[Lecce-sf] Fw: [aa-info] G. Achcar: La guerra dei 33 giorni …

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Autor: Rosario Gallipoli
Data:  
Para: forumlecce
Asunto: [Lecce-sf] Fw: [aa-info] G. Achcar: La guerra dei 33 giorni e la risoluzione 1701 dell'Onu

----- Original Message -----
From: <zambon@???>
To: <Undisclosed-Recipient:;>
Sent: Tuesday, August 29, 2006 6:53 PM
Subject: Fw: [aa-info] G. Achcar: La guerra dei 33 giorni e la risoluzione
1701 dell'Onu


>
>
>
>
> La guerra dei 33 giorni e la risoluzione 1701 dell'Onu
>
> di Gilbert Achcar*
>
> Gilbert Achcar* di origini libanesi, insegna Scienze Politiche
> all’Università Paris-VIII. Il suo libro più noto Scontro tra barbarie
> è stato pubblicato in più di 12 lingue. E’ stato edito in Italiano
> con aggiornamenti nel 2006 presso le Edizioni Alegre. Un suo libro di
> dialoghi con Noam Chomsky sul Medio Oriente, Perilous Power, sarà
> pubblicato dall’editore Stephen R. Shalom.
>
>
> La risoluzione adottata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU in data
> 11 agosto 2006 non soddisfa interamente né Israele, né Washington, né
> Hezbollah. Questo non significa che sia «equa e bilanciata», ma solo
> che è la dimostrazione temporanea di uno stallo militare.
>
>
>
> Hezbollah non ha potuto infliggere una sconfitta militare importante
> ad Israele, possibilità questa che è stata sempre esclusa
> dall'assoluta sproporzione delle forze, proprio come era stato
> impossibile alla resistenza vietnamita infliggere una sconfitta
> militare importante agli Stati Uniti; neppure Israele, però, ha
> potuto infliggere una sconfitta militare importante – o in effetti
> una qualunque sconfitta al mondo – a Hezbollah. In questo senso, è
> quest'ultimo, senza alcun dubbio, il vero vincitore politico, come
> Israele è il vero perdente, della guerra dei 33 giorni scoppiata il
> 12 luglio; nessun discorso di Ehud Olmert o di George W. Bush può
> alterare questa ovvia verità[1].
>
> Per comprendere la posta in gioco, è necessario riassumere gli scopi
> perseguiti nell'offensiva israeliana e sostenuti dagli Stati Uniti.
> Lo scopo principale dell'attacco israeliano era, naturalmente,
> distruggere Hezbollah; Israele ha cercato di raggiungere l'obiettivo
> con una combinazione di tre mezzi principali.
>
> Il primo consisteva nell'infliggere a Hezbollah un colpo fatale
> tramite una campagna di bombardamenti «post-eroica», vale a dire
> vigliacca, sfruttando il «vantaggio schiacciante ed asimmetrico» di
> Israele nella forza di fuoco. Questo mirava ad interrompere le vie di
> rifornimento di Hezbollah, a distruggere gran parte della sua
> infrastruttura militare (riserve di missili, lanciarazzi, ecc.), ad
> eliminare un numero importante di militanti e a decapitarlo, con
> l'assassinio di Hassan Nasrallah e di altri leader chiave del partito.
