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corriere economia
Da Corriere Economia di lunedi 13 novembre 2006
carige: all'inizio del 2005 arrivò al vertice un documento di via Nazionale che evidenziava irregolarità e inefficienze
Ed ecco il rapporto riservato di Bankitalia
La situazione del settore crediti di codesta banca è da tempo all'attenzione della vigilanza per l'esistenza di elementi di rischiosità potenziale insiti nel comparto.
E' Banca d'Italia che scrive a Banca Carige. Una lettera riservata che lo scorso anno ha creato molto scompiglio ai piani alti del gruppo genovese. Perchè se l'incipit è protocollare, sul resto Bankitalia va giù pesante.
E' vero che è stata esaminata dai vertici all'inizio del 2005 ( era arrivata in sede il Natale precedente ) e che nel frattempo molte cose sono state sistemate ma è anche vero che si riteneva, dopo l'ispezione della Vigilanza del 2002 che Carige avesse risolto le situazioni critiche ottemperando agli "ordini" della banca centrale. Così non è stato e sembra di rivedere il film delle compagnie assicurative ( Carige Assicurazioni e Carige Vita ) " bastonate dall'Isvap nel 2003 e tuttora in libertà vigilata.
I rilievi di Bankitalia nel 2002 ( acquisizioni, comparto crediti, controlli interni, organizzazione ) furono pesantissimi tant'è che successivamente arrivarono le multe per il consiglio e il collegio sindacale. Proprio in questi giorni Bankitalia ha avviato una nuova ispezione in Carige.
Ma come si comportò l'istituto genovese dopo il 2002 ? Su alcune posizioni a rischio segnalate da Bankitalia la banca " ha recepito - è scritto nel prospetto dell'aumento 2003 - le indicazioni dell' Organo di Vigilanza " riclassificandole e svalutandole in bilancio; per altre invece ha mantenuto " le originarie appostazioni e valutazioni alla luce del loro positivo andamento in linea con le attese della banca". Quanto al resto ( organizzazione e controlli, redditività e area finanza ) " Banca Carige ritiene di avere già provveduto ad effettuare i necessari interventi, recependo le indicazioni dell'organo di vigilanza ".
Tutto bene quindi? Tutto a posto ? Nient'affatto. Pochi mesi dopo quelle rassicuranti parole scritte nel prospetto, Bankitalia chiama a rapporto alcuni dirigenti della banca e passa al setaccio 220 affidamenti che presentano qualche anomalia. " La mancata appostazione a voce propria a partite anomale - scriverà poi nel documento di fine 2004 - era già stata rilevata nel corso sia dell'ultima ispezione del 2002, sia della precedente del 2006 " . Ed è cambiato ben poco, infatti " si conferma la presenza di anomalie nella conduzione delle relazioni creditizie già rilevate in sede ispettiva " e poi " carenze sul piano organizzativo e procedurale " in particolare nel comparto delle cartolarizzazioni.
Già, le cartolarizzazioni. A Genova succedeva che non si rilevavano sofferenze ( Bankitalia , ovviamente, ha posto il problema ). Possibile ? Sì, se è " il frutto di una decisione aziendale - scrive l'auditing interno della banca - che ha portato a sospendere ogni registrazione a sofferenza di crediti cartolarizzati " in attesa di procedure adeguate per la loro rilevazione. L'uovo di Colombo: se non registri le sofferenze non ci sono. Poi magari, bisognerà farlo, ma ci si penserà più avanti.
Il 7 ottobre 2004 il presidente Giovanni Berneschi viene convocato nella sede genovese di Bankitalia per aggiornamenti sulla situazione dei crediti.
E' interessante notare come in quei mesi tra il 2004 e il 2005 , da una parte la banca genovese ha sul collo il fiato degli uffici tecnici di Bankitalia, dall'altra, invece, si muove sotto l'ombrello protettivo del Governatore Antonio Fazio schierandosi a fianco dei vari Fiorani, Ricucci e degli immobiliaristi impegnati su Bnl.
Riprendiamo il filo: Berneschi alla sede genovese di Bankitalia riferisce sui crediti ma " non fornisce assicurazioni circa il tempestivo adeguamento delle valutazioni aziendali ". E il giudizio non cambia: " Nel complesso dalle risultanze dell'incontro emerge il persistere di anomalie nella gestione delle relazioni creditizie, già oggetto di costatazione al termine di precedenti ispezioni di vigilanza, che contribuiscono ad amplificare il complessivo livello di rischio del portafoglio impieghi di codesto gruppo e si riflettono sul conto economico ".
