[NuovoLab] FINANZIARIA E SPESE MILITARI

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Szerző: Sergio Casanova
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Tárgy: [NuovoLab] FINANZIARIA E SPESE MILITARI

SPESE MILITARI E POLITICHE SOCIALI
 
 
Il Governo Prodi prevede di destinare al Ministero della Difesa 18.134,5 milioni di euro con un aumento del 2%  rispetto ai 17.782 milioni di euro previsti per il 2006.
Per la “Funzione Difesa” - esercito, aeronautica e marina - la spesa è di 12.437 milioni di euro, +2,7% rispetto ai 12.106 del 2006, ed è così suddiviso: 8.940 (+2%) per il personale, 1.940 per l’esercizio (+5,6%) e 1.557 milioni di euro per l’investimento (+3%).
La principale voce di spesa per le forze armate è quella per il personale, conseguenza della professionalizzazione e della scelta di mantenere le forze armate a 190.000 unità (circa 103.000 soldati e quasi 87.000 tra ufficiali e sottufficiali). 
 
Ma le sorprese non finiscono qui!
Nel Ddl Finanziaria l’articolo 110 stanzia 100 milioni di euro per le imprese aeronautiche, in particolare per il programma  EFA/Eurofighter  (per il quale sono previsti anche 110 milioni per il 2008 e 100 per il 2009).
Ma è con altri due articoli che si registra il vero salto quantitativo nelle spese per la difesa: l’articolo 113 istituisce un fondo di 1.700 milioni di euro per il 2007 (altri 2.750 sono previsti per il biennio successivo) destinato a interventi a sostegno dell’economia nel settore dell’industria nazionale ad elevato contenuto tecnologico; mentre l’articolo 187 istituisce un fondo di 400 milioni di euro per il 2007 (che diventano 500 per il 2008 e 2009) finalizzato al funzionamento dello strumento militare, più altri 20 milioni per programmi abitativi per le forze armate.
 
E ricordiamoci che se leggiamo i dati che fornisce la Nato riguardo le spese militari dei paesi membri si scopre che l’Italia ha una spesa per la difesa più alta del 20-25% circa rispetto a quanto dichiarato dal Ministero della Difesa, con un rapporto di spese per la difesa rispetto al Pil che per l’Italia si attesta per gli anni 2000 mediamente sul 2,0 %, corrispondente appunto alla media dei Paesi Nato.
Altro che “Cenerentola” tra i paesi occidentali!
 
Complessivamente il Ministero della Difesa passa dai 18.134,5 milioni di euro dichiarati inizialmente ai 20.354,5 milioni di euro (spese per le missioni escluse).
E il ministro Parisi va già oltre – dichiarando che occorre investire per manutenzione e nell’addestramento altri 1.000 milioni di euro, da reperire nel corso dell’anno.
 
Ma allora che fine ha fatto il passaggio del Programma dell’Unione che recitava “L’Unione si impegna, nell’ambito della cooperazione europea, a sostenere una politica che consenta la riduzione delle spese per armamenti”. Forse l’Unione europea non lo consentirà mai!
 
Senza dimenticare le “missioni” all’estero
(sempre che non si inviino militari anche a Napoli)
Militari italiani sono impegnati in 19 paesi per un totale di 28 missioni militari (terzo paese al mondo per impegno militare all’estero).
L’articolo 188 della Finanziaria prevede per le missioni 1 miliardo di euro, rendendo inoltre automatico il rifinanziamento delle missioni senza dover passare ogni sei mesi dal voto parlamentare. Il governo si è impegnato a stralciare questo articolo ma - in finanziaria o con voto semestrale - le missioni saranno rifinanziate. Entro fine dicembre il Governo dovrà preparare al proposito un nuovo decreto: sarà la volta buona per il ritiro dall’Afghanstan – o ci prenderanno ancora in giro istituendo “osservatori” che mai verranno costituiti davvero o “ripensamenti” in sede Nato/Onu – che non ci saranno vsto che la Nato sta aumentando la sua presenza in funzione sempre più combattente (con il suo consueto carico di “danni collaterali)?
 
Programmi di spesa per Forze Armate aggressive e interventiste
Diamo uno sguardo alla “lista delle spesa” per i principali sistemi d’arma in fase di acquisizione da parte delle nostre forze armate (i costi sono riferiti all’intero programma di acquisto, spalmato su più anni; alcuni progetti sono in fase di conclusione, altri, come il caccia JSF sono alla fase di sviluppo).
* 121 esemplari dell’ EF2000, il cui compito primario è “contrastare le forze aeree avversarie” (quali?) al costo di 18.100 milioni di euro;
* 22 aerei C-130J da trasporto per truppe e materiali al costo di 1.730 milioni di euro;
* 4 nuovi aerorifornitori B-767 per soli 985 milioni di euro;
* sviluppo del supercaccia statunitense JSF per 1.028 milioni di euro (l’Italia prevede di un centinaio al costo di circa 9 miliardi di euro);
* 116 elicotteri NH-90 per 3.350 milioni di euro;
* 4 sommergibili per 920 milioni di euro;
* 12 navi da guerra (Fregate) per 7180 milioni di euro;
* circa 920 tra autoblindo e cingolati per l’esercito per soli 963 milioni di euro;
* la seconda portaerei (Cavour), per soli 1.390 milioni di euro (…a cui andranno aggiunti i costi per i sistemi d’arma);
* 70 obici per l’artiglieria dell’esercito per 414 milioni di euro;
* 3748 milioni di euro per il completamento di tutti i programmi di sviluppo e acquisizione relativi a sistemi missilistici (più altri 800 milioni per siluri, missili anticarro e aria-superfice).
 
