[NuovoLab] Il parroco "scomunica" i leghisti

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secolo xix

Il parroco "scomunica" i leghisti
cornigliano Da Milano avviso di garanzia al segretario ligure del Carroccio
Bruzzone per le sue dichiarazioni contro il progetto di via Coronata

Don Valentino contro la fiaccolata: «Non si strumentalizzi il caso moschea
per fini politici»
Avviso di garanzia e querela dalla Procura della Repubblica di Milano
all'indirizzo del segretario nazionale della Lega Francesco Bruzzone, per
"attività politica contro la moschea di Cornigliano". "Colpevole" di aver
rilasciato alcune dichiarazioni nel 2004 al quotidiano "Il Giornale" in
merito al progetto che avrebbe dovuto portare in via Coronata la quarta
moschea d'Italia. «Un basso tentativo d'intimidazione, che non mi spaventa
e certo non mi ferma», ha urlato al microfono alla fiaccolata organizzata
ieri sera ai giardini Melis di Cornigliano, cui hanno preso parte
un'ottantina di persone. Complice la presenza del programma Rai "La vita in
diretta", molta gente si è unita alla protesta del Carroccio invadendo la
piazza ma non la strada, per non creare ulteriore disagi alla viabilità,
già provata da una giornata pesante, fatta di lunghe code e proteste.
In disparte don Valentino Porcile, uno dei quattro parroci di Cornigliano,
che per gli organizzatori della manifestazione ha parole di fuoco: «E' uno
scandalo - sbotta -. Scandaloso il comportamento della Lega e del
Centrodestra nel cavalcare le paure della gente anziché affrontarle e
capirle». Eppure don Valentino, sebbene con toni sempre moderati, si era in
passato allineato alle espressioni di scetticismo degli altri parroci,
guidati da padre Giacomo Pala. «Sono venuto qui per sentire se c'era
qualcosa di diverso rispetto a quanto già detto - aggiunge -. Invece. La
Lega strumentalizza la paura della gente. Strumentalizza addirittura la
Chiesa, col discorso della reciprocità dei diritti di culto nei paesi
islamici». Ancora: «Non ci si può contrapporre e basta, non dev'essere
questa l'impostazione delle cose. Le manovre politiche devono restare fuori
dal dibattito, altrimenti non si riuscirà mai ad avere un dialogo sereno».
Intanto però dall'altra parte della strada il fuoco delle fiaccole brucia
le speranze di un'integrazione che a molti non interessa affatto.
Integrazione cui l'amministrazione e lo stesso imam Salah Hussein non
intendono comunque rinunciare. «Organizzeremo un ciclo di incontri con la
cittadinanza - annuncia Hussein -. L'importante è non fermare lo scambio di
opinioni. Chi ci contesta non ci conosce». E però il tema della moschea di
Cornigliano, assurto agli onori della cronaca nazionale, è un boccone
troppo amaro per chi nel quartiere ha sopportato per decenni i veleni delle
acciaierie, e che iniziava a intravedere la prospettiva di una migliore
qualità della vita. Il quartiere sta per vivere una stagione di
trasformazioni epocali: la moschea, secondo chi scende in piazza agitando
lo spettro del terrorismo islamico, non rientra certo nelle migliorie
previste dal piano di riqualificazione del territorio. «Siamo
egoisticamente cattolici - attacca Sara Crotta, studentessa venticinquenne
-. Il fatto è che stiamo assistendo ogni giorno a un'invasione legalizzata
degli islamici. E poi cosa vedremo? Magari fra dieci anni saranno loro ad
amministrarci». «Che si faccia il referendum» sbraita agitando la fiaccola
Flavio Minghetti. «Lo vinceremmo noi» si accoda Giuseppe Cartisano. Che
aggiunge: «In tanti anni ho sempre votato a sinistra. Ora è arrivato il
momento di voltare pagina». «Non è giusto imporre una decisione sulla testa
della gente - fanno eco un gruppo di mamme, capeggiate da Isabella Aresu -.
Tolgono una servitù, e subito ne arriva un'altra. Ci siamo liberati delle
acciaierie: non abbiamo avuto neanche il tempo di gioire». Per Francesco
Bruzzone il palchetto allestito in piazza è occasione per cercare - e
trovare - la solidarietà della gente: «Non ci fermeranno, neanche con gli
avvisi di garanzia - arringa - Che non ha ancora ricevuto, ma che
sicuramente proviene da qualche banda islamica che occupa abusivamente il
nostro territorio».
Federico Amodeo