[NuovoLab] Carige, immobili in cattiva compagnia

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Carige, immobili in cattiva compagnia
Per un palazzo il prezzo sale del 1.500% in 24 ore.

Affari con faccendieri che furono al fianco di Florio Fiorini

Assicuratori effettivi e assicuratori improbabili, immobiliaristi veri e presunti, bancarottieri, faccendieri e affaristi con il conto in Svizzera per il «nero». Capitali panamensi, finanziarie estere e fiduciarie di copertura. È sorprendente e un po’ inquietante il mondo che si apre se si cerca di rispondere alla seguente domanda: che ci fa Banca Carige con due compagnie assicurative, Carige Assicurazioni (sede a Milano) e Carige Vita (Genova), che da anni le succhiano soldi e vengono sistematicamente «massacrate» dall' Isvap? Tante cose ci fa. Tra queste, distribuire poltrone e relativi compensi a parenti e amici dei due leader del gruppo: Giovanni Berneschi, presidente della banca e da sempre anche al vertice delle compagnie, e Ferdinando Menconi, il potentissimo e intoccabile capo del comparto assicurativo ma anche consigliere della banca e, nel recente passato, della Fondazione che controlla il gruppo. È una storia di potere e nepotismo, con l’ombra lunga di alcuni personaggi che furono al fianco di Florio Fiorini e della sua Sasea nelle scorribande finanziarie degli anni Ottanta-Novanta. Vediamo.

L’affondo dell’Isvap
Banca Carige comperò nel ’97 le compagnie assicurative che allora si chiamavano Norditalia- Levante e Basilese Vita. Prima o dopo l’era Carige, il capo non cambia: Ferdinando Menconi, genovese, un solido curriculum assicurativo alle spalle, tra Savoia, Basilese e Comitas. Acquisendo il 100% e mettendoci il marchio, la banca, che è quotata in Borsa, da subito investe il proprio buon nome sulle due assicurazioni (400 agenzie). È naturale pensare a standard di gestione e a meccanismi di governance rigorosissimi. Ma non è così. Nel 2003 l’Isvap e la Banca d’Italia, dopo lunghe ispezioni, mettono pesantemente sotto accusa la gestione delle compagnie e della banca: la sostanza è che le riserve tecniche sono gravemente insufficienti. E per chi vende polizze la voce «riserve tecniche» è fondamentale: sono gli accantonamenti a garanzia degli assicurati. A quel punto la banca concorda un piano di risanamento con l’Isvap che si dovrebbe concludere il prossimo 31 dicembre. E apre il portafoglio, come ha sempre fatto. In totale fino a oggi il «sostentamento» delle assicurazioni è costato almeno 150 milioni, compresa l’iniezione di 15 milioni in Carige Vita un mese fa.
Reputazione in gioco
Sembrava un capitolo chiuso, una macchia dimenticata nella reputazione della banca. E invece, a sorpresa, quest’anno Berneschi e Menconi si ritrovano sul tavolo una lettera dell’Isvap che contesta, di nuovo, carenze nelle riserve sinistri, riduzione del margine di solvibilità e minusvalenze non contabilizzate sui bilanci 2004 delle compagnie ma con riflessi nel 2005. Come se a Genova avessero «barato» sul piano di risanamento promesso. L’istituto di vigilanza pretende il licenziamento in tronco dell’attuario nominato dalla banca e di quello espresso dai revisori. È un provvedimento rarissimo ed è la prima volta che colpisce un gruppo quotato in Borsa. L’attuario è il professionista che calcola in prospettiva rischi e premi delle compagnie. Dunque è di nuovo emergenza e a metterci una pezza è sempre la banca. Ma perché continua a giocarsi la faccia? Fin qui il quadro, per così dire, istituzionale. Poi c’è il lato oscuro della vicenda. E, forse, anche la risposta alla precedente domanda.

