[Forumumbri] [Fwd: E' uscito Infoxoa 020 rivista di quotidia…

Delete this message

Reply to this message
Autor: ale-
Data:  
Dla: - projects on island - lista di coordinamento -, forumumbri
Temat: [Forumumbri] [Fwd: E' uscito Infoxoa 020 rivista di quotidiano movimento.]


-------- Messaggio Originale --------
Oggetto:     E' uscito Infoxoa 020 rivista di quotidiano movimento.
Data:     Wed, 8 Nov 2006 01:28:21 +0100
Da:     infoxoa <infoxoa@???>





*E' uscito Infoxoa 020 rivista di quotidiano movimento.*
*su questo numero:*
**
**
*Metropolix territori metropolitani*
La fabbrica intorno a te, /il nodo redazionale/
Soft Machine, /F.Carlucci/
Parole in macchina, /Frnk e Frsz/
I nuovi spazi di lotta, /C. Guiterrez/
Frammenti di un discorso complesso, /Frnk /
Il territorio intorno a te, /Loa Acrobax/
Urbanistica, ovvero dare forma alla vita di una città,
/E.Castano/
L’invenzione delle Banlieu, /Henri e Belin/
Lotta e resistenza nelle periferie globali, /E.Quadrelli/

*Reclaim the money*
Danimarca e Germania il welfare non si tocca, /F.Donnini e
C.Guerriero/
Perchè il basic income in Italia?, /Guy Standing/
Basic Income un idea semplice e forte, /P.Van Parjis/
Basic Income cenni storici, Y. Vanderborght, /D. Casassas/
Il Basic Income come progetto socialista, /Erik Olin Wright/
Il reddito di base come diritto di esistenza, /M.J. Bertomeu,
D.Raventos/

*Parole in movimento*
15 sparse e provvisorie, /Santiago Lopez Petit/
Strana gente. La prima volta con i punk, /Franszisko /
Vecchie parole 1. Classi e movimenti 1970-1985
Vecchie parole 2. L’unghia informatica


*Come sempre ricordiamo che Infoxoa è una rivista autoprodotta, che
circola nei centri sociali, durante i cortei, nelle librerie e grazie ai
singoli giramondo. Per chi vuole aprire un nodo di distribuzione, per
chi vuole ordinarne più copie per farla circolare o anche per chi vuole
riceverne una sola scrivete a : infoxoa@???
<mailto:infoxoa@infoxoa.org>*


a seguire l'editoriale di questo numero

Editoriale

Tum..Tum..
Infoxoa 20...
Tum..Tum..

A saperlo prima forse… nove anni e 20 numeri.
Anni lunghi e ricchi di trasformazioni, dal movimento dei centri sociali
ai movimenti contro la globalizzazione e la guerra, dalle modificazioni
produttive e culturali alla questione della precarietà e di nuovi soggetti.
Anni in cui abbiamo conosciuto nuove esperienze, incontrato diversi modi
di vivere l'attività politica. Anni di trasformazioni infinite,
spiazzanti, di guerre permanenti e preventive. Anni di lotta in cui ci
siamo incontrati spesso, con le nostre difficoltà e con la nostra voglia
di continuare.
Siamo arrivati ad una tappa particolare. Con affanno a volte, con
entusiasmo tante, con quella sensazione di dovere fare di più, sempre.

Molti sono stati i nuovi compagn@ di viaggio, alcuni invece li abbiamo
salutati e li vogliamo ricordare, nominare.
...Carlo, Dax, Soledad, Roberto, Yago...
E con le loro storie ci vogliamo accompagnare in alcune delle
riflessioni che tante volte abbiamo fatto insieme e che in tanti stiamo
ancora facendo: su lavoro e reddito, sulla militanza, sul soggetto.

Per provare a fare un passo verso un processo di riscoperta collettivo
della coscienza, intesa come possibilità di valorizzare la molteplicità
che ci riguarda, rinsaldando i legami e i rapporti tra l'individuo e la
collettività.
Per valorizzare e portare con noi un pezzo, per non dimenticare, ma
anche per mettere in comune, per costruire un altro momento di
comunicazione, per tenere in esercizio lo sguardo, riconoscere.
Riconoscere esperienze singole all'interno di un processo collettivo. Un
pretesto per riflettere.

Con Antonio che correva a fare una consegna, individuare il lavoro e le
sue forme, la sua capacità di ucciderci all'interno di un meccanismo
feroce. Interrogarci ancora sul suo significato. Sul sacrificio e la
realizzazione dei bisogni. Sul lavoro all'interno delle metropoli. Il
lavoro oltre il lavoro ed il lavoro invisibile. Il lavoro eccedente, il
tempo inesistente. Il reddito insufficiente, il reddito necessario.