Quindi occorre " una decisa svolta nella definizione delle politiche di affidamento ". Cioè il mestiere più importante e delicato per una banca. Berneschi in un'intervista tempo fa al Secolo xix disse, a proposito della rete di sportelli: " Alla fine vendere denaro o patate è la stessa cosa " Scherzava, forse.
m.ger.
Crediti alla deriva, sul Maggiolino
Nel crac Festival spunta la strana storia di una piccola finanziaria
dal nostro inviato Mario Gerevini
Georges Poulides , armatore greco-cipriota con residenza in svizzera a Crans-Montana, frequentava il bel mondo, aveva conoscenze altolocate nella finanza, nell'imprenditoria e nella politica.
Ha preso in prestito ( centinaia di milioni ) i soldi di Banca Carige, Unicredito e Piraeus Bank, ha fondato la Festival Crociere ( sede operativa a Genova ), ha fatto un leasing per alcune navi ( una ha ospitato i capi di Stato durante il G8 di Genova ), ha conquistato il 20% del mercato, poi, alle prime difficoltà, il suo impero fondato sul denaro degli altri è crollato come una pianta senza radici.
Carige ci ha rimesso 82 milioni, senza contare il danno enorme all'economia locale. Si potrebbe dire che è il rischio d'impresa, se non fosse per un particolare che si chiama Maggiolino. Una società sconosciuta la cui storia riemerge in Lussemburgo.
Abbiamo preliminarmente chiesto al portavoce di Carige che cos'è Maggiolino e se ha ricevuto affidamenti. Le risposte sono state rispettivamente: " E' un azionista di Festival" e " non lo so ".
Dunque, nel marzo 2002 la Carige decide di finanziare una società che non esiste, o meglio, è un foglio di carta registrato in tribunale dove sta scritto che tali Bruno Beernaerts ed Eddy Dome, prestanome di professione, costituiscono la società Maggiolino sa , 31 mila euro di capitale. Siamo in Lussemburgo, al medesimo indirizzo di Festival Corporation, holding del gruppo croceristico.
Maggiolino nasce e subito incamera 30 milioni da Carige al tasso del 5%. Secondo carte della banca, che non trovano conferma nel dossier lussemburghese, Maggiolino sarebbe di Poulides. Con quei soldi Maggiolino rileva il 29 marzo 2002 il 9% di Festival Corp. ( Poulides e altri soci ) nell'ambito di un aumento di capitale riservato. E lo da in pegno a Carige. In pratica la banca eroga 30 milioni e si piglia in pegno il 9% di un gruppo che la stessa Carige valuta 260 milioni: un pò poco come garanzia. E poi, perchè finanziare ( 30 milioni è quasi un terzo dell'esposizione complessiva verso il gruppo ) un veicolo lussemburghese e non la holding o direttamente la genovese Festival spa? L'anno successivo ( 2003) la situazione peggiora ma a Genova nessuno tocca Maggiolino.
Solo nel marzo del 2004, con le navi ormai ferme da due mesi, il dossier Maggiolino torna sul tavolo della banca che nel frattempo ha ricevuto una lettera di Poulides il quale chiede conferma del finanziamento e offre in garanzia la Medov spa dei suoi figli, società genovese di servizi. Affare fatto.
Due mesi dopo, il 27 maggio i tribunali in Italia e Lussemburgo dichiarano il fallimento del gruppo " vissuto " solo tre anni e con i soldi degli altri. Passa poco e il presidente della banca, Giovanni Berneschi, decide di sua iniziativa di cancellare i 30 milioni di crediti con Maggiolino.
All'inizio di luglio il provvedimento urgente va in comitato esecutivo per la ratifica: la pratica sembra sia stata presentata come "Maggiolino spa-Gruppo Festival" ( più decorosa) e non come Maggiolino sa ( Lussemburgo ) - Poulides ( difficile da spiegare ). E la Medov, considerata una buona garanzia dai tecnici della banca? Fallisce pochi mesi dopo Festival.
Il bello di tutto ciò è che Maggiolino, invece, non è mai fallita, a tutt'oggi vivacchia in Lussemburgo nella sua triste inconsistenza patrimoniale e non risulta che la banca abbia avanzato istanze di fallimento nè chiamato in causa i suoi amministratori o azionisti. E da qui nascono i dubbi: Perchè ? Chi c'era dietro Maggiolino ? Poulides ? O qualche intoccabile molto vicino alla banca?
