[Forumumbri] dare continuità al 30 settembre

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Autore: francoppoli
Data:  
To: tsf, usf
Oggetto: [Forumumbri] dare continuità al 30 settembre



   Contro la guerra, senza se e senza    ma
   Diamo continuità alla manifestazione del 30    settembre


   Documento unitario dei promotori della    manifestazione


   Le organizzazioni promotrici, nel quadro della    mobilitazione promossa dal Forum Sociale Europeo, della manifestazione del 30    settembre a Roma per il ritiro delle truppe da tutti i fronti di guerra,     valutano positivamente l’iniziativa. La presenza di diecimila persone, pur non    mettendo in campo le potenzialità di un movimento che in passato aveva    registrato numeri decisamente superiori, va valutata nel nuovo, e del tutto    diverso, contesto determinato dalla sconfitta di Berlusconi e dalla    costituzione di un governo che ha inglobato i tre partiti della sinistra    “radicale” (Prc, Pdci, Verdi) che avevano, seppur con impegno diverso,    partecipato al movimento no-war.
   L’appoggio fornito da questi tre    partiti al rinnovo della missione in Afghanistan e a quella in Libano -    salutata come esaltante iniziativa di pace, che ingabbierebbe i “cattivi Stati    Uniti” grazie all’operato della “buona Europa” (e dell’”ottima Italia”) e    all’uso “non offensivo delle armi” da parte dei militari italiani e di quelli    sotto la ingannevole bandiera dell’ONU - ha creato grande disorientamento e    divisione nel nostro movimento. Nulla di sorprendente se si tiene conto che    esso, pur avendo espresso grande capacità di mobilitazione in varie scadenze e    pur essendo riuscito a diffondere tra gli italiani/e un rifiuto generalizzato    della guerra (due terzi contrari alla missione in Afghanistan e il 60% ostile    a quella in Libano), non ha avuto finora una vera struttura autonoma e    autosufficiente ma è stato intelaiato e sostenuto da sindacati, partiti,    organizzazioni e reti il cui rapporto unitario è stato “conditio sine qua non”   
 per la riuscita delle iniziative.
   E nel momento in cui la    “sindrome del governo amico” colpisce gran parte di queste strutture, ne    paralizza o inaridisce la volontà unitaria e di mobilitazione (che portava a    superare divergenze sostanziose, non certo dell’ultima ora, pur di agire    efficacemente contro la guerra), una volta venuto meno il cemento    anti-Berlusconi e con varie figure rappresentative del movimento inglobate nel    Parlamento e nel governo, è naturale che lo sbandamento, indotto tra chi si è    mobilitato in questi anni, produca una vistosa riduzione delle capacità di    iniziativa del movimento.
   Spetta dunque a chi prosegue ad    operare con assoluta avversione alla guerra “senza se e senza ma”    (indipendentemente dal fatto che essa sia condotta “unilateralmente” dagli Usa    oppure “concertata” con le principali potenze europee o altre, che abbia le    bandiere dei vari Stati o dell’ONU) non solo contribuire a ridare forza,    chiarezza e unità al movimento, ma anche favorire un salto di qualità nella    strutturazione di esso, in stretto raccordo con quello europeo e    mondiale.
   Abbiamo bisogno di operare non    solo con grandi scadenze nazionali nei momenti topici (cosa che non è affatto    una “ritualità”) ma anche estendere sul territorio il movimento, affinché    divenga sempre più diffuso, popolare, incisivo nell’opera di smantellare “qui    ed ora” le basi materiali, politiche, ideologiche, culturali e organizzative    della guerra permanente e globale: e dunque agire non solo contro le missioni    belliche all’estero ma anche contro le basi militari, contro gli armamenti e    le fabbriche di morte, contro i vincoli militari che ci legano, in funzione    totalmente servile, agli USA, ad Israele e ad altre potenze belliciste e    aggressive.
   Tale diffusione e popolarità ci    saranno se opereremo con vero spirito unitario e non identitario, tenendo    insieme, ad esempio, le componenti dichiaratamente anticapitaliste e    antimperialiste con quelle sinceramente pacifiste, coloro che ritengono che    l’uso della forza, della autodifesa e della resistenza anche armata siano in    certe fasi una dolorosa ma inevitabile necessità e coloro che pensano che    sempre e comunque la via di opposizione all’aggressione debba evitare    qualsiasi uso della forza: a patto però che tale “non-violenza” sia davvero    reale, che non crolli davanti al primo intervento armato di un “governo amico”    o alla discesa in campo di militari “buoni” che, come ha detto il presidente    della Camera, ci garantirebbero “un uso non offensivo delle armi”.
   Insomma, a patto che ci si muova    con onestà contro la guerra “senza se e senza ma” e non, come sta avvenendo    ora per alcuni/e, “solo se.. ma solo quando..ma solo dove”.
   Su questo invitiamo l’intero    movimento a discutere a fondo nelle varie città, nel modo più unitario    possibile, per far avanzare questa strutturazione, per definire le prossime    scadenze di lotta nazionali e locali, per riportare il movimento contro la    guerra italiano all’altezza dei suoi compiti e dell’assoluta drammaticità    della situazione mondiale nell’epoca della guerra permanente e globale    scatenata dagli USA e dai loro alleati.


   Confederazione Cobas,    federazione RdB/CUB, Forum Palestina, Comitato nazionale per il ritiro dei    militari italiani, Comitati Iraq Libero, Partito Comunista dei Lavoratori,    Rete dei Comunisti, Campo Antimperialista, Red Link, Utopia  Rossa



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