[NuovoLab] TAV E’ UN FURTO

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Autore: brunoa01
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CC: forumambientalista
Oggetto: [NuovoLab] TAV E’ UN FURTO

TAV E’ UN FURTO

Di Erasmo Venosi Comitato scientifico Conferenza permanente dei sindaci del veneto

Il rilancio dei progetti infrastrutturali, in particolare i trafori del Frejus del Brennero e della tratta Milano – Trieste avviene in assenza di una discussione sul disegno strategico, economico e territoriale e sul sistema dei trasporti.
Nulla sulla politica globale dei trasporti, che esalti la logistica i pedaggi nell’uso delle infrastrutture che “orientino” il trasferimento dalla gomma al ferro.
Inquieta inoltre l’assenza di un’analisi costi – benefici che consenta di stabilire le priorita’ salvaguardando le scelte  dell’uso clientelare della spesa pubblica: investimenti pubblici inutili, che non hanno ritorni positivi nel lungo periodo non fanno crescere il capitale sociale ma sono simili a spesa corrente improduttiva.
Una manovra di finanza pubblica da 30 miliardi di euro che colpisce gli enti locali stride con lo scandalo delle grandi opere.
“Nel caso delle grandi reti di trasporto su rotaia i progetti sin qui attuati rispettivamente in Francia, Spagna e Italia hanno avuto un costo di realizzazione e progettazione di 13 milioni di euro a chilometro in Francia, 9 in Spagna e 32 in Italia “.
Sono dati della relazione al seminario Aspen del 2 marzo 2006 presentati da Rainer Masera presidente di rete ferroviaria italiana (RFI).
E ancora: “Per le linee in corso di realizzazione e progettazione si parla di costo a chilometro di 13 milioni per la Francia, 15 per la Spagna e 45 per l’Italia”.
Sulla rete storica delle Fs siamo piu’ o meno fermi a quel che appuro’ la Commissione Lo raschi vent’anni fa; le linee e gli impianti fisi “pesano” in valore per l’86 % gli impianti tecnologici per l’8 e i rotabili per il 6 per cento.
Tanto cemento e poche tecnologie avanzate.
La vera emergenza del trasporto merci in Italia e’ che il 45 per cento dei camion viaggia vuoto. La causa di questa inefficienza non e’ l’infrastruttura mancante ma la gestione della logistica fatta dalle imprese.
I lamenti tanto cari agli imprenditori sulla mancanza di infrastrutture cozzano con un sistema di piccole e medie imperse che vendono “franco fabbrica” e acquistano “franco stabilimento”.
La “supply chain” la catena della logistica si dovrebbe alimentare di informatica e quindi di tecnologie di rete.
Nelle trimestrali della Banca d’Italia, alla voce tecnologie di rete c’e’ ben poco. Interessa al sistema di trasferimento merci non l’ottimizzazione del carico ma “fare presto”.
Nella pianura padana ci sono tantissimi interporti ma con sistemi di gestione della logistica inadeguati. Qualcuno dovrebbe dire al paese perche’ prima di spendere 17 miliardi di euro (costo industriale) in Val di Susa, non si interviene nella linea storica con alcune misure che i tecnici conoscono bene:
1)    con il potenziamento delle sottostazioni elettriche al fine di aumentare il carico assorbito e quindi i numeri di treni e peso trainato
2)     con l’elettrificazione adeguata della tratta Modane – Orbassano (che consenta il superamento dei problemi di captazione dei pantografi)
3)    con l’adeguamento dei moduli di stazione
4)    con al riduzione delle sezioni di blocco o l’introduzione del blocco dinamico
5)    con la trazione merci multipla intercalata
6)    con l’uso di locomotori politensione.


Questi provvedimenti consentirebbero di trasportare 48 milioni di tonnellate.

Se si interviene su regime passando per fasce dall’”eterotachia” (treni con la medesima velocita’ e quindi con il massimo uso della linea) si potrebbe arrivare a 90 milioni di tonnellate l’anno, ossia ben al di sopra dei 40 milioni di tonnellate ottimisticamente previsti dal progetto Tav al 2020 (e al contempo tassando di 100 euro i Tir che passano sul Frejus per costringerli ad andare in treno).
E ancora Orbassano vicino Torino, e’ un gioiello di terminale ma ha il grosso limite di essere specializzato per l’autostrada viaggiante (tratto Orbassano-Aiton). Oggi lo sviluppo del traffico merci delle Fs passa unicamente attraverso “volumi”, cioe’ in numeri di unita’ carico, ma Fs non si e’ accorta di questo e ragiona in termini di tonnellate.
Ebbene, su Modane che e’ il secondo valico in termini di tonnellate per l’intermodale rappresenta solo il 14 per cento del totale alpino (che si ripartiscesi otto valichi).
la realizzazione della tratta internazionale Jean de Maurienne – Torino connessa alla trasversale Torino – Trieste al nodo di Milano Verona e al quadruplicamento Verona-Fortezza piu’ il tunnel dio base del Brennero costa alla finanza pubblica, al netto dei contributi europei, 60 miliardi di euro.
Un paese attanagliato nella morsa del debito sul quale negli ultimi dieci anni ha pagato mediamente per interessi 80 miliardi di euro e con l’emergenza del dissesto idrogeologico perche’ non valuta soluzioni alternative?
Perche’ ad esempio non possono essere duplicate e potenziate per l’uso dedicato alle merci la pontremolese (La Spezia – Parma) che serve tra porti (La Spezia, Carrara e Livorno), e la “MEDIOPADANA” (semplice binario e solo in parte elettrificata) con itinerario Torino – Chiasso – Casal – Alessandria – Voghera – Piacenza – Cremona – Mantova – Monselice – Padova – Mestre, oppure tra Milano e Padova la Cotogno – Mantova – Monselice – Padova?
E perche’ non si realizza l’antico progetto, alternativo al traforo del Brennero che parte da Venezia seguendo l’itinerario Spregiano – Refrontolo – Worgl, con riduzioni di percorrenza dagli attuali 6 ore e 20 minuti (via Verona – Brennero) a 2 ore e 5 minuti?
La riduzione sulla Venezia – Monaco avrebbe di 183 chilometri e il costo sarebbe dimezzato rispetto al tunnel del Brennero.
Utilizzando la Pontremolese la “mediopadana” e la nuovissima pontebbana (Tarvisio – Vienna) vergognosamente sottoutilizzata avremmo un “corridoio cinque” europeo a portata di finanza pubblica e di sostenibilita’ sociale, ambientale e trasportistica.
A fronte di costi unitari per le infrastrtutture, stratosferici registriamo invece l’obbligato abbattimento del capitale sociale di Trenitalia: le perdite accumulate al 31 marzo di questo anno ammontano a piu’ di un terzo del capitale sociale (1.304 milioni a fronte di un capitale sociale piu’ riserve pari a 3.335 milioni).


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