 
E intanto le spese sociali…
L’aumento delle spese militari è una scelta grave e inaccettabile “a prescindere” – per quanto significa in termini di riarmo, militarizzazione e ruolo internazionale dell’Italia nel quadro della “guerra globale permanente”.
Ma questo aumento diventa addirittura offensivo in una Finanziaria che - pur contenendo una parziale modifica delle aliquote fiscali - contiene allo stesso tempo una pesante riduzione della spesa sociale, dai tickets ai tagli agli enti locali, e un ennesimo ridimensionamento dei finanziamenti all´istruzione pubblica mentre si rinnova il sostegno a quella privata. Senza contare la mancanza di una seria politica contro la precarietà (a partire dal pubblico impiego) e la pericolosa tendenza a peggiorare il quadro pensionistico (a partire dal Tfr).Vogliamo citare alcune voci:

riduzione della spesa sanitaria e previsione di nuovi ticket per le visite non seguite da ricovero al pronto soccorst per le ricette riguardanti esami e visite specialistiche. Nelle regioni dove gli amministratori non riusciranno a rientrare nella spesa sanitaria prevista si potranno introdurre nuovi ticket farmaceutici, col risultato di scaricare sui cittadini le colpe degli amministratori;
secondo la versione iniziale della finanziaria, in seguito emendata e tuttora soggetta a trattativa, i trasferimenti a comuni e province sono tagliati per un importo pari ai 3,4 miliardi di euro; 1,8 miliardi per le Regioni. E il governo ha concesso la possibilità di un incremento dell’addizionale Irpef (tassa non progressiva), di istituire tributi di scopo, di introdurre una tassa di soggiorno, di gestire autonomamente il catasto. Si può tranquillamente affermare che la spesa in più si rimangia parecchi benefici dovuti all’IRPEF;
il settore della Pubblica Istruzione viene sottoposto ad un taglio complessivo di 3 miliardi di euro in tre anni, di cui 448 milioni nel 2007;
già il decreto Bersani a Luglio ha tagliato le spese correnti degli atenei (affitti, canoni e servizi) di 200 milioni di euro. A fronte di ciò, la finanziaria stabilisce un magro recupero di 64 milioni al fondo di finanziamento ordinario. Si prevede un aumento dei contributi per la ricerca industriale ma viene sottovalutata la ricerca scientifica di base e quella umanistica e sociale. A partire dal 2008, è previsto un piano per l’assunzione di 2mila ricercatori in tre anni, a fronte degli attuali circa 60mila precari;
per gli aumenti contrattuali sono stanziati soltanto 1,3 miliardi di euro che, divisi per gli oltre 3 milioni di dipendenti pubblici, fanno circa 35 euro lordi (meno di 20 euro netti) di aumento mensile, una cifra irrisoria. Per quanto riguarda le assunzioni, sono previste risorse per stabilizzare soltanto 6mila lavoratori precari
 
Rompere con il “pensiero unico della difesa”
Gli aumenti delle spese militari sono la conseguenza di una scelta politica fatta ormai 15 anni fa – quella della trasformazione delle Forze Armate italiane in senso professionale e interventista – dentro il quadro dell’Alleanza Atlantica e poi del riarmo europeo con la costituzione della “Forza di Rapido Intervento” dell’Unione Europea (uno dei comandi è ospitato a Solbiate Olona, in provincia di Varese, a due passi dall’aeroporto della Malpensa).
Scelte approvate da oltre il 90% del Parlamento – mentre Rifondazione Comunista le aveva sempre osteggiate.
 
Il movimento che in questi anni ha mobilitato milioni di donne e uomini contro la guerra “senza se e senza ma” deve mettere al centro della propria iniziativa non solo la richiesta del ritiro dei militari italiani dai teatri di guerra: il vero problema continua ad essere il progetto politico per cui questo modello di difesa è stato creato e a cui è funzionale: cioè la difesa degli interessi nazionali ovunque si trovino, che si tratti di pozzi petroliferi in Iraq oppure di “migliorare l’interscambio commerciale e portare contratti” (parole del sottosegretario alla Difesa Forcieri).
Per questo al centro dell’iniziativa contro la guerra ci deve essere l’opposizione alle politiche di riarmo, per cominciare a praticare davvero una politica estera alternativa a partire dal disarmo (riduzione delle spese militari e rifiuto di partecipare a programmi di acquisizione di armamenti offensivi e legati alla Nato), dalla chiusura delle basi militari Usa e Nato sul territorio italiano (rifiutando la concessione dell’aeroporto Dal Molin di Vicenza e immediatamente eliminando le armi nucleari presenti a Ghedi e Aviano), dal finanziamento della riconversione dell’industria bellica senza scaricare i costi su lavoratrici/lavoratori, dalla cancellazione degli accordi militari e di ricerca bellica con paesi in guerra e/o che violano i diritti umani (a partire da quello con Israele approvato dal governo Berlusconi).
 
 
SINISTRA CRITICA
Area programmatica di Rifondazione Comunista
www.sinistracritica.org
 
 
 
 
 
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