane.
Tutto questo sulla pelle dei cittadini, il cui parere non viene neanche considerato. Ma queste sono cose già viste: inutile raccontare come i giornali stiano manipolando l'opinione pubblica; come gli Americani stiano già mettendo in piedi delle strategie di apertura alla città, in modo da non creare ulteriori malumori...
Chi si trova a fare i conti con una servitù militare in casa, sa benissimo di cosa si sta parlando.
E si finisce, volenti o nolenti, per esserne complici. Perchè la guerra non è solo quella eclatante delle prime bombe in Iraq. E' anche il piccolo gesto quotidiano, le azioni minime a cui finiamo per abituarci. E' il defender dell'esercito che ti passa ogni due minuti sotto casa, perchè di fianco hai una base militare, sono i soldati in assetto di guerra che corrono alle 7 del mattino di fronte alle scuole elementari, sono l'abitudine a vedere muri di cemento armato e fili spinato.
Le basi della guerra sono il paradigma della guerra globale permanente nei nostri territori, la guerra che plasma menti e coscienze. La guerra irrompe costantemente nelle nostre vite, non è una cosa astratta, quanto invece tremendamente reale. La guerra ha bisogno di nascondersi, di imbellettarsi, di truccarsi, per cercare di trovare consenso. Così le guerre diventano addirittura umanitarie, i soldati diventano missionari di pace. La politica abdica al proprio compito e demanda a fucili e diavolerie militari la risoluzione dei conflitti. Von Clausewitz finisce nel cestino, la guerra diventa l'elemento costituente del "nuovo ordine mondiale". Iraq, Palestina, Libano, così come il Messico o il Darfur, la risposta delle diplomazie e delle elites politiche sono sempre le stesse: armi e guerra. Però guerre buone, che diamine! Guerre che portano pace. Peccato che per migliaia di uomini, donne e bambini questa pace sia eterna. Come spiegare loro che le pallottole umanitarie sono per il loro bene? Ingrati.
Dire NO al Dal Molin in maniera forte e determinata vuol dire dire no alla guerra e a chi ne è complice. Basta basi di guerra e non solo nel nostro territorio, ma in tutta Italia, in tutta Europa, ovunque. Perchè è una questione che riguarda tutti, pur partendo da una piccola città di provincia. Lo diciamo lanciando, come gli Zapatisti, un'altra campagna: una campagna verso il 2 dicembre, giornata nazionale di manifestazione contro la guerra e le basi che nel nostro territorio ne rappresentano la logistica e gli interessi. Ovviamente a Vicenza. Per fare la guerra ci rubano la terra, ed è il tempo di difenderla.
Il 2 dicembre 2006 tutti a Vicenza: basta basi, basta guerra.
Osservatorio contro le servitù militari- Vicenza.
Per info e adesioni: nodalmolin@???