E' uscito Infoxoa 020 rivista di quotidiano movimento.
su questo numero:
Metropolix territori metropolitani
La fabbrica intorno a te, il nodo redazionale
Soft Machine, F.Carlucci
Parole in macchina, Frnk e Frsz
I nuovi spazi di lotta, C. Guiterrez
Frammenti di un discorso complesso, Frnk
Il territorio intorno a te, Loa Acrobax
Urbanistica, ovvero dare forma alla vita di una città, E.Castano
L'invenzione delle Banlieu, Henri e Belin
Lotta e resistenza nelle periferie globali, E.Quadrelli
Reclaim the money
Danimarca e Germania il welfare non si tocca, F.Donnini e C.Guerriero
Perchè il basic income in Italia?, Guy Standing
Basic Income un idea semplice e forte, P.Van Parjis
Basic Income cenni storici, Y. Vanderborght, D. Casassas
Il Basic Income come progetto socialista, Erik Olin Wright
Il reddito di base come diritto di esistenza, M.J. Bertomeu, D.Raventos
Parole in movimento
15 sparse e provvisorie, Santiago Lopez Petit
Strana gente. La prima volta con i punk, Franszisko
Vecchie parole 1. Classi e movimenti 1970-1985
Vecchie parole 2. L'unghia informatica
Come sempre ricordiamo che Infoxoa è una rivista autoprodotta, che circola nei centri sociali, durante i cortei, nelle librerie e grazie ai singoli giramondo. Per chi vuole aprire un nodo di distribuzione, per chi vuole ordinarne più copie per farla circolare o anche per chi vuole riceverne una sola scrivete a : infoxoa@???
a seguire l'editoriale di questo numero
Editoriale
Tum..Tum..
Infoxoa 20...
Tum..Tum..
A saperlo prima forse. nove anni e 20 numeri.
Anni lunghi e ricchi di trasformazioni, dal movimento dei centri sociali ai movimenti contro la globalizzazione e la guerra, dalle modificazioni produttive e culturali alla questione della precarietà e di nuovi soggetti.
Anni in cui abbiamo conosciuto nuove esperienze, incontrato diversi modi di vivere l'attività politica. Anni di trasformazioni infinite, spiazzanti, di guerre permanenti e preventive. Anni di lotta in cui ci siamo incontrati spesso, con le nostre difficoltà e con la nostra voglia di continuare.
Siamo arrivati ad una tappa particolare. Con affanno a volte, con entusiasmo tante, con quella sensazione di dovere fare di più, sempre.
Molti sono stati i nuovi compagn@ di viaggio, alcuni invece li abbiamo salutati e li vogliamo ricordare, nominare.
...Carlo, Dax, Soledad, Roberto, Yago...
E con le loro storie ci vogliamo accompagnare in alcune delle riflessioni che tante volte abbiamo fatto insieme e che in tanti stiamo ancora facendo: su lavoro e reddito, sulla militanza, sul soggetto.
Per provare a fare un passo verso un processo di riscoperta collettivo della coscienza, intesa come possibilità di valorizzare la molteplicità che ci riguarda, rinsaldando i legami e i rapporti tra l'individuo e la collettività.
Per valorizzare e portare con noi un pezzo, per non dimenticare, ma anche per mettere in comune, per costruire un altro momento di comunicazione, per tenere in esercizio lo sguardo, riconoscere.
Riconoscere esperienze singole all'interno di un processo collettivo. Un pretesto per riflettere.
Con Antonio che correva a fare una consegna, individuare il lavoro e le sue forme, la sua capacità di ucciderci all'interno di un meccanismo feroce. Interrogarci ancora sul suo significato. Sul sacrificio e la realizzazione dei bisogni. Sul lavoro all'interno delle metropoli. Il lavoro oltre il lavoro ed il lavoro invisibile. Il lavoro eccedente, il tempo inesistente. Il reddito insufficiente, il reddito necessario.
Con Valerio condividere passioni e riflessioni, guardare la militanza e l'attivismo, la vita politica, la politica e la vita, la politicità dei gesti, l'attivismo delle parole. L'organico e l'intellettuale, la militanza e la produzione critica. La strada e la storia. La caparbietà, la tenacia, la rapidità e la fluidità. Costruire la vita che vuoi.