>
> Il secondo consisteva nel volgere la base di massa di Hezbollah fra
> gli sciiti libanesi contro il partito: Israele lo avrebbe indicato
> come responsabile della loro tragedia tramite una frenetica campagna
> di operazioni psicologiche (PSYOP). Questo richiedeva, naturalmente,
> l'infliggere agli sciiti libanesi un disastro massiccio, con una
> campagna di bombardamenti criminale ed estesa, tale da radere
> deliberatamente al suolo interi villaggi e quartieri e da uccidere
> centinaia e centinaia di civili. Non era la prima volta in cui
> Israele ricorreva a questo tipo di stratagemma – uno standard, fra i
> crimini di guerra. Quando l'OLP era attivo nel sud del Libano, in
> quella che, precedentemente alla prima invasione israeliana, nel
> 1978, era chiamata «terra di Fatah», Israele era solita martellare
> pesantemente l'area abitata, tutto intorno al punto da cui era stato
> lanciato un missile contro il proprio territorio, benché i razzi
> fossero stati sparati da zone disabitate. A quel tempo, lo
> stratagemma era riuscito ad alienare dall'OLP una parte significativa
> della popolazione del Libano del sud, ciò che era favorito dal fatto
> che lì i leader reazionari erano ancora una forza importante, e che i
> guerriglieri palestinesi potevano essere facilmente ripudiati come
> estranei, per il loro comportamento, in genere disastroso. Questa
> volta, dato il prestigio incomparabilmente superiore di Hezbollah fra
> gli sciiti libanesi, Israele pensava di poter ottenere lo stesso
> effetto semplicemente incrementando la portata e la brutalità della
> punizione collettiva.
>
> Il terzo consisteva nel distruggere in modo massiccio ed in
> profondità la vita dei libanesi nel loro insieme, prendendoli in
> ostaggio con un assedio dal cielo, dal mare e dalla terra, in modo da
> incitare la popolazione, ed in particolare le comunità diverse da
> quelle sciite, contro Hezbollah, creando così un clima politico
> favorevole ad un'azione militare dell'esercito libanese contro
> l'organizzazione sciita. Questo è il motivo per cui, all'inizio
> dell'offensiva, gli ufficiali israeliani dichiaravano di non voler
> alcuna altra forza, nel sud del Libano, che non fosse l'esercito
> libanese, rifiutando specificamente una forza internazionale e
> sputando sull'UNIFIL, che già c'era. Questo è stato in effetti il
> progetto a cui miravano Washington e Parigi nel periodo in cui
> lavoravano insieme per produrre la risoluzione 1559 del Consiglio di
> Sicurezza dell'ONU, nel settembre 2004, che richiedeva il ritiro
> delle truppe siriane dal Libano e «lo scioglimento ed il disarmo di
> tutte le milizie, libanesi e non libanesi», vale a dire di Hezbollah
> e delle organizzazioni dei palestinesi nei campi profughi.
>
> Washington aveva creduto che, una volta allontanate le forze siriane
> dal Libano, l'esercito libanese, che aveva ricevuto l'equipaggiamento
> ed era stato addestrato in primo luogo dal Pentagono, sarebbe stato
> in grado di «sciogliere e disarmare» Hezbollah. L'esercito siriano,
> in effetti, si era ritirato dal Libano nell'aprile del 2005, non per
> la pressione di Washington e Parigi, ma per il tumulto politico e la
> mobilitazione di massa determinata dall'assassinio, nel febbraio di
> quell'anno, dell'ex primo ministro Rafik Hariri, amico molto stretto
> della classe dirigente saudita. L'equilibrio di forze nel Paese, alla
> luce delle dimostrazioni e delle contro-dimostrazioni di massa che
> erano avvenute, non aveva reso possibile immaginare, alla coalizione
> alleata degli Stati Uniti, di risolvere la questione Hezbollah con la
> forza. Erano stati persino costretti a fare le successive elezioni
> legislative, a maggio, in un'ampia coalizione con Hezbollah, e a
> reggere quindi il Paese con un'intesa di governo che comprendeva due
> ministri di questo partito. Il risultato deludente aveva indotto
> Washington a dare il via libera ad Israele per l'intervento militare:
> era solo necessario un pretesto adeguato, fornito il 12 luglio
> dall'operazione di Hezbollah attraverso la frontiera.
>
> Valutata in base allo scopo primario e ai tre mezzi sopra descritti,
> l'offensiva israeliana è stata un chiaro e totale fallimento. È
> chiarissimo che Hezbollah non è stato distrutto – ben lungi da ciò.
