[Badgirlz-list] La violenza contro le donne ci riguarda

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Tárgy: [Badgirlz-list] La violenza contro le donne ci riguarda

da  www.donnealtri.it    18 settembre 2006



Assistiamo a un ritorno quotidiano della violenza
esercitata da uomini sulle donne. Con dati allarmanti
anche nei paesi “evoluti” dell’Occidente democratico.
Violenze che vanno dalle forme più barbare
dell’omicidio e dello stupro, delle percosse, alla
costrizione e alla negazione della libertà negli
ambiti familiari, sino alle manifestazioni di
disprezzo del corpo femminile. Una recente ricerca del
Consiglio d’Europa afferma che l’aggressività maschile
è la prima causa di morte violenta e di invalidità
permanente per le donne in tutto il mondo. E tale
violenza si consuma soprattutto tra le pareti
domestiche..

Siamo di fronte a una recrudescenza quantitativa di
queste violenze? Oppure a un aumento delle denunce da
parte delle donne?
Resta il fatto che esiste ormai un’opinione pubblica e
un senso comune, che non tollera più queste
manifestazioni estreme della sessualità e della
prevaricazione maschile.
Chi lavora nella scuola e nei servizi sociali sul
territorio denuncia poi una situazione spesso molto
critica nei comportamenti degli adolescenti maschi,
più inclini delle loro coetanee femmine a
comportamenti violenti, individuali e di gruppo.

Forse il tramonto delle vecchie relazioni tra i sessi
basate su una indiscussa supremazia maschile provoca
una crisi e uno spaesamento negli uomini che
richiedono una nuova capacità di riflessione, di
autocoscienza, una ricerca approfondita sulle
dinamiche della propria sessualità e sulla natura
delle relazioni con le donne e con gli altri uomini.

La rivoluzione femminile che abbiamo conosciuto dalla
seconda metà del secolo scorso ha cambiato
radicalmente il mondo.
Sono mutate prima di tutto le nostre vite, le
relazioni familiari, l’amicizia e l’amore tra uomini e
donne, il rapporto con figlie e figli. Sono cambiate
consuetudini e modi di sentire. Anche le norme scritte
della nostra convivenza registrano, sia pure a fatica,
questo cambiamento.

L’affermarsi della libertà femminile non è una realtà
delle sole società occidentali. Il moto di
emancipazione e liberazione delle donne si è esteso,
con molte forme, modalità e sensibilità diverse, in
tutto il mondo.
La condizione della donna torna in modo frequente
nelle polemiche sullo “scontro di civiltà” che sarebbe
in atto nel mondo. Noi pensiamo che la logica della
guerra e dello “scontro di civiltà” può essere vinta
solo con un “cambio di civiltà” fondato in tutto il
mondo su una nuova qualità del rapporto tra gli uomini
e le donne.

Oggi attraversiamo una fase contraddittoria, in cui
sembra manifestarsi una
larga e violenta “reazione” contraria al mutamento
prodotto dalla rivoluzione femminile. La violenza
fisica contro le donne può essere interpretata in
termini di continuità, osservando il permanere di
un’antica attitudine maschile che forse per la prima
volta viene sottoposta a una critica sociale così
alta, ma anche in termini di novità, come una
“risposta”
nel quotidiano alle mutate relazioni tra i sessi.
Un altro sintomo inquietante è il proliferare di
mentalità e comportamenti ispirati da fondamentalismi
di varia natura religiosa, etnica e politica, che si
accompagnano sistematicamente a una visione
autoritaria e maschilista del ruolo della donna.
Queste stesse tendenze sono però attualmente
sottoposte a una critica sempre più vasta, soprattutto
– ma non esclusivamente – da parte femminile

La recente cronaca italiana ci ha offerto alcuni casi
drammatici, eclatanti che rivelano anche modi diversi
di accanirsi sul corpo e sulla mente femminile.
Una ragazza incinta viene seppellita viva dall’amante,
che non vuole affrontare il probabile scandalo. Un
fratello insegue e uccide la sorella, rea di non aver
obbedito al diktat matrimoniale della famiglia. Un
immigrato pakistano uccide la figlia, aiutato da altri
parenti maschi, perché non segue i costumi sessuali
etnici e religiosi della comunità. In alcune città si
susseguono episodi di stupro da parte di giovani
immigrati ma anche di maschi italiani. Sono italiani
gli stupratori di una ragazza lesbica a Torre del
Lago. Italiano l’assassino che a Parma ha ucciso con
otto coltellate la ex fidanzata, che perseguitava da
qualche anno. Ultimo caso di una lunga scia di delitti
commessi in questi ultimi anni in Italia da uomini
contro le ex mogli o fidanzate, o contro compagne in
procinto di lasciarli.