Carige, nebbia e miracoli immobiliari
La storia della ex sede della Bmg Ricordi a Milano. L'asse di ferro con un gruppo schermato da fiduciarie e prestanome.
di mario gerevini
Via Salomone 77 , grigia periferia milanese. Partiamo da qui e da una data: 23 febbraio 2001. Davanti a un notaio siedono un dirigente della multinazionale Bmg Ricordi , la major discografica, e un rappresentante della società immobiliare Norman Properties, della famiglia Cimatti.
Miracolo
La Ricordi ha deciso di vendere la sua sede di via Salomone 77, Norman è li per comprarla. Firmano l'atto che il notaio Elia trascrive al numero di repertorio 52723/8659. Il prezzo, ancora in lire, è di 11,9 miliardi, pagato all'istante. Stretta di mano, l'uomo della Ricordi infila il cappotto e se ne va. Quello della Norman resta.
Dopo un pò entra un dirigente Carige Vita con una procura per acquistare quello stesso immobile. Il professionista della Norman non ha ancora rimesso il tappo alla biro che già è pronto a firmare la cessione. Atto di compravendita registrato al numero 52729/8662: Carige acquista, Norman Properties vende. Prezzo : 21,1 miliardi di lire. Cioè 9,2 miliardi in più rispetto a qualche minuto prima. Giornata fantastica per Norman che mettendosi in mezzo tra venditore iniziale ( Bmg Ricordi ) e compratore finale ( Carige Vita ) ha lucrato un utile da record. Detto per inciso: il gruppo Carige era azionista al 5% di Norman 95 , altra società immobiliare del gruppo Cimatti.
Chi è il " fesso " ?
Ma qualcuno deve aver fatto male i conti tra la Ricordi e la compagnia genovese che nel 2001 era presieduta da Vincenzo Lorenzelli, oggi numero uno della Fondazione con Menconi amministratore delegato e Giovanni Berneschi, numero uno della banca, in consiglio.
Chi ha sbagliato?
In un precedente articolo ( 23 ottobre ) il Corriere Economia aveva ricostruito altre operazioni immobiliari analoghe, sempre con il gruppo Carige compratore finale. A Genova hanno replicato sostenendo che le operazioni erano state effettuate " con il supporto di adeguate perizie che attestano la congruità dei prezzi pagati con riferimento ai valori di mercato ". Si deve ritenere, perciò, che la stessa procedura sia stata adottata per via Salomone e che i 21 miliardi pagati avessero il supporto di " adeguate perizie".
Bmg, allora è il "fesso" della compagnia? Sentiamoli. Alessandro Varrenti, allora presidente di Bmg Ricordi oggi consigliere di Sony Bmg, dice che le perizie a supporto della vendita " erano allineate al prezzo poi stabilito ". Paolo Vannini trattò di persona l'operazione, era il direttore amministrativo ( oggi è consigliere delegato di Sony Bmg , prosecuzione giuridica della Ricordi ). "Prima della vendita - afferma - sono state chieste tre valutazioni diverse a tre agenzie diverse e la forchetta era compresa tra 8 e 12 miliardi di lire. Ho saputo due o tre anni dopo che lo stesso giorno l'immobile era stato rivenduto e l'ho saputo perchè me l'ha detto al telefono un maresciallo della Guardia di Finanza di Genova che voleva ragguagli su quella compravendita. Poi non ho più sentito nessuno". In effetti la procura di Genova nel 2002 aprì un dossier sulle operazioni immobiliari del gruppo assicurativo ma il fascicolo venne successivamente girato per competenza a Milano dove le indagini sarebbero tuttora in corso.
Immobili e finanza
L'immobile uso uffici di via Salomone resta nel portafoglio di Carige Vita alcuni anni finchè il 23 dicembre del 2005 viene venduto ad una società creata ad hoc per l'operazione: la Salomone srl. Il prezzo, secondo il bilancio 2005 di Carige Vita, è di 20 milioni di euro e la plusvalenza di 1,9 milioni poichè l'immobile, rivalutato, era in carico a 18 milioni.
Il 23 dicembre 2005 nella sede di Milano della Carige c'è un gran traffico di finanza e di immobili. E' il giorno in cui Carige Vita compera dal finanziere Ernesto Cavallini la società Portorotondo Gardens, proprietaria di un complesso immobiliare a Padova pagandola 15 volte in più di quanto l'aveva pagato lo stesso Cavallini poco prima davanti allo stesso notaio. ( vedi Corriere Economia del 23 ottobre ).
