著者: Elisabetta Filippi 日付: To: forumgenova 題目: [NuovoLab] aspettando Siria e Iran...
Tutti i "pacifisti" giulivi e felici per la missione di "pace" in Libano. Ma
anche un cretino dovrebbe cominciare a chiedersi a cosa serve questa grande
armata. Davvero pensiamo di non essere coinvolti nel prossimo conflitto
contro la Siria e l'Iran? Davvero è solo un grido di "al lupo, al lupo"?
Elisabetta
Stefano Chiarini
Il governo israeliano, dopo un accordo tra il segretario dell'Onu Kofi Annan
e il segretario di stato Condoleezza Rice che affida il pattugliamento delle
coste libanesi e il controllo dell'aeroporto di Beirut alle forze
multinazionali, con un ulteriore limitazione delle sovranità libanese, ha
annunciato la revoca a partire dalle diciotto di oggi, ora locale, del
blocco aereo-navale che da 57 giorni sta soffocando il paese bloccando
qualsiasi possibilità di ripresa e di ricostruzione. Israele però ha
annunciato la sua intenzione di riservarsi il diritto di intervenire in
qualsiasi momento per bloccare qualsiasi rifornimento alla resistenza
libanese, anche sul confine siriano.
L'accordo raggiunto ieri dagli Stati Uniti, dal segretario generale dell'Onu
e dal governo israeliano è giunto al termine di una giornata drammatica nel
corso della quale il ministro degli esteri libanese Sallouk aveva annunciato
la decisione di rompere l'embargo israeliano nelle successive 48 ore se la
comunità internazionale non avesse posto fine al blocco. La decisione di
ieri di affidare alle forze multinazionali il controllo dei porti e degli
aeroporti dà un po di respiro al Libano, ormai allo stremo, ma al prezzo di
un'ulteriore limitazione della sua sovranità e allo stabilirsi di una sorta
di mandato coloniale sulla repubblica dei cedri con il governo di Beirut
ridotto sempre più al rango di quello di Karzai in Afghanistan e di al
Maliki in Iraq, con il relativo rischio di una rottura dell'unità nazionale
e di un possibile uso del paese in un prossimo attacco Usa alla Siria e
all'Iran. L'accordo di ieri ci riguarda direttamente in quanto configura un
ulteriore allargamento del nostro impegno in Libano dal momento che il
compito di fermare e ispezionare le navi dirette in Libano - con la
possibilità di gravi incidenti con quelle battenti bandiera iraniana o
siriana che non accettassero questo sopruso - è stato assegnato per il
momento, come annunciato nel comunicato del governo israeliano, alle navi
italiane, francesi e greche. Queste saranno poi sostituite in parte dalla
marina tedesca mentre il controllo dell'aeroporto di Beirut sarà anch'esso
affidato ai consiglieri militari e della sicurezza già arrivati ieri da
Berlino.
L'accordo sul controllo delle coste libanesi sancisce e in qualche modo
legittima a posteriori un'inedita concentrazione di forze militari
occidentali al largo delle coste libanesi con un potenziale di fuoco del
tutto sproporzionato rispetto al compito affidatole di proteggere le poche
migliaia di soldati Unifil sul terreno ma assai congruo se si prevede invece
un possibile, imminente, attacco americano-israeliano all'Iran e alla Siria.
Si tratta, secondo i servizi israeliani di due portaerei con 75
cacciabombardieri, aerei spia ed elicotteri, di 15 navi da guerra - 7
francesi, 5 italiane due greche, 5 tedesche e cinque americane con migliaia
di uomini e 1800 marines americani. In particolare la Francia ha in zona la
portaerei Charles De Gaulle con i suoi 40 «Rafale» con un raggio di azione
di oltre 3.000 chilometri e con altre 7 navi da guerra con 2.800 marines.
Gli Stati uniti dispongono della «Uss Mount Whitney» che avrebbe uno dei più
avanzati sistemi di comando e di comunicazione della marina, alla testa di
una task force con circa 1.800 marines e cinque navi tra le quali la «Uss
Barry», la «Uss Trenton», la «Hsv Swift» e la «Uss Kanawha». Il gruppo
navale americano, chiamato «Task Force Lebanon» è guidata dal vice
ammiraglio J Stufflebeem il quale sarebbe in grado di far arrivare qualsiasi
elemento di intelligence a qualsiasi comandante americano in qualsiasi punto
tra il Meditterraneo orientale, il Golfo e l'Iran. Al largo di Tiro incrocia
poi la portaerei portaelicotteri Garibaldi con i suoi Harrier a decollo
verticale e i suoi elicotteri Sikorski particolarmente adatti in funzione
antisottomarini e anti-nave. Tutte queste forze, non certo parte di
un'operazione di pace ma piuttosto di guerra, si aggiungono a quelle già
presenti nell'area: la sesta flotta Usa con base in Italia, 15 navi
lanciamissili israeliane con almeno sei sottomarini in grado di portare
testate nucleari di fabbricazione tedesca, e la flotta Nato con navi da
guerra del Canada, Gran Bretagna, Olanda, Germania, Spagna, Grecia e Turchia
e quelle britanniche con base a Cipro. In questa situazione le navi Usa ed
in particolare la «Uss Mount Whitney», pur costituendo il centro nevralgico
operativo e di intelligence delle navi europee sono sotto l'esclusivo
comando dell'ammiraglio Stufflebeem così come le forze Nato restano sotto
l'Alleanza e sarà piuttosto difficile che Parigi, il prossimo febbraio,
quando il generale Pellegrini lascerà il suo posto a capo dell'Unifil ad un
generale italiano, affiderà a quest'ultimo anche il controllo della sua
prestigiosa portaerei Charles De Gaulle. Una grande armada nella quale le
nostre navi e i nostri soldati rischiano di pagare le conseguenze di
politiche sulle quali non hanno alcuna influenza. Una Armada cha ha
chiaramente come obiettivo la Siria e l'Iran. E che questo sia il prossimo
obiettivo degli Usa e di Israele lo ha sostenuto ieri l'agenzia russa
«Interfax» citando il vice capo del dipartimento per il Medioriente al
ministero degli esteri, Vladimir Trofimov alla vigilia dell'arrivo nella
regione del ministro degli esteri di Mosca, Sergei Lavrov.