Il clamore e lo scandalo sono alti. In un contesto di
insicurezza (in parte reale, in parte enfatizzata dai
media e da settori della politica), di continua
emergenza e paura per le azioni del terrorismo di
matrice islamica e per le contraddizioni prodotte
dalla nuova dimensione dei flussi di immigrazione, nel
dibattito pubblico la matrice della violenza
patriarcale e sessuale è stata spesso riferita a
culture e religioni diverse dalla nostra.

Molte voci però hanno insistito giustamente sul fatto
che anche la nostra società occidentale non è stata e
non è a tutt’oggi immune da questo tipo di violenza.
E’ anzi possibile che il rilievo mediatico attribuito
alla violenza sessuale che viene dallo “straniero”
risponda a un meccanismo inconscio di rimozione e di
falsa coscienza rispetto all’esistenza di questo
stesso tipo di violenza, anche se in diversi contesti
culturali, nei comportamenti di noi maschi
occidentali.
Si è parlato dell’esigenza di un maggiore ruolo delle
istituzioni pubbliche, sino alla costituzione come
parti civili degli enti locali e dello stato nei
processi per violenze contro le donne. Si è persino
messo sotto accusa un ipotetico “silenzio del
femminismo” di fronte alla moltiplicazione dei casi di
violenza.

Noi pensiamo che sia giunto il momento, prima di
tutto, di una chiara presa di parola pubblica e di
assunzione di responsabilità da parte maschile. In
questi anni non sono mancati singoli uomini e gruppi
maschili che hanno cercato di riflettere sulla crisi
dell’ordine patriarcale.
Ma oggi è necessario un salto di qualità, una presa di
coscienza collettiva.

La violenza è l’emergenza più drammatica.
Una forte presenza pubblica maschile contro la
violenza degli uomini potrebbe assumere valore
simbolico rilevante. Anche convocando nelle città
manifestazioni, incontri, assemblee, per provocare un
confronto reale.
Siamo poi convinti che un filo unico leghi fenomeni
anche molto distanti tra loro ma riconducibili alla
sempre più insopportabile resistenza con cui la parte
maschile della società reagisce alla volontà che le
donne hanno di decidere della propria vita, di
significare e di agire la loro nuova libertà:

Il corpo femminile è negato con la violenza.
Ma viene anche disprezzato e considerato un mero
oggetto di scambio (come ha dimostrato il recente
scandalo sulle prestazioni sessuali chieste da uomini
di potere in cambio di apparizioni in programmi tv
ecc.)
Viene rimosso da ambiti decisivi per il potere: nella
politica, nell’accademia, nell’informazione,
nell’impresa.
Lo sguardo maschile – pensiamo anche alle
organizzazioni sindacali – non vede ancora
adeguatamente la grande trasformazione delle nostre
società prodotta negli ultimi decenni dal massiccio
ingresso delle donne nel mercato del lavoro.

Chiediamo che si apra finalmente una riflessione
pubblica tra gli uomini, nelle famiglie, nelle scuole
e nelle università, nei luoghi della politica e
dell’informazione, nel mondo del lavoro.

Una riflessione comune capace di determinare una
sempre più riconoscibile svolta nei comportamenti
concreti di ciascuno di noi.


Primi firmatari

Sandro Bellassai, Stefano Ciccone, Marco Deriu,
Massimo Michele Greco, Alberto Leiss, Jones Mannino,
Claudio Vedovati.