> Ha mantenuto il grosso e della struttura politica, e della forza
> militare, concedendosi il lusso di bombardare il nord di Israele fino
> all'ultimissimo minuto prima del cessate il fuoco, la mattina del 14
> agosto. Non è stato isolato dalla sua base di massa, che si è anzi
> considerevolmente ampliata in Libano, non solo fra gli sciiti, ma
> anche in altre comunità religiose; questo senza accennare al grande
> prestigio che questa guerra gli ha apportato, soprattutto nella
> regione araba e nel resto del mondo musulmano. Ricordo per ultimo un
> fatto di non minore importanza: tutto ciò ha spostato il bilancio
> generale delle forze in Libano in una direzione che è l'esatto
> opposto di quanto atteso da Washington e da Israele: Hezbollah ne è
> riemerso molto più forte e più temuto dai suoi oppositori, dichiarati
> o meno, e cioè gli amici degli USA e del regno saudita. Il governo
> libanese si è sostanzialmente schierato con detto partito, mettendo
> al vertice delle priorità la protesta contro l'aggressione israeliana
> [2].
>
> Non vi è alcun bisogno di soffermarci ancora sull'insuccesso più
> evidente di Israele: leggere la valanga di commenti critici dalle
> fonti israeliane è più che sufficiente, e quanto mai rivelatore. Uno
> dei commenti più taglienti è stato quello espresso da Moshe Arens,
> per tre volte ministro della «difesa», indiscutibilmente un esperto.
> Ecco cosa scrive su Haaretz, in un breve articolo che vale un libro:
>
> «[Ehud Olmert, Amir Peretz e Tzipi Livni] hanno avuto alcuni giorni
> di gloria quando ancora credevano che con il bombardamento del Libano
> da parte dell'IAF [Forze Aeree Israeliane] si sarebbero liberati di
> Hezbollah, portandoci la vittoria senza fatica. Ma, man mano che
> procedeva la guerra, da loro gestita in modo tanto incompetente...,
> hanno perso gradualmente sicurezza. Qui e là hanno ancora rilasciato
> alcune dichiarazioni bellicose, ma cominciando a cercare una via
> d'uscita – un modo per districarsi da una serie di situazioni di cui
> non erano chiaramente in grado di farsi carico. Hanno cercato una
> pagliuzza a cui aggrapparsi – e quale pagliuzza migliore del
> Consiglio di Sicurezza dell'ONU? Non è necessario battere
> militarmente Hezbollah: lasciamo che l'ONU dichiari un cessate il
> fuoco, e Olmert, Peretz e la Livni possono semplicemente dichiarare
> vittoria, che lo crediate o no.... La guerra, che secondo i nostri
> leader avrebbe dovuto restaurare il potere deterrente israeliano, in
> un mese è riuscita a distruggerlo»[3].
>
> Arens dice il vero: via via che Israele si dimostrava sempre più
> incapace di raggiungere uno qualunque degli obiettivi che si era
> proposto all'inizio della nuova guerra, ha iniziato a cercare una via
> d'uscita. Mentre compensava il fallimento con un'escalation della
> furia distruttiva e colma di vendetta che scatenava sul Libano,
> all'ONU i suoi sponsor statunitensi hanno cambiato atteggiamento.
> Dopo aver dato ad Israele più di tre settimane di tempo, bloccando
> ogni tentativo di discutere al Consiglio di Sicurezza una risoluzione
> che richiedesse il cessate il fuoco – uno dei casi più drammatici di
> paralisi, nella storia di questa ultrasessantenne istituzione
> intergovernativa – Washington ha deciso di avocare a sé il tutto,
> continuando la guerra di Israele per vie diplomatiche.
