Unifil
Cara missione: i conti dell'operazione Libano
La portaerei Garibaldi costa 3 milioni di euro al mese, un maresciallo costa
12mila euro... Fatti i conti, con la missione libanese le spese per la difesa
diventano uguali all'ultima finanziaria
Manlio Dinucci
Fonte: Il Manifesto (
http://www.ilmanifesto.it)
19 settembre 2006
«Sono passate due settimane da quando, sul ponte di volo di Nave Garibaldi, ho
rivolto il saluto al contingente che aveva iniziato a muoversi alla volta delle
coste libanesi»: così ha ricordato il ministro della difesa Parisi nella visita
in Libano il 12 settembre. Non ha però detto agli italiani che in queste due
settimane, solo per tenere in navigazione la portaerei Garibaldi, si è speso
oltre un milione e mezzo di euro. Il suo costo mensile di esercizio ammonta a
3.080.650 euro, equivalenti a 5,8 miliardi delle vecchie lire. Questo e altri
dati sulla spesa per la missione sono contenuti nel disegno di legge,
presentato dal governo e approvato dalle commissioni esteri e difesa della
Camera.
Solo come «costo esercizio mezzi» si prevede in settembre-ottobre, oltre a
quella per la Garibaldi, una spesa mensile di 1,2 milioni per i mezzi blindati
e 1,8 per gli aerei che, insieme ad altre voci, portano il totale mensile a
12,6 milioni di euro. Aggiungendo le spese per alloggiamento, viveri e servizi,
il «totale spese funzionamento» supera i 14 milioni di euro mensili. Vi sono poi
gli «oneri una tantum», soprattutto per l'«approntamento in patria della marina
militare», che ammontano a 15,5 milioni.
Molto maggiori sono le spese per il personale. La «Early entry force» conta 295
ufficiali, 1.250 sottufficiali e 951 volontari. Essa è quindi composta per
circa il 62% da ufficiali e sottufficiali, ossia dal personale meglio pagato.
Ad esempio un maresciallo capo, la cui retribuzione mensile ammonta a circa
2.900 euro, costa quale «trattamento economico aggiuntivo» per la missione in
Libano 9.450 euro al mese. Questo sottufficiale costa quindi allo Stato oltre
12mila euro al mese. Complessivamente, solo per il «trattamento di missione»
dei 2.496 militari in Libano, si prevede una spesa mensile di 22,3 milioni.
Il costo mensile della missione, nel periodo settembre-ottobre, sfiora quindi i
52 milioni di euro. Salirà ancora quando, a novembre, subentrerà la «Follow on
force», composta da 2.680 militari: 335 ufficiali, 1.290 sottufficiali e 1.055
volontari. Solo per il loro «trattamento di missione» si spenderanno circa 24
milioni di euro al mese che, con gli oltre 14 del «costo esercizio mezzi»,
porteranno il totale a oltre 38 milioni mensili. Si aggiungeranno 18,4 milioni
per gli oneri, inspiegabilmente definiti anche in questo caso «una tantum». Il
costo della missione salirà così in novembre di 4,6 milioni, arrivando a 56,6
milioni mensili. Per dicembre invece, abolita l'«una tantum», dovrebbe scendere
a circa 35 milioni mensili. Questo nelle previsioni. Ma se la situazione dovesse
complicarsi, il costo sarebbe sicuramente maggiore.
La missione in Libano e le altre (soprattutto in Afghanistan) comportano, oltre
alla spesa immediata, un costo indotto. L'Italia impegna all'estero nell'arco
di un anno oltre 30mila militari su base rotazionale, più 3mila pronti a
intervenire. Ma per mantenere e potenziare tale capacità occorre assumersi
ulteriori oneri anche in termini di bilancio: come ha sottolineato Parisi, vi è
una «carenza di risorse» che può incidere sulle capacità operative delle forze
armate, il cui personale assorbe oltre il 70% del bilancio della difesa. Ciò
può portare a «inaccettabili situazioni debitorie nei programmi
internazionali», come quello del caccia statunitense Jsf cui partecipa
l'Italia. Occorre quindi «un flusso di risorse costante e coerente con gli
obiettivi», che farà crescere la spesa militare italiana, già al 7° posto
mondiale con oltre 27 miliardi di dollari annui in valore corrente e 30 a
parità di potere d'acquisto.
Sommando la spesa militare al costo delle missioni si raggiunge una cifra annua
equivalente a quella della finanziaria 2006. E poiché i soldi (denaro pubblico)
da qualche parte devono venir fuori, occorre «tagliare» in altri settori. Come
hanno documentato Cgil Cisl e Uil, la finanziaria 2006 prevede tagli alle spese
sociali di 12,7 miliardi, che colpiscono soprattutto sanità ed enti locali. Si
mettono così a rischio i servizi erogati ai cittadini nonché posti di lavoro.
Sono previsti inoltre tagli per 27 miliardi per la costruzione e
l'ammodernamento delle reti metropolitane, tranvie e passanti ferroviari. Nella
finanziaria si propone inoltre, per il 2006, un drastico taglio dei fondi
destinati agli aiuti per i paesi in via di sviluppo, 152 milioni di euro in
meno rispetto ai 552 stanziati nel 2005. Siamo così intorno allo 0,1% del pil
rispetto a un obiettivo dell'1%. E mentre nella finanziaria 2006 si destina un
miliardo di euro per la «proroga» delle missioni militari all'estero, si
stanziano nientemeno che 30 milioni annui per la cancellazione del debito dei
paesi poveri altamente indebitati. Quanto si spende in due settimane e mezzo
per la missione militare in Libano.