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Libano. La complice inerzia della missione Unifil
Comunicato del
Comitato per il ritiro dei militari italiani
Le recenti notizie che
giungono dal confine tra Libano e Israele, confermano la valutazione
negativa che gran parte delle forze antimilitariste e progressiste del
mondo hanno dato della missione militare ONU in Libano.
Fonti locali
e agenzie internazionali, riferiscono che i bulldozer israeliani stanno
facendo “tabula rasa” della fascia di territorio libanese a ridosso del
confine israeliano, allontanando con minacce allevatori, pastori e
contadini della zona. Ma, cosa ancora più grave, i tecnici israeliani
protetti dai militari, stanno impiantando tubature per deviare in tutto
o in parte le acque del fiume Wazzani (che scorre in territorio
libanese) verso il territorio israeliano. Le acque di questo fiume (a
sud del più noto fiume Litani) sono da tempo al centro delle minacce
delle autorità di Tel Aviv contro il Libano. Quattro anni fa si rischiò
una crisi molto grave con esplicite minacce israeliane di bombardamenti
qualora i libanesi avessero effettuato lavori di intubazione delle
acque del fiume.
Questo saccheggio di risorse e di violazione dei
confini libanesi, sta avvenendo sotto gli occhi dei militari del
contingente Unifil che si sono limitati a fare rapporto come se fossero
dei vigili urbani. Qualcuno dimentica che le violazioni del confine da
parte di Israele denunciate dal Libano, sono state negli anni, circa
17.000 e quelle dal 1978 in poi sono avvenute sempre sotto gli occhi
inerti degli osservatori dell’ONU. Nei primi giorni di settembre un
pastore libanese è stato ucciso dai militari israeliani mentre un
pescatore è stato sequestrato e non ancora rilasciato.
In questo caso
però, la presenza militare dell’Unifil non solo non ha impedito le
violazioni israeliane, ma – di fatto - ha impedito l’intervento della
resistenza libanese che in altre occasioni ha neutralizzato operazioni
israeliane analoghe. Si conferma così che il risultato sul campo della
missione Unifil si rivela quello di “legare le mani” alla resistenza
libanese piuttosto che di impedire le violazioni del cessate del fuoco
e della sovranità nazionale del Libano da parte israeliana.
La
tensione sul confine libano-israeliano continua a crescere così come la
tensione interna nel paese evidenziata dalle recenti due manifestazioni
contrapposte svoltesi a Beirut.
Il rischio di aver mandato i soldati
italiani in una trappola cresce di giorno in giorno. Ma allo stesso
modo crescono le responsabilità politiche di chi quei militari in
Libano ce li ha voluti inviare. La manifestazione nazionale del 30
settembre a Roma servirà a denunciare entrambi gli aspetti di una
scelta ambigua.
Il Comitato nazionale per il ritiro dei militari
italiani