>
> Con il cambio di atteggiamento, sulla questione del Libano Washington
> si trovava nuovamente d'accordo con Parigi. Questa, dedita quanto gli
> USA, anzi loro rivale, nel trarre il massimo dalle ricchezze saudite,
> soprattutto vendendo ai governanti del luogo tecnologia militare[4],
> sta regolarmente ed in modo opportunistico dalla parte giusta dei
> sauditi, ogni volta che insorge una qualche tensione fra il piano di
> Washington e le preoccupazioni dei suoi più vecchi clienti, e
> pupilli, medio-orientali. La nuova guerra di Israele in Libano era
> una di tali opportunità: appena l'aggressione omicida israeliana si è
> dimostrata controproducente, dal punto di vista della famiglia
> regnante saudita, terrorizzata da un aumento della destabilizzazione
> in Medio Oriente, che potrebbe dimostrarsi disastrosa per i propri
> interessi, hanno richiesto che la guerra cessasse, sostituita da vie
> alternative.
>
> Parigi si è immediatamente espressa a favore di questa prospettiva, e
> Washington ha finito per fare lo stesso, ma solo dopo aver dato
> all'aggressione israeliana alcuni giorni in più, perché tentasse di
> ottenere qualche risultato militare, salvando la faccia. La prima
> bozza di risoluzione, preparata dalle due capitali e fatta circolare
> all'ONU il 5 agosto, era un palese tentativo di ottenere per via
> diplomatica quello che Israele non era riuscito ad ottenere
> militarmente: mentre dichiarava un «forte sostegno» per la sovranità
> libanese, richiedeva tuttavia la riapertura di aeroporti e porti solo
> «per scopi verificabilmente, e puramente, civili», prevedendo inoltre
> un «embargo internazionale sulla vendita o la fornitura al Libano di
> armamenti e materiale correlato, fatta eccezione per quanto
> autorizzato dal suo governo» - in altre parole, un embargo per
> Hezbollah.
>
> Confermava la risoluzione 1559, richiedendone una supplementare che
> autorizzasse, «in base al Capitolo VII della Carta, il dispiegamento
> di una forza internazionale con il mandato dell'ONU, per sostenere le
> forze armate ed il governo del Libano nell'assicurare una regione
> sicura e contribuire a mettere in atto un cessate il fuoco permanente
> ed una soluzione a lungo termine». Questa formula è così vaga che
> poteva solo significare, in realtà, una forza internazionale
> autorizzata a compiere azioni militari (Capitolo VII della Carta
> dell'ONU), in modo da attuare la risoluzione 1559 con la forza,
> alleandosi con l'esercito libanese. Oltre a ciò, nessuna condizione
> limitava detta forza al sud del fiume Litani, l'area che, secondo la
> bozza di risoluzione, avrebbe dovuto essere libera di armamenti di
> Hezbollah, ed il limite alla zona che Israele aveva richiesto che
> fosse resa sicura, non essendo riuscita a liberarsi del gruppo
> medesimo nel resto del Libano. Questo significava che si sarebbe
> potuto richiedere alla forza dell'ONU di agire contro Hezbollah nel
> resto del Libano.
>
> Dato tuttavia che questo progetto era totalmente ingiustificato dai
> risultati israeliani sul terreno, la bozza è stata sconfitta.
> Hezbollah vi si è opposto energicamente, rendendo chiaro che non
> avrebbe accettato alcuna forza internazionale che non fosse la già
> esistente UNIFIL, la forza dell'ONU dispiegata sin dal 1978 lungo il
> confine del Libano con Israele (la «Linea Blu»). Il governo libanese,
> sostenuto dal coro di stati arabi, compresi tutti i clienti degli
> USA, ha comunicato l'opposizione di Hezbollah e la richiesta di
> modifiche; Washington quindi non ha avuto alcuna altra scelta che
> rivedere la bozza, stante che non avrebbe comunque superato un voto
> al Consiglio di Sicurezza. Oltre a ciò, l'alleato di Washington, il
> presidente francese Jacques Chirac – dal cui Paese ci si attende che
> fornisca la componente principale della forza internazionale,
> guidandola – aveva dichiarato pubblicamente di persona, dopo due
> settimane di guerra, che non era possibile alcun dispiegamento senza
> un accordo preventivo con Hezbollah[5].