Con Valerio condividere passioni e riflessioni, guardare la militanza e
l'attivismo, la vita politica, la politica e la vita, la politicità dei
gesti, l'attivismo delle parole. L'organico e l'intellettuale, la
militanza e la produzione critica. La strada e la storia. La caparbietà,
la tenacia, la rapidità e la fluidità. Costruire la vita che vuoi.

Con Renato in una sera di festa avvicinare il soggetto e la
soggettività, la definizione e la scomposizione. La vita comune, la vita
in comune e la comunità che vive. Cosa conduce ciascuno agli altri e
cosa ci separa. La frammentazione delle esistenze e l'implosione
dell'analisi. Vicini forse più di quanto crediamo.

'Quando l'aria si fa tesa, quando sono in atto trasformazioni profonde,
sulle quali è lecito e importante interrogarsi, è bene affrontare il
viaggio conoscitivo nello spazio della città… Allora si aprono le porte
della percezione e appare l'altro tempo, quello vero, quello che
cerchiamo senza saperlo: il presente'.

Oggi più che mai riteniamo fondamentale riaprire una stagione in cui il
pensiero critico torni a circolare liberamente tra le vite ricattate da
un sistema che ci vede al lavoro anche quando nessuno ci paga un
salario. Pensiero critico capace di produrre pratiche ed esperienze di
cambiamento senza aver paura di essere continuamente dentro il processo
produttivo. In grado di riconsiderare l'opportunità di trasformazione
comune dell'esistente e di abbandonare le pratiche tatticistiche che la
'forma politica' - sempre più spesso calcolo matematico e sempre meno
desiderio di liberazione-, ha imparato a apprezzare.
Forse ha ragione chi sostiene che quella attuale è una società a
'modernità limitata'. O forse incompiuta.
Oggetto di molteplici percorsi di analisi: urbanisti e sociologi,
economisti, giuristi, decisori pubblici e portatori di interessi privati
ma anche dei tanti che da secoli e ogni giorno lasciano tracce, orme,
segni.
Questo immenso patrimonio materiale, culturale, sociale e comunicativo è
per certi versi così visibile da poter apparire invasivo, per altri è
così sfumato e ambiguo da essere sfuggente, ma è, comunque, questo
patrimonio il fondamento costitutivo del nostro rapporto con la realtà,
fonte di elementi per la costruzione di quel senso capace di guardare le
crepe lasciate dalle forme tradizionali (della politica, del lavoro, dei
linguaggi) e di vedere oltre.

Mettersi in viaggio alla ricerca di questo "senso che è tutt'altro che
una generalità astratta: al contrario è lo sforzo di arrivare, ogni
volta, a una determinata cerniera tra vita e pensiero". Tra pensiero e
azione.
E poi continuare il viaggio verso la riconquista del tempo, dimensione
essenziale per essere consapevoli della nostra vita futura, presente e
passata. Per chi c'era e ha dato, per chi ci sarà e darà, per noi, per
tutti quelli che hanno dato tutto di sè per trasformare un mondo che
continua a produrre troppa sofferenza. Riconquista del tempo come
critica radicale al lavoro salariato, al tempo di lavoro che si
contrappone al tempo di vita.
Riconquistare il tempo perchè siamo tutto tranne che inattivi e proprio
perchè siamo attivi non abbiamo tempo di lavorare.

Abbiamo bisogno di rimetterci in cammino ricordandoci ogni volta che per
fare mille miglia bisogna comunque fare il primo passo.

Se il soggetto che riteniamo centrale è quel lavoratore generico, che di
sè mette in vendita tutto, anche le competenze relazionali,
formalizzazione capitalistica delle attitudini e delle esperienze
individuali, è necessario ripartire da lì. Da quel soggetto precarizzato
nel lavoro e nella vita, inserito in un processo produttivo quasi
invisibile; da quel soggetto frammentato che può e deve agire il proprio
pensiero critico, che può e deve riappropriarsi del proprio tempo come
tempo di vita. Da quel soggetto precario, che significa parlare di noi e
di milioni come noi, che ha la necessità e il desiderio di far pesare il
proprio ruolo nello scontro quotidiano con quel capitalismo che si vuole
imporre come unico modello.

