From: cpianopisa @alice.it
Subject: LA DELUSIONE DI UNA PACIFISTA E LA TRAPPOLA FIORENTINA
Date: October 13, 2006 12:32:10 PM GMT+02:00
Alla gente come me che al movimento ci aveva creduto.
Siamo disposte/i ad accettare che il Se e il Ma cambino il nostro No
alla guerra ? Voglio dire: ci va bene che Se il governo Prodi
minaccia di cadere, dobbiamo rinnovare le truppe in Afghanistan ? E
quando ci pongono il Ma dell'ONU, che autorizza l'invio di soldati in
armi dentro lo Stato del Libano, già devastato da Israele ? Quando ci
danno il casco blu dicendo "MA c'è l'ONU", ci va bene di inviare
soldati in armi ad occupare il paese aggredito anziché far ritirare
l'aggressore ?
Ci va bene che il nostro slogan "No alla guerra senza se e senza ma"
sia diventato come ha scritto Lucio Manisco: "Ni alla guerra senza me
e chissà. Tiritiritù?... Tiritirità !
Nel Forum del Movimento contro la guerra svoltosi a Firenze meno di
due anni fa (ma sembrano due secoli) avevamo detto e poi scritto
"Mai più missioni militari oltreconfine" e "Vogliamo che le nostre
missioni all'estero siano solo civili e senz'armi. E non affiancate o
aggiunte all'intervento militare ma ALTERNATIVE, SOSTITUTIVE." Adesso
chiedo perché coloro che credevamo rappresentanti del nostro
movimento, dirigenti e coordinatori fuori e dentro il Palazzo, sono
riusciti a convincerci che va bene una missione militare in armi, che
è una missione di pace e che è giusto affiancarla ai soggetti
dell'umanitario, missioni civili, ong, cooperaz. internazionale e
tutto quel mondo che aborrisce le armi e vorrebbe aiutare l'umanità.
Per cinque anni abbiamo fatto assemblee e gridato nelle piazze:
DISARMO DISARMO.
Oggi ci troviamo con in mano soltanto un pugno di PROMESSE TRADITE .
Facciamo un bilancio rapido dopo cinque anni di lotte.
-LA PACE AL PRIMO POSTO- non vero, la compatibilità di governo al
primo posto.
-RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE- obiettivo fallito perchè abbiamo
rinnovato le truppe in Afghanistan in missione di guerra, abbiamo
mandato nuove truppe in Libano, soldati in armi dentro un paese
aggredito anziché missioni civili alternative dopo il ritiro
dell'aggressore. Quanto all'Iraq, poi, il ritiro non è certo
immediato come ci avevano insegnato gli spagnoli: deve
necessariamente avvenire dopo le elezioni di conferma di Bush,
affinché la defezione dell'alleato Italia sia invisibile e non
disturbi il ponte di comando.
-RIDUZIONE DELLE SPESE MILITARI- obiettivo fallito perché abbiamo
la nuova finanziaria di guerra con ben 1.700 milioni di euro
destinati a nuove armi tecnologiche.
- ABOLIZIONE DELLE PARATE MILITARI- Obiettivo fallito non solo per la
clamorosa riedizione del giugno 2006 con tanto di spilletta
arcobaleno sul bavero di Bertinotti, ma perché dopo il voto
bipartisan in Parlamento sulle missioni di pace italiane (compreso
Iraq, Afghanistan e chi più ne ha più ne metta) il clima di fervore
militarista produrrà nuovo plauso alle nostre forze armate e nuove
sfilate di armi e militi per la pace.
-DISARMO DELLE PRODUZIONI DI ARMI.- Obiettivo fallito grazie alla
nuova politica di riarmo, giustificata dal multilateralismo armato e
dall'Europa potenza, e finalizzata a pompare risorse verso la
Finmeccanica e le sue affiliate di guerra.
- DISARMO DELLE BASI MILITARI USA E NATO- Obiettivo fallito grazie
all'intoccabilità della nostra obbedienza alla NATO e agli USA. le
basi aumentano, vedi Vicenza e Taranto. Quanto poi alle basi in
Sardegna, per ora non si toccano e si riconfermano le scellerate
esercitazioni NATO (cui partecipa anche Israele) perché l'Italia è
impegnata "nelle missioni di pace" in Medio Oriente (a detta del
Ministro Parisi).
BILANCIO DELLA SVOLTA IN POLITICA ESTERA: SVOLTA ZERO, SPERANZA ZERO,
FIDUCIA ZERO.
Adesso non credo più alle parole, non credo più alle piattaforme, non
credo più alle assemblee.
Non credo più al gruppo dirigente del movimento perché nella sua
maggioranza ha subìto, giustificato, coperto le scelte di guerra di
questo governo, accettando, senza adeguate proteste, che si
rinnovasse la missione di guerra in Afghanistan e che tutte le
promesse di cui sopra venissero tradite.