>
> Il progetto è stato quindi rivisto e rinegoziato, mentre Washington
> chiedeva ad Israele di brandire la minaccia di una grande offensiva
> via terra e di iniziare effettivamente, come mezzo di pressione, a
> metterla in atto, in modo da permettere agli USA di ottenere, dal
> proprio punto di vista, il massimo. Per facilitare un accordo che
> conducesse ad un cessate il fuoco, che diveniva sempre più urgente
> per ragioni umanitarie, Hezbollah ha accettato il dispiegamento di
> 15.000 soldati libanesi a sud del fiume Litani, ammorbidendo nel
> complesso la sua posizione. È così che, l'11 agosto, la Risoluzione
> 1701 ha potuto farsi strada fino al Consiglio di Sicurezza.
>
> La concessione principale da parte di Washington e di Parigi è
> consistita nell’abbandono del progetto di creare una forza
> multinazionale ad hoc, regolata dal Capitolo VII. Al suo posto, la
> risoluzione autorizza «il rafforzare la forza dell’UNIFIL fino a un
> massimo di 15.000 uomini», riorganizzando ed accrescendo nettamente
> la forza ONU già presente. Il trucco principale, allo stesso tempo,
> era di ridefinirne il mandato, in modo che essa potesse ora
> «assistere le forze armate libanesi, prendendo misure» rivolte a
> «creare, tra la Linea Blu e il fiume Litani, una zona libera da ogni
> personale armato, equipaggiamento o armi diverse da quelle del
> governo libanese o dell’UNIFIL». L’UNIFIL può ora inoltre «prendere
> tutte le misure necessarie, nelle zone di dispiegamento delle sue
> forze, ed in base a quanto ritiene rientrare nelle proprie capacità,
> per assicurare che questa zona di operazioni non sia utilizzata per
> attività ostili di qualsiasi genere».
>
> Combinate, le due precedenti formulazioni si avvicinano abbastanza al
> mandato del Capitolo VII, o potrebbero comunque essere facilmente
> interpretate in questo modo. Di più, il mandato dell'UNIFIL è
> effettivamente ampliato dalla Risoluzione 1701 al di là delle sue
> «aree di dispiegamento», dal momento che ora può «aiutare il governo
> libanese, su sua richiesta», negli sforzi per «rendere sicure le
> frontiere e altri punti d’ingresso, per prevenire che entrino in
> Libano, senza il suo consenso, armi o materiale correlato» - frase
> questa che non si riferisce assolutamente al confine del Libano con
> Israele, ma a quello con la Siria, che si estende dal nord al sud del
> Paese. Queste sono le trappole principali della Risoluzione 1701, e
> non come vi si formula il ritiro dell’esercito di occupazione
> israeliano, come molti hanno detto, poiché il ritiro israeliano è
> stato imposto proprio dalla forza deterrente di Hezbollah, non da
> alcuna risoluzione dell’ONU.
>
> Hezbollah ha deciso di dare il via libera all’approvazione da parte
> del governo libanese alla Risoluzione 1701. Hassan Nasrallah ha preso
> la parola il 12 agosto, spiegando la decisione del partito di dare il
> suo assenso al dispiegamento su mandato delle Nazioni Unite; ha
> espresso un giudizio sulla situazione molto più sobrio, rispetto ad
> altri suoi discorsi precedenti, e una notevole saggezza politica.
> «Oggi», ha dichiarato, «abbiamo davanti i risultati naturali,
> ragionevoli e possibili, della grande risolutezza espressa dai
> libanesi, a partire dalle loro varie posizioni.» Questa sobrietà era
> necessaria: ogni vantare una vittoria - come avevano fatto con
> faciloneria i sostenitori di Hezbollah a Damasco e a Teheran -
> avrebbe obbligato Nasrallah ad aggiungere, come il re Pirro
> dell’antica Grecia, «Ancora una simile vittoria e sarò perduto!». Il
> leader di Hezbollah ha prudentemente ed in modo esplicito espresso il
> rifiuto di entrare in polemica valutando i risultati della guerra: ha
> insistito che «nostra vera priorità» è fermare l’aggressione,
> recuperare il territorio occupato, «ottenere sicurezza e stabilità
> nel nostro Paese, con il ritorno dei rifugiati e dei profughi».