Oggi più che mai. Proprio quando ormai la questione della precarietà è
trasbordata dai confini dell'analisi e dell'azione del movimento ed è
diventata realtà oggettiva del passaggio tra la società fordista e
quella postfordista. Proprio ora non abbiamo più tempo. Chi non aveva
gli occhi per vedere prima, ora è travolto dalla realtà. Chi non vuole
capire oggi, rischia di morire dentro una ideologia conservatrice di un
novecento che ha saputo invece attualizzarsi proprio nelle
trasformazioni del presente.
Reddito o cosa? Non possiamo fare a meno di notare come la
rivendicazione di un reddito garantito si vada sempre più scontrando con
coloro i quali pensano di poter tornare indietro. E indietro dove? A
quel tempo della fabbrica, con un lavoro per tutta la vita, qualunque
sia, purchè sia?
Una battaglia contro la precarietà non può costruirsi dentro la
riproposizione di un modello prima produttivo, ma sopratutto culturale e
sociale, che ormai, possiamo dire concluso.
Così come non si può immaginare di costruire un movimento di lotta alla
precarietà producendo rotture tra sociale e sindacale, tornando ad una
inverosimile unica battaglia per il tempo indeterminato senza
rivendicare un reddito garantito. Il rischio è troppo grande. Se negli
anni a venire la battaglia alla precarietà della vita non sarà in grado
di generalizzarsi e di rideterminare sul sociale un piano di conflitto
più ampio, anche culturale, ci troveremo con alcuni sindacati stretti ai
particolarismi e alle categorie, in perenne trattativa per garantire i
garantibili, stabilizzare gli stabilizzabili. Oggi più che mai il legame
tra la rivendicazione per migliori salari, per i diritti sul e del
lavoro deve camminare insieme, stretta e convinta, con la rivendicazione
centrale di un reddito garantito a tutti, e di un più ampio ventaglio
di nuove garanzie sociali. Pena, una sconfitta certa, delle
organizzazioni sindacali e dei movimenti sociali.

Si tratta allora di costruire nuove forme del conflitto dentro nuove
forme della produzione. Il movimento per sua natura è flessibile e
innovativo, così come i luoghi della rappresentanza istituzionale sono
ancora troppo rigidi e distanti. In questo senso bisogna rimettere le
cose al loro posto, a partire dalla capacità dei movimenti di essere
spazio di innovazione dell'intervento.
Oggi i precari non riescono a spingere in avanti il conflitto che li
vede subalterni e ricattati. Quello che si vede però è una grande
intelligenza precaria, che li fa capaci di costruire relazioni dentro la
continua lotta per la sopravvivenza. Necessario è dunque interagire sul
piano comunicativo, agire tra i flussi comunicativi, storcere quel
flusso relazionale, spostarlo dalla ricerca della sopravvivenza e
dell'opportunità lavorativa individuale verso la ricerca di cooperazione
per rilanciare su un diverso piano quelle stesse relazioni. Un respirare
comune che diventi cospirazione.

Se è vero che viviamo l'incombere dell'insicurezza e che il nostro
andare può sembrare verso 'il mondo dietro al sole' per cui né alba né
tramonto possono più indicare non solo la meta, ma neppure la direzione,
non possiamo però non riconoscere il mare -la precarizzazione- e la
barca che allo stesso tempo ci può consentire di non affogare e di
continuare ad andare - ovvero il reddito in quanto leva della
redistribuzione, in grado di rimettere al centro il tema del tempo di vita.

E' necessario che si determini anche una rottura di carattere
linguistico e culturale se si vuole mettere seriamente il dito nella
piaga del profitto, della incredibile e incessante polarizzazione dei
redditi. Si tratta di porre con forza una nuova politica di
redistribuzione fino ad arrivare a dire quando, come, perché e cosa
abbiamo bisogno di produrre.
Si tratta di imporre nuove forme di garanzia sociale, di dire con forza
che se al lavoro ci siamo noi la ricchezza che produciamo ci deve tornare.

"Quando mi dice bene guadagno 430 euro, lavoro in un posto di merda,
faccio un lavoro di merda, mi trattano di merda, non ho ferie pagate nè
malattia...se avessi 500 euro al mese di reddito garantito...strapperei
quel contratto di merda in faccia al mio datore di lavoro e avrei
sicuramente altro da fare...magari comincerei a fare politica...ah il
contratto dura tre mesi e siccome non sò se mi licenziano o meno, scusa,
ma non ho tempo e possibilità nè di iscrivermi ad un sindacato nè di
fare l'autorganizzato…baci e reddito per tutti!" (dal newswire di indymedia)


Il nodo redazionale di Infoxoa