Medio Oriente, smontiamo il laboratorio della
guerra
Raffaella Bolini *
Milano, 18 novembre. Noi saremo lì, per il Medio
Oriente. I massacri quotidiani a Gaza vanno
fermati subito. La vita di un popolo occupato e
chiuso in gabbia va difesa. Lo impone il diritto
internazionale e l'etica. Lo impone l'interesse
per il futuro comune.
Il rischio che in Palestina si arrivi a una guerra
civile è alto. Anni di sofferenze e umiliazioni,
nel silenzio assordante della comunità
internazionale, hanno scavato nel profondo. Molti
che avevano creduto nel negoziato hanno perso ogni
speranza. Se la questione nazionale palestinese si
perderà nel mare del radicalismo islamico, la pace
con Israele diventerà impossibile. La leadership
israeliana in questi anni ha prodotto il più grave
pericolo per la sicurezza dello stato e per la sua
gente.
Le possibilità che da entrambe le parti la
situazione si sblocchi per dinamiche interne non
esiste. Securitarismo e militarismo da un lato,
impotenza e isolamento dall'altro hanno ammalato
profondamente le due società. Solo un intervento
deciso della comunità internazionale può rimettere
la crisi su un binario che porti fuori
dall'inferno. Va smontato il laboratorio di guerra
permanente creato in questi anni, in cui a Israele
è stato concesso, in nome della guerra al
terrorismo, qualsiasi arbitrio.
Lo stato palestinese, che viva in pace a fianco di
Israele, deve diventare realtà in tempi certi e
brevi. Il tempo è ora. Prima che sia troppo tardi.
Tutto il contesto mediorientale è appeso a un filo
fragilissimo.
La tregua in Libano ha segnato un primo spiraglio
di discontinuità rispetto all'ultimo decennio.
Fondata sull'accordo fra le parti, ha rimesso in
campo il diritto internazionale e le sue
istituzioni. Ma lo spazio aperto alla politica ad
agosto può chiudersi in un minuto. Dalla parte
della pace, c'è la sonora sconfitta di Bush, che
favorisce le condizioni per una diversa politica.
Ma c'è bisogno che scendano in campo soggetti
determinati a inserirsi in questo nuovo scenario,
e a porsi come riferimento per una alternativa.
L'Italia ha una grande responsabilità. La
tradizionale vocazione mediorientale consente al
nostro paese di ripresentarsi autorevolmente sulla
scena, chiudendo definitivamente l'era Berlusconi.
Stiamo per entrare nel Consiglio di sicurezza
dell'Onu. Durante la crisi libanese si è
dimostrato che l'Europa si può spostare.
La protezione internazionale della popolazione
civile oggi è un passo fattibile. Subito. Per
aprire una nuova fase, che imponga a tutti il
rispetto del diritto internazionale e il negoziato
su basi di giustizia. Abbiamo passato anni a
testimoniare, per come siamo stati capaci, la
possibilità di un'altra via per il Medio Oriente.
E' stato un tempo di solitudine.
Sabato prossimo lo schieramento è ampio, la
piattaforma chiara e impegnativa. Ci sono le
condizioni per incidere sulla politica italiana in
Medio Oriente.
Non vogliamo lasciarci sfuggire questa occasione.
La sentiamo come una responsabilità che ci
riguarda. Chiunque la sente, faccia un passo, e
venga a Milano sabato prossimo.
* presidenza nazionale Arci