Adesioni
Davide Rossi, Umberto Varischio, Gianfranco Proietti,
Luca Proietti, Giuseppe Colosi, Lino Giaccone, Diego
Bortolameotti, Francesco Lauria, Beppe Pavan, Daniele
Barbieri, Roberto Poggi, Massimiliano Luppino, Andrea
Baglioni, Luigi Zoja, Fausto Perozzi, Alessio Surian,
Gianluca Borghi, Mattia Toscani, Eugenio Caggiati,
Marcello Acquarone, Attilio Mangano, Roberto Illario,
Daniele Bouchard, Luciano Sartirana, Corrado
Roncaglia,, Franco Toscani, Giacomo Mambriani, Marco
Cazzaniga, Gianni Ferronato, Livio Dal Corso, Carlo
Marchiori, Marco Sacco, Vanni Bertolini, Francesco
Camattini, Luciano Marmocchia, Giuseppe De Nigris,
Marco Cervino, Gianni Caligaris, Domenico Matarozzo,
Sandro Mezzadra, Stefano Sarfati Nahmad, Alberto
Moreni, Enrico Ottolini, Vittorio Cotesta, Alessandro
Bosi, Franco Caldera, Ettore Lo Maglio Silvestri,
Goffredo Fofi, Cesare Del Frate, Daniele Licheni,
Nicola Sinopoli, Enrico Euli, Roberto Verdolini,
Antonio D’Andrea, Silvano Cogo, Christian Carmosino,
Sandro Coccoi, Giacomo Truffelli, Gianfausto De
Dominicis, Michele Citoni, Franco Insalaco, Gigi
Malaroda, Andrea Rigon, Nicola Negretti, Nicola Ricci,
Mario Gritti, Gianfranco Neri, Osvaldo Pieroni, Andrea
Lavagnoli, Antonio Cinquantini, Paolo Scatena, Antonio
Canova, Michele Poli, Domenico Rizzo, Stefano Montali,
Fernando Lelario, Alessio Miceli, Alessandro Quintino,
Gabriele Galbiati, Renato Sebastiani, Giuliano Dalle
Mura, Stefano Vinti, Pietro Craighero, Rino Genovese,
Giampiero Bernard, Lorenzo Di Santo.

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Le ragioni di questo appello


L’appello che diffondiamo in questi giorni reca le
firme di uomini provenienti dai più disparati percorsi
politici, culturali, religiosi, sessuali, che hanno
deciso di reagire in qualche modo ai terribili fatti
di violenza alle donne che le cronache hanno riportato
alla nostra attenzione negli ultimi mesi. Alcuni
vengono da esperienze politiche tradizionali, altri
vengono da movimenti studenteschi, pacifisti e
ambientalisti, altri ancora hanno cominciato a
riflettere su questi temi a partire da relazioni
affettive o di amicizia o da scambi con il movimento
delle donne.

Si tratta di percorsi semplicemente individuali. Ma
anche di esperienze, spesso informali, di gruppi di
autocoscienza e di discussione su diverse questioni
(stupro, guerra, prostituzione, pedofilia). Esistono
attualmente in Italia gruppi di uomini di questo
genere in diverse città: “Uomini in cammino” di
Pinerolo, “Maschile plurale” di Roma, “Maschile
plurale” di Bologna, il “Gruppo uomini” di Verona, il
“Gruppo uomini” di Viareggio, il “Gruppo uomini” di
Torino, il “Gruppo uomini di agape”, “Il cerchio degli
uomini” di Torino, l’“Associazione uomini casalinghi”
di Pietrasanta, a cui si aggiungono gruppi misti di
uomini e donne “Identità e differenza” di Spinea, “La
merlettaia” di Foggia, il “Circolo della differenza”
di Parma, il “Gruppo sui generis” di Anghiari, il
“Gruppo sul patriarcato” di Roma promosso dal “Forum
Donne PRC”.

Queste occasioni di riflessione hanno dato vita a un
ampia produzione di articoli, libri, incontri,
convegni, sui temi della maschilità e dei rapporti tra
i sessi (anche se finora con scarsa attenzione da
parte dei media). Negli ultimi anni si sono infittite
le occasioni di incontro e confronto a livello
nazionale tra uomini e anche tra uomini e donne con
alcuni appuntamenti oramai riconosciuti (ad Agape,
Asolo, Anghiari fra gli altri).

Gli uomini che hanno attraversato queste esperienze
non rivendicano estraneità rispetto alla storia a cui
appartengono e non cercano rivincite riesumando vecchi
trofei e valori patriarcali. Assumono la libertà
conquistata dalle donne grazie al loro pensiero e alla
loro pratica, come occasione per interrogarsi e
scoprire cose nuove su di sé.

Ci auguriamo che questo appello non sia semplicemente
un atto formale: ne proporremo la lettura e la
discussione agli uomini che operano nella politica e
nelle istituzioni, nelle università e nelle scuole,
nei media, nei sindacati, nell’associazionismo, nei
servizi, nelle comunità di immigrati, nelle realtà
religiose. A tutti gli interessati diamo appuntamento
per un incontro pubblico il 14 ottobre a Roma, per
scambiare opinioni e elaborare ogni possibile
ulteriore iniziativa. Intanto ci auguriamo che le
adesioni continuino ad arrivare. Chi volesse
aggiungersi ai firmatari può scrivere all’indirizzo:
appellouomini@???. Per contatti 338/5243829,
347/7999900.
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