La posizione del gruppo
Il Corriere ha preliminarmente chiesto al direttore delle relazioni esterne del Gruppo Carige, Emilio Molinari, se vi sono parenti di amministratori che occupano poltrone nel gruppo o in società partecipate. La risposta è stata: «No, direi di no». Poi gli è stato chiesto se è vero che su alcune operazioni immobiliari il partner è tale Ernesto Cavallini (condannato in primo grado a Genova per il crac della Comitas assicurazioni e a Roma per il dissesto di Firs Assicurazioni e Lloyd Nazionale, tutte ex Sasea di Florio Fiorini). La risposta è stata: «Non esiste alcun accordo, noi facciamo la banca non gli immobiliaristi. Cavallini è potenzialmente un cliente come altri». Walter Malavasi, direttore generale della compagnia danni, ci ha detto: «Parenti di consiglieri o dirigenti nelle società partecipate? Assolutamente no. Cavallini? Credo sia un immobiliarista o un finanziere: nessun tipo di accordo né con lui né con altri. La Balitas? Mai sentita». Abbiamo cercato Cavallini in ufficio, la segretaria ha preso nota ma nessuno ha più richiamato. Non è stato possibile rintracciarlo nella sua residenza ufficiale, un residence in centro a Milano: alla reception ci hanno detto che in realtà «qui ha solo un recapito postale».
Menconi e i suoi cari
Se ora facciamo sponda con il grafico in pagina, subito notiamo che Stefania Menconi e Alessandro Menconi , rispettivamente figlia e fratello del numero uno Ferdinando, hanno un ruolo da dirigenti. Pare che il fratello si sia un po’ defilato ma la figlia (residenza a Montecarlo dove ha recentemente ceduto una società immobiliare) è in grande ascesa. Da anni è responsabile della gestione commerciale, il marketing fa capo a lei e recentemente, con l’esplicito gradimento di Banca Carige, è entrata nel consiglio di amministrazione della Assi 90, per l’occasione allargato a sei membri. Solo qui, 16 mila euro garantiti alla figlia del capo. Assi 90 è lo snodo attraverso cui passano le partecipazioni in molte agenzie assicurative o network di agenzie.
I congiunti del capo
Ventiquattromila euro è ciò che prende un altro consigliere di Assi 90: Francesca Amisano, le cui competenze in materia assicurativa non sono note. Ma per lei dovrebbe garantire il suocero: Giovanni Berneschi. Entrambe, Amisano e Menconi, presidiano la Ag che insieme alla Assi 90 rientra nel perimetro di consolidamento della banca. Papà Berneschi, poi, se gli capitasse di osservare questo grafico, troverebbe il figlio Alberto in una società di servizi dove il gruppo è il principale socio: si chiama Atoma e ha il delicatissimo ruolo di coordinare, per conto delle compagnie assicurative del gruppo, il controllo di gestione, le ispezioni amministrative nelle agenzie (dove altri amici e parenti hanno comode poltrone e soddisfacenti retribuzioni) e l’assistenza agli internal audits.
La famiglia del direttore
Due poli molto importanti della rete agenziale sono Assimilano e Assicentro, classificate nel consolidato della banca tra le «imprese sottoposte a influenza notevole». La prima è territorio (ancora) di Alberto Berneschi; ma anche della moglie (Anna Gallacci) e del figlio (Ettore Visconti, consigliere) del direttore generale di Carige Vita, Manlio Visconti, ex vice di Menconi ai tempi della Savoia Assicurazioni (anni Ottanta) e oggi membro del comitato esecutivo dell'Ania, la Confindustria delle assicurazioni. In Assicentro (Roma) si è piazzato l’altro figlio di Menconi, Stefano, che è presidente con 50 mila euro annui. Se si passa ai nipoti (che ci sono) non si finisce più.