Non credo più ai cosiddetti parlamentari amici che hanno usato i
consensi del movimento per essere eletti e poi coi loro fatti hanno
contraddetto le parole.
Non credo più al movimento in quanto tale perché per sfiducia,
impotenza e mancanza di autonomia ha buttato nella spazzatura la
propria piattaforma (leggete l'ultima della nostre piattaforme-
quella del 18 marzo di quest'anno coi richiami a Caracas e Atene),
senza insorgere quando essa veniva tradita e calpestata.
Non credo più alle parole perché i fatti contraddicono le parole e i
fatti sono brucianti.
Sono stata invitata ad una ennesima assemblea a Firenze dove un tempo
andavo con entusiasmo e speranza.
Ma perché dovrei partecipare oggi, per contribuire a scrivere una
ennesima piattaforma che faccia la misera fine della precedente? Una
piattaforma che si riveli solo retorica, che serva magari a coprire
l'insipienza della sinistra radicale e il continuismo della politica
di guerra del governo?
No grazie. E' venuta meno la radicalità delle nostre analisi e
proposte. Così inevitabilmente è venuta meno l'unità del nostro
movimento. Veniamo strumentalmente divisi in buoni e cattivi,
giocoforza. I buoni andranno nell'abbraccio mortale della Tavola
della Pace e poi andranno in paradiso. I cattivi invece all'inferno
ci stanno già , ma è un inferno terrestre: è questo schifoso mondo
che abbiamo rinunciato a cambiare.
Per forza, qualunque proposta radicale si infrangerà
inevitabilmente sullo scoglio della compatibilità di governo, del
patto di programma già firmato, dell'obbedienza alla NATO.
Sono troppo arrabbiata e troppo delusa per partecipare.
Mi prendo una pausa di riflessione.
Saluto con le uniche parole per me valide ancora oggi: quelle di
Gandhi. " Non c'è una strada che porta alla pace, la pace è la strada.
Nella Ginatempo, terrificante autunno 2006.
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I pacifisti in guerra. J'accuse di Gino Strada e Enrico Euli contro i
professionisti della pace
Intervista a Gino Strada, fondatore di Emergency: "Non chiamatemi più
pacifista. Si tratta di creare un movimento di coscienza per buttare
la guerra fuori dalla storia. Ormai si dà per scontato che dove c'è
un problema si mandano i militari. Poi, sotto quale egida e con quali
regole d'ingaggio, sono questioni marginali. Mi preoccupa che questa
tendenza sia stata assunta da organizzazioni che fanno parte del
movimento per la pace. Organizzazioni che, quando erano gli avversari
politici a fare le guerre, avevano una posizione, mentre se sono gli
amici politici a fare le guerre, come oggi, hanno una posizione diversa"
Intervista a Enrico Euli, esponente del mondo nonviolento: "Il
pacifismo è morto e sepolto. Il movimento è morto con la marcia di
Roma del 2003. Movimento che non è stato neppure capace di proporre
la pace in tempo di pace. La missione in Libano è la conferma della
crisi del pacifismo: essere andati con queste istituzioni
internazionali, nell'attuale contesto storico e con l'attuale
governo, significa infilarsi in una trappola ulteriore rispetto
all'Iraq. Quelli di Assisi sono i mistificatori supremi. La cupola
politico-televisiva. Credono in un qualcosa che, a mio parere, sta
perfettamente dentro questa trappola. Alcuni sono in buona fede.
Altri meno"
Intervista a Giulietto Chiesa: "Il pacifismo deve diventare
preventivo, come la guerra"
"Non si possono soltanto combattere le guerre in corso facendo del
pacifismo a posteriori. L'unica posizione pacifista è quella che
guarda lo stato del mondo e si oppone anche alle prossime guerre.
Nessuno ha avuto l'idea di chiedere al capo del governo italiano e al
ministro degli esteri di dichiarare in anticipo l'indisponibilità
dell'Italia a partecipare a qualsiasi operazione militare contro
l'Iran. Ma questo deve essere detto subito! Perché gli Usa stanno già
preparando l'attacco contro l'Iran e noi saremo travolti tutti; non
ci sarà movimento pacifista che tenga. Il pacifismo deve diventare
preventivo, come la guerra"
Via dall'Afghanistan. Tutte le ragioni per cui l'Italia dovrebbe
ritirarsi dalla guerra afgana
di Enrico Piovesana, Peacereporter - Il governo sostiene che la
missione militare in Afghanistan a cui l'Italia partecipa - ISAF -
non è una missione unilaterale 'di guerra' come 'Enduring Freedom',
bensì una missione multilaterale ONU 'di pace' dalla quale non
possiamo uscire per non venire meno ai nostri impegni internazionali.
Ma non dice che la natura della missione ISAF è completamente
cambiata, poiché si è 'fusa' con Enduring Freedom diventando
anch'essa una missione di guerra contro i talebani
----- Fine messaggio inoltrato -----
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