>
> Nasrallah ha così definito la posizione pratica del suo movimento:
> conformarsi al cessate il fuoco e cooperare in pieno con «tutto ciò
> che può facilitare il ritorno dei profughi e dei rifugiati alle loro
> abitazione e alle loro case, e tutto ciò che può rendere più semplici
> le operazioni umanitarie e di soccorso». L’ha detto mentre dichiarava
> che il suo movimento era pronto a proseguire la lotta legittima
> contro l’esercito israeliano fino a che esso restasse in territorio
> libanese; si è tuttavia offerto di rispettare l'accordo del 1996,
> secondo il quale le operazioni dei due campi sarebbero state limitate
> agli obiettivi militari, risparmiando i civili. A questo proposito,
> ha sottolineato che il suo movimento aveva cominciato a bombardare
> Israele solo in reazione ai bombardamenti israeliani in Libano dopo
> l’operazione del 12 luglio, e che, dato che Israele per primo aveva
> esteso la guerra alla popolazione civile, è su questo che ha da
> ricadere il biasimo.
>
> La dichiarazione di Nasrallah circa come vede la Risoluzione 1701
> potrebbe essere al meglio considerata come un’adesione con molte
> riserve, in attesa delle verifiche nell'attuarla in pratica. Ha
> espresso la sua protesta contro l’ingiustizia della risoluzione, che
> nei preamboli si astiene da ogni condanna dell'aggredire e dei
> crimini di guerra di Israele; ha aggiunto tuttavia che poteva essere
> ben peggiore, manifestando apprezzamento per gli sforzi diplomatici
> che avevano permesso di evitare che questo avvenisse. Il punto
> cruciale era di insistere sul fatto che Hezbollah considera alcuni
> dei problemi sollevati dalla risoluzione come affari interni del
> Libano, da dover essere discussi e risolti fra i libanesi stessi; ha
> sottolineato inoltre la salvaguardia dell’unità e della solidarietà
> nazionale.
>
> Date le circostanze, la posizione di Nasrallah era la più corretta
> possibile. Hezbollah doveva fare delle concessioni per facilitare la
> fine della guerra: dato che tutta la popolazione del Libano era
> tenuta da Israele in ostaggio, ogni atteggiamento intransigente
> avrebbe avuto conseguenze umanitarie disastrose, da sommare ai già
> terrificanti risultati della furia israeliana, distruttrice ed
> omicida. Hezbollah sa perfettamente che il vero problema è
> rappresentato molto meno dai termini adoperati in una risoluzione del
> Consiglio di Sicurezza che dalla sua interpretazione ed applicazione
> nei fatti, e che, a questo riguardo, ad essere determinanti sono la
> situazione e l’equilibrio delle forze sul campo. A George W. Bush ed
> Ehud Olmert, che cantano presuntuosamente una vittoria a cui dà
> apparentemente forma concreta la risoluzione 1701, occorre solo
> ricordare la risposta preventiva di Moshe Arens, nell’articolo già
> citato:
>
> «La retorica del caso ha già iniziato a prendere quota. Che importa
> se il mondo intero vede questo accordo diplomatico - al quale Israele
> ha aderito mentre riceveva ancora la sua dose giornaliera
> di             missili - come la sconfitta israeliana per mano di
> qualche migliaio di guerriglieri di Hezbollah? Cosa importa se
> nessuno crede che un UNIFIL 'rafforzato' disarmi Hezbollah, e che
> quest'ultimo, avendo in arsenale ancora migliaia di missili, e reso
> veramente più forte dal mese di riuscita contro le possenti Forze di
> Difesa Israeliane, diventi ora qualcuno con cui cooperare per la pace?».