Governance casalinga
C’è un enorme conflitto di interessi potenziale, basti pensare alle dinamiche tra agenzie (che propongono gli affari e su questi incassano le provvigioni) e compagnia (che deve valutare se assumere un determinato rischio). Il fatto che tutti neghino l’esistenza di questa family-governance dimostra quanto sia indifendibile. C’è però un lato positivo: la flessibilità. Immaginiamo infatti che il presidente della banca, Berneschi, debba occuparsi di un problema assicurativo a valle. Può: 1)rivolgersi a Ferdinando Menconi che a sua volta investe del problema la figlia che essendo la coordinatrice della rete di agenzie è in grado di capire se il problema riguarda suo fratello, il figlio del presidente o altri; 2) Può chiamare direttamente il figlio; ma 3) se non è in casa e risponde la nuora va bene lo stesso, sono tutti nei posti chiave.

Le holding
Qua e là compaiono holding estere coperte da finanziarie panamensi (è il caso di Bda), gruppi di cui non si conosce l’origine (Okofin in Assicentro) e fiduciarie (in Eurosicuras). Di Balitas, che ha un ruolo centrale (ma il direttore generale non ne ha mai sentito parlare), si sa solo che è di Lugano ed è domiciliata presso l’avvocato Rocco Olgiati, ex presidente del Casinò. Nascondono le partecipazioni di alcuni big del gruppo? Tutt’altro capitolo è quello immobiliare. Proponiamo sinteticamente le tre operazioni più recenti che sono anche tra le più rilevanti mai fatte dalle compagnie.

Dafne e la sede
Il 31 gennaio 2005 Carige Assicurazioni acquista per 16,2 milioni il 100% della Dafne Immobiliare che è proprietaria della sede della compagnia stessa, in viale Certosa 222 a Milano. A vendere sono Edilver (44% ceduto per 6,2 milioni) e Cordusio Fiduciaria (56% per 10 milioni) che protegge un fiduciante. Tutto normale tranne che per due «dettagli». 1) Lo stesso giorno (31 gennaio 2005) Edilver- Cordusio avevano a loro volta comprato la Dafne dalla Compagnia Immobiliare Lasa (Merrill Lynch) per 5,9 milioni complessivi, quasi un terzo di quanto pagato immediatamente dopo da Carige; 2) Edilver fa capo, tramite l’irlandese Kingley Limited, al finanziere Ernesto Cavallini, condannato in primo grado per il crac della genovese Comitas Assicurazioni di cui era presidente all’epoca della gestione di Florio Fiorini. Anche Menconi fu tra gli amministratori di Comitas, sebbene in epoca ancora precedente e con Fiorini socio di minoranza e consigliere.

Portorotondo boom
Il 23 dicembre 2005 Carige Vita compera per 8,9 milioni il 100% di Portorotondo Gardens, proprietaria di un complesso immobiliare a Padova. A vendere è la Edil Partecipazioni, società neocostituita e anch’essa riferibile a Ernesto Cavallini. Tutto normale tranne due «dettagli». 1) Lo stesso giorno davanti allo stesso notaio la stessa società era stata comprata da Cavallini per 650 mila euro, Carige l'ha pagata 15 volte di più; 2) L’incaricato di Carige aveva in mano una procura per comperare fino all’importo di 30 milioni. Tre mesi prima (settembre 2005) Cavallini, secondo attendibili fonti interne della banca, ottenne 24 milioni di apertura di credito in contro corrente dando in garanzia le quote di Portorotondo.

I H Roma e la maxiprocura
È l'operazione più recente: il 20 luglio scorso Carige Vita compra per 28 milioni la società I H Roma, proprietaria, tra l’altro, dell’Hotel Pisana Palace nella Capitale. Due annotazioni. 1) Anche questa volta il delegato Carige si presenta con una procura specifica ma incomprensibilmente ampia: il limite di spesa è di ben 70 milioni; 2) I H Roma è riconducibile anch’essa a un gruppo di società che fa capo in parte a Cavallini e in parte a fiduciarie e finanziarie off-shore. Il gestore di quest’ultima nebulosa è un commercialista di Verona. Si chiama Antonio Franchi, è quello che ha venduto la villa in Sardegna a Gianpiero Fiorani incassando 1,7 milioni di «nero», secondo l’ex banchiere, su un conto della Banca del Gottardo.

mgerevini@???
Mario Gerevini
23 ottobre 2006



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