[NuovoLab] Genova: Gaslini, stop ai ricoveri dal Kurdistan

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Auteur: antonio bruno
Date:  
À: debate
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Sujet: [NuovoLab] Genova: Gaslini, stop ai ricoveri dal Kurdistan

secolo xix

Genova. Bambini dall’estero sì, ma solo con la certezza di chi poi pagherà
il conto.

L’ospedale pediatrico Gaslini frena sui ricoveri umanitari di piccoli
pazienti provenienti dai Ppaesi al di
fuori dell’Unione europea e arriva al paradosso di non accettare due gruppi
di 15 bimbi del Kurdistan
iracheno portati in Italia da due missioni di soccorso compiute
dall’Istituto mediterraneo di ematologia (fondazione
che è emanazione diretta dei ministeri alla Salute e agli Affari esteri e
della Regione Lazio) in collaborazione con Medchild, fondazione nata come
“costola” del Gaslini e con una forte presenza istituzionale della Farnesina.
«Non sono accompagnati dalle credenziali del ministero della Salute, da
quello degli Esteri oppure della Regione Liguria », è stata la risposta
della direzione generale dell’istituto pediatrico genovese.
Il primo scambio di lettere tra Ime e Gaslini risale al mese di maggio;
l’ultimo ai giorni scorsi.
In primavera Ime aveva chiesto al Gaslini e ad altri 7 ospedali pediatrici
italiani la disponibilità a curare 51 bambini kurdi affetti da patologie
gravi: talassemici in attesa di trapianto, malati oncologici da trattare,
cardiaci da operare. Hanno accettato tutti (dal Bambin Gesù di Roma al
Meyer di Firenze, dal San Donato al San Raffaele), ma il Gaslini ha
risposto «a norma di legge» come sottolinea il direttore generale, Antonio
Infante.
icenda che sta vivendo la replica in questi giorni. Ime, in partenza per il
Kurdistan iracheno con una nuova missione umanitaria, porterà in Italia 81
bimbi. Anche questi, come i precedenti, affetti da malattie gravissime,
difficili e costose da curare in un paese come l’Italia, assolutamente non
affrontabili in una regione come quella del Kurdistan, chiusa tra le
montagne e per anni isolata dal resto del mondo. Arriveranno a Roma e
Milano con due aerei della Royal Giordanian Airline, ma nessuno dei piccoli
pazienti iracheni sarà poi trasferito a Genova.
A meno che non cambi qualcosa nelle ultime ore anche questa volta,
interpellato da Ime e Medchild, il Gaslini ha
passato la mano. Anche questa volta secondo l’amministrazione dell’istituto
pediatrico genovese mancherebbero le credenziali che gli permettano di
presentare il conto delle cure dei piccoli kurdi al ministero degli Esteri
piuttosto che a quello della Salute o alla Regione Liguria.
E poca importa, pare, che anche questa volta gli altri ospedali
interpellati abbiano invece accettato la richiesta.
Eppure la voce dei ricoveri dei bambini stranieri è sempre stata importante
per il Gaslini. Nel 2005 l’ospedale ha curato 735 extracomunitari
(clandestini compresi) e fatturato circa 2 milioni di euro, mentre nel
primo semestre di quest’anno i bambini stranieri arrivati nella cittadella
ospedaliera di Quarto sono stati oltre 350.
Non solo. Fino a qualche tempo fa era attivo per il Gaslini, ideato
dall’omonima fondazione, il “fondo rotazionale” (nato nel 2002 con un
accordo con la Regione Liguria, il Comune e la Provincia di Genova e
finanziato anche dai privati), strumento per permettere ai bambini del sud
est europeo e dell’area del Mediterraneo di accedere alle
cure che, diversamente, non avrebbero potuto ottenere. Difficile, in questa
vicenda, non intravedere i postumi del lacerante divorzio consumato tra la
fondazione Gaslini e Medchild, protagonista insieme a Ime delle due
missioni umanitarie in Kurdistan per conto della Farnesina.
Fino allo scorso anno la missione di Medchild, costola della Fondazione
Gaslini, era aiutare i bambini del Mediterraneo facendoli curare
soprattutto nell’ospedale di Genova. Poi alla Fondazione Gaslini c’è stato
il cambio della guardia: Vincenzo Lorenzelli al posto di Bruno Musso. E
oggi Musso, rimasto a Medchild, osserva: «Effettivamente i rapporti tra le
due fondazioni si sono interrotti. Comunque il budget della Farnesina per
il primo semestre di questa operazione in Kurdistan è complessivamente di 5
milioni di euro. Ma in Italia, può capitare
che manchi sempre un bollo».
Alessandra Costante

Lorenzelli: «Agiamo a norma di legge»
Genova. Vincenzo Lorenzelli, commissario straordinario per il Gaslini, si
appella alla legge.
«Noi non possiamo ripetere che questo, che la legge ci consente di
accettare bambini provenienti da paesi non dell’Unione europea, solo se
autorizzati dal ministero degli Affari Esteri o da quello alla Salute
oppure dalla Regione. Tranne, ovviamente, i casi di emergenza. In questo
caso non potevamo fare diversamente. É la risposta che abbiamo dato ad Ime
a maggio e che abbiamo ripetuto ora. Siamo sempre in attesa delle
credenziali, se arrivano non avremo problemi a ricoverare i bambini».
Che la stessa Ime, per la presenza nella sua fondazione dei due ministeri
chiamati in causa, sia una garanzia per Lorenzelli non è così chiaro. «Non
sono a conoscenza di cosa è Ime, di quali sono le sue patenti e neppure la sua
disponibilità finanziaria. Nelle lettere non se ne parla». E tranciante
Lorenzelli lo è anche sulla fondazione Medchild, con la quale i rapporti
non è più un mistero si sono incrinati. «Non esiste la collaborazione tra
Gaslini e Medchild. Noi non abbiamo bisogno di intermediari per portare i
bambini extraeuropei al Gaslini. Ci basta fare una telefonata e ne arrivano
cinquecento, non cinquanta. Se vogliono, gli intermediari possono procurare
finanziamenti. É assolutamente inutile che prendano iniziative che caricano
l’istituto di ulteriori problemi in frangenti
come questi, in cui già ci sono situazioni complicate di bilancio e di
deficit e rapporti complessi con la Regione. Ho una grande esperienza di
cooperazione, il Gaslini è un baluardo nelle operazioni umanitarie, ma le
cose vanno
affrontate con la legge, non con il cuore». A luglio il Gaslini, ad
esempio, aveva chiesto «per motivi di trasparenza ed equità» proprio
all’amministrazione regionale un piano organico per i ricoveri umanitari in
modo da individuare i soggetti erogatori delle prestazioni, le patologie da
prendere in carico, le aree geografiche
di provenienza dei pazienti. «Siamo ancora in attesa di una risposta»
commenta Lorenzelli. Sarà un caso, ma il Gaslini, in passato sempre in
prima linea nell’ospitalità dei bambini in gravi difficoltà, non compare
nell’elenco degli ospedali italiani in cui recentemente sono stati
ricoverati una quindicina di bambini libanesi.
«La Farnesina non ci ha chiesto niente, così come la Regione Liguria».