Con Renato in una sera di festa avvicinare il soggetto e la soggettività, la definizione e la scomposizione. La vita comune, la vita in comune e la comunità che vive. Cosa conduce ciascuno agli altri e cosa ci separa. La frammentazione delle esistenze e l'implosione dell'analisi. Vicini forse più di quanto crediamo.
'Quando l'aria si fa tesa, quando sono in atto trasformazioni profonde, sulle quali è lecito e importante interrogarsi, è bene affrontare il viaggio conoscitivo nello spazio della città. Allora si aprono le porte della percezione e appare l'altro tempo, quello vero, quello che cerchiamo senza saperlo: il presente'.
Oggi più che mai riteniamo fondamentale riaprire una stagione in cui il pensiero critico torni a circolare liberamente tra le vite ricattate da un sistema che ci vede al lavoro anche quando nessuno ci paga un salario. Pensiero critico capace di produrre pratiche ed esperienze di cambiamento senza aver paura di essere continuamente dentro il processo produttivo. In grado di riconsiderare l'opportunità di trasformazione comune dell'esistente e di abbandonare le pratiche tatticistiche che la 'forma politica' - sempre più spesso calcolo matematico e sempre meno desiderio di liberazione-, ha imparato a apprezzare.
Forse ha ragione chi sostiene che quella attuale è una società a 'modernità limitata'. O forse incompiuta.
Oggetto di molteplici percorsi di analisi: urbanisti e sociologi, economisti, giuristi, decisori pubblici e portatori di interessi privati ma anche dei tanti che da secoli e ogni giorno lasciano tracce, orme, segni.
Questo immenso patrimonio materiale, culturale, sociale e comunicativo è per certi versi così visibile da poter apparire invasivo, per altri è così sfumato e ambiguo da essere sfuggente, ma è, comunque, questo patrimonio il fondamento costitutivo del nostro rapporto con la realtà, fonte di elementi per la costruzione di quel senso capace di guardare le crepe lasciate dalle forme tradizionali (della politica, del lavoro, dei linguaggi) e di vedere oltre.
Mettersi in viaggio alla ricerca di questo "senso che è tutt'altro che una generalità astratta: al contrario è lo sforzo di arrivare, ogni volta, a una determinata cerniera tra vita e pensiero". Tra pensiero e azione.
E poi continuare il viaggio verso la riconquista del tempo, dimensione essenziale per essere consapevoli della nostra vita futura, presente e passata. Per chi c'era e ha dato, per chi ci sarà e darà, per noi, per tutti quelli che hanno dato tutto di sè per trasformare un mondo che continua a produrre troppa sofferenza. Riconquista del tempo come critica radicale al lavoro salariato, al tempo di lavoro che si contrappone al tempo di vita.
Riconquistare il tempo perchè siamo tutto tranne che inattivi e proprio perchè siamo attivi non abbiamo tempo di lavorare.
Abbiamo bisogno di rimetterci in cammino ricordandoci ogni volta che per fare mille miglia bisogna comunque fare il primo passo.
Se il soggetto che riteniamo centrale è quel lavoratore generico, che di sè mette in vendita tutto, anche le competenze relazionali, formalizzazione capitalistica delle attitudini e delle esperienze individuali, è necessario ripartire da lì. Da quel soggetto precarizzato nel lavoro e nella vita, inserito in un processo produttivo quasi invisibile; da quel soggetto frammentato che può e deve agire il proprio pensiero critico, che può e deve riappropriarsi del proprio tempo come tempo di vita. Da quel soggetto precario, che significa parlare di noi e di milioni come noi, che ha la necessità e il desiderio di far pesare il proprio ruolo nello scontro quotidiano con quel capitalismo che si vuole imporre come unico modello.
Oggi più che mai. Proprio quando ormai la questione della precarietà è trasbordata dai confini dell'analisi e dell'azione del movimento ed è diventata realtà oggettiva del passaggio tra la società fordista e quella postfordista. Proprio ora non abbiamo più tempo. Chi non aveva gli occhi per vedere prima, ora è travolto dalla realtà. Chi non vuole capire oggi, rischia di morire dentro una ideologia conservatrice di un novecento che ha saputo invece attualizzarsi proprio nelle trasformazioni del presente.