>
> Il vero «proseguimento della guerra con altri mezzi» è già iniziato
> in pieno, in Libano. In gioco vi sono quattro questioni principali,
> qui elencate in ordine inverso di priorità. La prima, su un piano
> interno libanese, è il destino del governo. L’attuale maggioranza
> parlamentare, in Libano, è il risultato di elezioni viziate da una
> legge elettorale difettosa e causa di distorsioni, applicata da un
> regime dominato dai siriani. Una delle sue conseguenze principali è
> stata di distorcere la rappresentanza dell'elettorato cristiano: è
> molto sotto rappresentato il movimento che guida l'ex generale Michel
> Aoun, alleatosi, dopo le elezioni, a Hezbollah. Di più, la recente
> guerra ha incrinato fortemente il morale politico della popolazione
> libanese; la legittimità dell'attuale maggioranza parlamentare è
> quindi altamente discutibile. È chiaro che ogni cambiamento del
> governo a favore di Hezbollah e dei suoi alleati altererebbe
> radicalmente il senso della risoluzione 1701, dal momento che
> l'interpretarla dipende moltissimo dall’atteggiamento del governo
> libanese. A questo riguardo, tuttavia, una delle preoccupazioni più
> importanti consiste nell'evitare ogni slittamento verso una nuova
> guerra civile in Libano: questo è quanto aveva in mente Nasrallah,
> quando evocava l’importanza della «unità nazionale».
>
> Il secondo punto, pure questo sul piano interno libanese, è lo sforzo
> per ricostruire. Hariri ed i suoi sostenitori sauditi avevano
> accumulato influenza politica in Libano controllando i lavori di
> ricostruzione, dopo i 15 anni di guerra civile, terminati nel 1990.
> Questa volta avranno di fronte un'intensa competizione da parte di
> Hezbollah, che ha dietro l’Iran ed il vantaggio degli stretti legami
> con la popolazione libanese sciita, il principale bersaglio della
> guerra vendicativa di Israele. Come ha scritto su Haaretz Ze'ev
> Schiff, analista militare israeliano di alto livello: «Molto dipende
> da chi aiuterà a ricostruire il sud del Libano. Se lo farà Hezbollah,
> la popolazione sciita del Sud-Libano sarà in debito con Teheran: lo
> si dovrebbe impedire»[6]. Questo messaggio è stato chiaramente
> recepito da Washington, Riyad e Beirut: oggi, rilevanti articoli su
> gran parte della stampa importante negli USA suonano l’allarme a
> questo proposito.
>
> La terza questione, naturalmente, è quella del “disarmo” di Hezbollah
> nella zona delimitata nel sud del Libano, per il dispiegarsi
> congiunto dell’esercito libanese e della UNIFIL rinnovata. Il più che
> Hezbollah possa concedere è di «nascondere» le sua armi a sud del
> fiume Litani per non esporle e stoccarle in luoghi segreti. Ogni
> passo che vada al di là, senza parlare di un disarmo di Hezbollah in
> tutto il Libano, è da quest’ultimo legata a una serie di condizioni
> che vanno dal recupero da parte del Libano delle fattorie di Sheeba
> occupate dopo il 1967 alla nascita di un governo e di un esercito
> capaci di a difendere la sovranità del Paese contro Israele e
> determinati a farlo. Questo punto rappresenta il primo maggior
> problema nel quale potrebbe inciampare l’applicazione della
> risoluzione 1701, poiché nessun Paese al mondo è nella posizione di
> disarmare Hezbollah con la forza, compito nel quale il più
> formidabile esercito moderno di tutto il Medio Oriente e una delle
> più grandi potenze militari del mondo, hanno completamente fallito.
> Ciò significa che ogni forza dispiegata a sud del fiume Litani, che
> sia inviata dall’Onu o dal Libano, dovrà accettare l’offerta di
> Hezbollah in modo esplicito.
>
> La quarta questione, indubbiamente, è quella della composizione e
> della missione dei nuovi contingenti dell’UNIFIL. Il piano iniziale
> di Washington e Parigi era di rifare in Libano ciò che viene fatto in
> Afghanistan dove una forza ausiliaria della NATO, con la foglia di
> fico dell’ONU, fa la guerra di Washington. La resistenza militare
> oltre che politica di Hezbollah ha fatto fallire questo piano.
