FONTE: ANSA
DATA: 2006-11-10
ORE: 10:03
TITOLO: D'ALEMA, NON RITIREREMO TRUPPE DALL'AFGHANISTAN
ROMA - L'Italia non ritirerà le sue truppe da Kabul, anche se ritiene necessario
un "ripensamento" della missione in Afghanistan ed una conferenza internazionale
di pace che coinvolga anche i paesi della regione. A puntualizzarlo - in un
colloquio con 'La Repubblica' - è il vicepremier e ministro degli Esteri
Massimo D'Alema, dopo che ieri l'ala radicale della maggioranza aveva
interpretato le sue parole come un nuovo approccio anche sulla presenza dei
militari italiani in Afghanistan.
"Vedo che Verdi, rifondatori e comunisti interpretano le mie parole come una
exit strategy. Mi dispiace deluderli - afferma il responsabile della Farnesina
- ma il loro è un classico caso di 'Wishful thinking'. E' un'interpretazione
arbitraria. Io non solo non ho mai detto, ma non ho neanche mai pensato che
l'Italia debba ritirare i suoi soldati da Kabul". Perciò, spiega il ministro
degli Esteri, "quando affermo che dobbiamo ripensare la missione, non intendo
dire che dobbiamo ritirarci. Se pensassi che questo è l'obiettivo - assicura -
lo direi in modo esplicito, come ho fatto a suo tempo per l'Iraq. Il vero
obiettivo è invece restare in Afghanistan, ma in modo diverso, non solo con una
presenza militare".
La Conferenza internazionale di pace sull'Afghanistan - spiega ancora il capo
della diplomazia italiana - è l'obiettivo primo di questa nuova strategia per
la quale l'Italia si sta spendendo "in prima linea": "L'esigenza - dice D'Alema
- è quella di sedersi intorno ad un tavolo, ed avviare un piano di sostegno
politico, economico e umanitario per quel paese. Se noi non facciamo questo, la
missione militare é destinata a fallire. Se noi non combattiamo, oltre che i
signori della guerra, anche i signori della droga, usciremo sconfitti insieme
al popolo afghano".
Domani il ministro degli Esteri sarà a Kabul proprio per cercare di chiudere il
cerchio sulla convocazione della Conferenza di pace: "Vedrò il presidente
Karzai, l'ambasciatore americano a Kabul, l'inviato del segretario generale
dell'Onu Kofi Annan, e gli spiegherò il senso di una proposta che non viene
solo dall'Italia, ma da tutta l'Unione Europea". D'Alema riferisce che di
questo progetto "Prodi ha già parlato con Tony Blair, ed io a mia volta ho
avuto colloqui con il ministro degli Esteri tedesco e con il presidente del
Parlamento europeo Borrell". L'Italia, insiste il vicepremier, "é in prima
linea per un progetto politico, economico ed umanitario che coinvolga la Ue, le
Nazioni Unite, la Nato, i governi dei paesi vicini all' Afghanistan. E su questo
progetto - sottolinea D'Alema - speriamo poter ottenere un consenso anche
dall'America, dopo il nuovo corso che si potrebbe aprire all'indomani del voto
di martedì scorso". "Lo so, non sarà affatto facile, ma - conclude - è il
momento di tentare".
'BEIT HANUN NON E' STATO SOLO UN ERRORE'
La "tragedia" di Beit Hanun, dove sono morti almeno 19 palestinesi tra cui donne
e bambini, non è stato solo "un errore" da parte dell' esercito israeliano, ma
rappresenta "il frutto di una politica che affida in modo esclusivo all' uso
della forza la sicurezza di Israele". Massimo D'Alema - in una lunga intervista
all' Unità - torna a stigmatizzare le operazioni militari israeliane nella
Striscia di Gaza perché "é evidente che la violenza chiama altra violenza,
esplode la rabbia e si finisce per vanificare gli sforzi del presidente Abu
Mazen di fare un governo di unità nazionale per indurre Hamas a riconoscere
Israele e a riprendere il negoziato".
Attenzione, quindi, avverte il responsabile della Farnesina, perché "questa è
una spirale politicamente disastrosa", destinata a creare "una situazione di
patologica insicurezza per Israele": qualche anno fa, osserva infatti D'Alema,
"non c'era Hamas e non c'era Hezbollah. Tra qualche mese a Gaza non ci sarà più
soltanto Hamas, ci sarà il rischio di un' infiltrazione anche di Al Qaida. E'
inevitabile che senza speranze e sotto il peso di un attacco militare spietato
che semina vittime tra i civili, prenda piede una radicalizzazione estrema". Si
fermi dunque l' offensiva militare israeliana, ribadisce il vicepremier, e si
costituisca un governo di unità nazionale palestinese: sono le due
precondizioni per arrivare ad una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza
dell' Onu "sul modello - aggiunge in un colloquio a 'Repubblica' - di quella
che abbiamo approvato per il Libano". Anche gli Usa, sostiene D'Alema,
dovrebbero "agire spingendo Israele" ad una soluzione di questo tipo: "Penso -
dice ancora all' Unità - che sarebbe una scelta lungimirante da parte americana
mettere il focus su questo conflitto e considerarlo la priorità dell' azione
internazionale".
http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_2026217660.html