Reddito o cosa? Non possiamo fare a meno di notare come la rivendicazione di un reddito garantito si vada sempre più scontrando con coloro i quali pensano di poter tornare indietro. E indietro dove? A quel tempo della fabbrica, con un lavoro per tutta la vita, qualunque sia, purchè sia?
Una battaglia contro la precarietà non può costruirsi dentro la riproposizione di un modello prima produttivo, ma sopratutto culturale e sociale, che ormai, possiamo dire concluso.
Così come non si può immaginare di costruire un movimento di lotta alla precarietà producendo rotture tra sociale e sindacale, tornando ad una inverosimile unica battaglia per il tempo indeterminato senza rivendicare un reddito garantito. Il rischio è troppo grande. Se negli anni a venire la battaglia alla precarietà della vita non sarà in grado di generalizzarsi e di rideterminare sul sociale un piano di conflitto più ampio, anche culturale, ci troveremo con alcuni sindacati stretti ai particolarismi e alle categorie, in perenne trattativa per garantire i garantibili, stabilizzare gli stabilizzabili. Oggi più che mai il legame tra la rivendicazione per migliori salari, per i diritti sul e del lavoro deve camminare insieme, stretta e convinta, con la rivendicazione centrale di un reddito garantito a tutti, e di un più ampio ventaglio di nuove garanzie sociali. Pena, una sconfitta certa, delle organizzazioni sindacali e dei movimenti sociali.
Si tratta allora di costruire nuove forme del conflitto dentro nuove forme della produzione. Il movimento per sua natura è flessibile e innovativo, così come i luoghi della rappresentanza istituzionale sono ancora troppo rigidi e distanti. In questo senso bisogna rimettere le cose al loro posto, a partire dalla capacità dei movimenti di essere spazio di innovazione dell'intervento.
Oggi i precari non riescono a spingere in avanti il conflitto che li vede subalterni e ricattati. Quello che si vede però è una grande intelligenza precaria, che li fa capaci di costruire relazioni dentro la continua lotta per la sopravvivenza. Necessario è dunque interagire sul piano comunicativo, agire tra i flussi comunicativi, storcere quel flusso relazionale, spostarlo dalla ricerca della sopravvivenza e dell'opportunità lavorativa individuale verso la ricerca di cooperazione per rilanciare su un diverso piano quelle stesse relazioni. Un respirare comune che diventi cospirazione.
Se è vero che viviamo l'incombere dell'insicurezza e che il nostro andare può sembrare verso 'il mondo dietro al sole' per cui né alba né tramonto possono più indicare non solo la meta, ma neppure la direzione, non possiamo però non riconoscere il mare -la precarizzazione- e la barca che allo stesso tempo ci può consentire di non affogare e di continuare ad andare - ovvero il reddito in quanto leva della redistribuzione, in grado di rimettere al centro il tema del tempo di vita.
E' necessario che si determini anche una rottura di carattere linguistico e culturale se si vuole mettere seriamente il dito nella piaga del profitto, della incredibile e incessante polarizzazione dei redditi. Si tratta di porre con forza una nuova politica di redistribuzione fino ad arrivare a dire quando, come, perché e cosa abbiamo bisogno di produrre.
Si tratta di imporre nuove forme di garanzia sociale, di dire con forza che se al lavoro ci siamo noi la ricchezza che produciamo ci deve tornare.
"Quando mi dice bene guadagno 430 euro, lavoro in un posto di merda, faccio un lavoro di merda, mi trattano di merda, non ho ferie pagate nè malattia...se avessi 500 euro al mese di reddito garantito...strapperei quel contratto di merda in faccia al mio datore di lavoro e avrei sicuramente altro da fare...magari comincerei a fare politica...ah il contratto dura tre mesi e siccome non sò se mi licenziano o meno, scusa, ma non ho tempo e possibilità nè di iscrivermi ad un sindacato nè di fare l'autorganizzato.baci e reddito per tutti!" (dal newswire di indymedia)
Il nodo redazionale di Infoxoa