In sostanza : 1) Carige Vita acquista da Cavallini la società Portorotondo e 2) vende la struttura di via Salomone all'immobiliare omonima ( poi vedremo anche qui il ruolo di Cavallini ). Contestualmente, a fare da trait d'union alle due operazioni, c'è il passaggio di un finanziamento da 24 milioni di Banca Carige da Portorotondo ( ormai acquistata dal gruppo genovese ) a Salomone srl. E qui scatta la garanzia ipotecaria sull'immobile di via Salomone: l'ipoteca è iscritta per 48 milioni di euro su un capitale di 24 milioni e ha durata tre anni. Sembra tutta una partita di giro, dove l'unica che ci mette i soldi è la banca e dove qua e là si creano enormi plusvalenze con il lievitare di valore degli immobili.
Fumo di Dublino
La controparte ? Dietro la Salomone c'è il solito fumosissimo, copertissimo e quasi inconsistente gruppo di finanziarie, immobiliari e fiduciarie che finiscono nel nulla o, al massimo, al civico 22 di Richmond Hill a Dublino dove due ragazzi di 25 anni amministrato ( si fa per dire ) la Kingley Limited, due sterline di capitale, zero attività, finti soci a Bermuda, ma holding di molte società a cui il gruppo Carige ha concesso ampi finanziamenti e con cui ha chiuso parecchi affari immobiliari. Questo dovrebbe essere il regno di Cavallini e forse non solo il suo.
Cavallini, ex presidente della Levante, condannato in primo grado per il crac della genovese Comitas Assicurazioni, di cui era presidente all'epoca della gestione di Florio Fiorini, tira le fila di un sistema che si appoggia su una serie infinita di immobiliari usa e getta e su altre galassie analoghe. Come per esempio, quella riconducibile a un professionista veronese, Antonio Franchi, anch'egli probabilmente prestanome di chi non può e non vuole comparire. Franchi, lo ricordiamo vendette la famosa villa in Sardegna a Fiorani , il quale dichiarò poi di aver pagato in nero su un conto svizzero una parte del prezzo.
Gli affari di Menconi
Ed è qui, nei rapporti con la " nebulosa " veneta, che gli affari delle compagnie viaggiano in parallelo con quelli privati di Ferdinando Menconi. Il manager ha messo una fedelissima ( ex dipendente Carige Assicurazioni, azionista di una delle società collegate e tuttora in azienda con un ufficio e un contratto di consulenza ) a presidiare le sue immobiliari ( xx settembre e Livraghi ). E recentemente Giovanna Monico ha chiuso per conto del capo la cessione della Livraghi ( finanziata da Banca Carige ): un affare da 3,3 milioni di euro con una delle società dirette da Franchi e coperte dalla Fiduciaria Poldi Allai di Parma. Ma è solo un esempio, di piccolo cabotaggio. Stesso ambiente, stesse persone, stesse fiduciarie, solita nebbia. Come se si volesse nascondere qualcosa.
GLI INTERROGATIVI APERTI
1 - Perchè i parenti dei vertici occupano posti chiave ( e ben retribuiti ) nella struttura assicurativa? Ricordiamo: figlio e nuora del presidente Berneschi; figli, nipote , ex segretaria di Menconi, capo delle assicurazioni; moglie e figlio di Visconti, dg di Crige Vita.
2 - Chi si nasconde dietro la società svizzera Balitas? E' importante la Balitas perchè ha il 35% di quel network imponente di agenzie che le compagnie del gruppo Carige controllano al 60% e che considerano strategico. Il partner si cela dietro gestori fiduciari.
3 - E' vero o no che la banca e le compagnie hanno scelto come partner privilegiati per moltissimi affari immobiliari, faccendieri da dubbio curriculum e finanzieri che sono stati pluricondannati per vari reati finanziari ? E' anche il capitolo delle enormi plusvalenze sugli immobili.
4 - Perchè Banca Carige non dice chi sono i suoi partner in Cofid sgr ( fondi immobiliari ) ? L' 85% della società è infatti posseduto da una società-schermo , la Finanziaria e Valori di Lugano, una fiduciaria di Banca Corner, l'ennesima fiduciaria tra i parter della banca
5 - Le assicurazioni hanno creato enormi problemi d'immagine, finanziari, con le Authority ma non c'è stato alcun serio ricambio manageriale. Perchè? A Genova ci si chiede se è la banca ( Berneschi ) che controlla le compagnie o le compagnie ( Menconi ) che comandano.