Autor: ugo Data: Para: forumgenova Assunto: [NuovoLab] Non tutti i morti sono uguali
L'acciaierìa di Taranto
Dopo l'ultimo omicidio bianco, Rinaldini "FIOM": «II Parlamento apra
un'inchiesta sulla sicurezza»
Una commissione d'indagine parlamentare sulle condizioni di insicurezza
all'Ilva di Taranto. La chiede il segretario della Fiom Gianni Rinaldini,
intervenuto ieri all'assemblea dei quadri e dei delegati dell'acciaieria,
tristemente nota per lo stillicidio di infortuni. L'ultimo, lunedì, è costato
la vita a Luciano Di Natale, 55 anni, titolare della Tecnocis srl, una delle
ditte che fanno manutenzione nello stabilimento del Gruppo Riva. Di Natale
stava ispezionando un nastro trasportatore fermo. In parallelo, a distanza di
un metro, era in movimento un altro nastro che ha «agganciato» e stritolato
l'artigiano. E' il terzo omicidio bianco all'Ilva di Taranto dall'inizio
dell'anno, il secondo in meno di un mese.
Rinaldini definisce l'Ilva un «fatto nazionale», una delle situazione «da cui
partire» per tradurre in atti concreti i ripetuti appelli del presidente della
Repubblica Napolitano contro gli infortuni sul lavoro. Le visite dei
parlamentari agli impiantì «servono a poco», occorre una commissione d'indagine
ad hoc perché all'Ilva la situazione «intollerabile» non è riconducibile solo a
una «dimensione sindacale». Fim, Fiom e Uilm continueranno a fare la loro
parte, gli ultimi scioperi a scacchiera risalgono alla settimana scorsa. Buona
l'adesione, dice Francesco Fiusco, segretario della Fiom di Taranto, ma i
risultati «ancora non si vedono». I1 clima da «caserma», il «sistema», restano
quelli soliti di padron Riva: impianti tirati al massimo per produrre di più a
scapito dei diritti e dell'incolumità fisica dei lavoratori. «I parlamentari
fanno le leggi, è loro dovere preoccuparsi che vengano applicate». Il
segretario della Fim Giorgio Caprioli,pure lui presente all'assemblea, non ha
raccolto la proposta di una commissione parlamentare d'indagine. Gli interventi
istituzionali «dal di fuori» possono servire a «pressare» l'azienda perché
adotti pratiche «più virtuose» in materia di sicurezza. Ma il problema grave è
«dentro» la fabbrica e lì va affrontato e risolto. «Per troppo anni all'Uva è
passata una cultura attenta solo al produrre. Ci vuole parecchio tempo per
recuperare una cultura attenta alla sicurezza, alla salute, alla formazione,
alla manutenzione.
L'attivo arriva dopo due mesi particolarmente tesi tra sindacati e Gruppo
Riva. Ad agosto l'Ilva aveva licenziato tre lavoratori per «eccesso di
infortuni». Un provvedimento ritenuto legittimo, il primo settembre, dal
giudice del lavoro. Lo stesso giorno l'azienda, con un «regalo» avvelenato,
aveva reintegrato i tre lavoratori. La mediazione del presidente della Regione
Puglia Nichi Vendola e, soprattutto, alcune sue dichiarazioni troppo
comprensive nei confronti dell'Uva avevano sconcertato i sindacati.
Il bel gesto non ha modificato l'atteggiamento di Firn, Fiom e Uilm. Hanno
confermato gli scioperi e, finché il Gruppo Riva non istaurerà corrette
relazioni industriali in fabbrica, diserteranno i tavoli istituzionali
provinciali sulla situazione dell'Ilva. «Riva continua ad avere due facce»,
afferma Fiusco. La «faccia» sperimentata dai lavoratori sta in un poche cifre;
quasi 3 mila infortuni all'anno, altrettante sanzioni disciplinari, 9 milioni e
300 mila tonnellate di acciaio prodotte nel 2005, un milione e mezzo più
dell'anno precedente. «Tanto acciaio per la vita», recita uno slogan del Gruppo
Riva. I 13.500 dipendenti diretti e i 3 mila indiretti dell'Ilva di Taranto
hanno qualche dubbio in proposito.
Manuela Cartosio
Da “il manifesto “ del 27/09/06