> Washington e Parigi credevano comunque di poterlo mettere in atto,
> anche se in modo graduale e camuffato, finché in Libano le condizioni
> non fossero tali da permettere una grande prova di forza della NATO e
> dei suoi alleati contro gli Hezbollah. Sicuramente i Paesi che
> presumibilmente invieranno la maggior parte delle forze sono tutti
> membri della NATO, con la Francia, l’Italia e la Turchia che sono in
> attesa e la Germania e la Spagna che sono sollecitate a seguirle
> urgentemente. Ma Hezbollah non si lascia ingannare. Già è all’opera
> per dissuadere la Francia dall’attuare il suo progetto di inviare
> truppe di combattimento appoggiate dalla sua portaerei ancorate
> vicino alle rive libanesi nel Mediterraneo.
>
> Per ciò che riguarda l’ultimo punto, il movimento anti-guerra nei
> Paesi della NATO potrebbe aiutare fortemente la lotta della
> resistenza nazionale libanese e la causa della pace in Libano
> mobilitandosi contro l’invio di ogni tipo di truppe NATO, ciò
> dissuaderebbe i governi di questi Paesi dall’aiutare Washington e
> Israele nel loro lavoro sporco. Ciò di cui ha bisogno il Libano è
> della presenza di una vera forza neutra di mantenimento della pace
> alle sue frontiere sud e, soprattutto, che al suo popolo sia permesso
> di gestire i suoi problemi interni con mezzi politici pacifici.
> Qualunque altra strada condurrebbe al ritorno della guerra civile
> libanese nel momento in cui il Medio Oriente e il mondo intero hanno
> già difficoltà a far fronte alle conseguenze della guerra civile in
> Iraq cui Washington ha messo fuoco e che continua ad alimentare.
>
>
>
> Traduzione dalla versione inglese e francese di Paola Canarutto e
> Cinzia Nachira
>
>
> [1]              Sulle implicazioni globali e regionali di questi
> eventi, vedere l'articolo “The Sinking Ship of U.S. Imperial
> Designs,”[La nave dei disegni imperiali statunitensi in difficoltà],
> inviato a  ZNet il 7 agosto 2006.

>
> [2]              Così si è espresso un osservatore israeliano in un
> articolo intitolato in modo alquanto rivelatore: “È stato un errore
> credere che la pressione militare avrebbe potuto avviare un processo
> di disarmo di Hezbollah da parte del governo libanese”. Efraim Inbar,
> “Prepare for the next round” [Preparatevi per il prossimo round],
> Jerusalem Post, 15 agosto 2006.

>
> [3]           Moshe Arens, “Let the devil take tomorrow” [Il domani,
> il diavolo se lo porti], Haaretz, agosto 13, 2006.

>
> [4]           USA e Francia hanno ambedue concluso con i sauditi, a
> luglio, importanti affari per quanto riguarda le armi.

>
> [5]              Intervista a Le Monde, 27 luglio 2006.

>
> [6]              Ze’ev Schiff, “Delayed ground offensive clashes with
> diplomatic timetable” [Un ritardo dell’offensiva di terra si scontra
> con i tempi della diplomazia], Haaretz, 13 agosto 2006.

>
>
>
>
>
>
> -----------------------------------------------
> Lista INFORMAZIONE dell'Assemblea Antimperialista
> http://www.tuttinlotta.org - posta@???
> (ex Coordinamento Nazionale "La Jugoslavia Vivra'")
>
> --> Web/Archivio/Opzioni http://groups.yahoo.com/group/aa-info/
> --> Moderatore: <aa-info-owner@???>
> --> Iscrizione via e-mail: <aa-info-subscribe@???>
> --> Cancellazione: <aa-info-unsubscribe@???>
>
> (vedi anche lista DISCUSSIONE dell'A. Antimperialista su:
> http://groups.yahoo.com/group/aa-forum/ )
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