Vittorio Bertola <vb@???> scrive:
> basta che ci si intenda sul fatto che per "antifascista"
> consideriamo qualsiasi idea politica basata sulle libertà personali, e
> non invece quell'area politica molto più ristretta che si colloca
> all'estremo opposto dell'arco ideologico.
A mio parere c'è un malinteso terminologico in questa discussione
sull'hacking in Italia. Bisogna distinguere tra l'hacking come
fenomeno individuale e come fenomeno collettivo. Individualmente gli
hackers hanno cominciato ad operare ben prima dell'Hackmeeting, questo
è chiaro. Ma collettivamente le battaglie sui diritti digitali in
Italia le ha cominciate l'area dei Centri Sociali (le BBS prima,
Ecn.org poi, ecc..) semplicemente perche nessun altro l'ha fatto.
Quindi, storicamente, non si può negare che l'hacking come fenomeno
collettivo sia nato nell'area dei Centri Sociali. Il fatto che nessuno
prima di loro l'ha mai fatto, a mio parere, è legato ad un problema
culturale. Noi non abbiamo una Costituzione come quella americana cosi
attenta ai diritti individuali (gli emendamenti), non abbiamo l'ACLU,
non abbiamo l'EFF... Quel vuoto semplicemente è stato riempito dai
Centri Sociali, che per un lungo periodo sono stati in Italia un luogo
in un cui è emersa l'innovazione sociale. Non voglio fare un
panegirico, ma senza i Centri Sociali in Italia tanti fenomeni
culturali importanti non sarebbero mai venuti alla luce.
> Perchè su questo ha ragione Chiesa e chi teme la confusione concettuale
> tra hacker e centri sociali: sarebbe terribile se il messaggio che
> passasse è che essere hacker significa occupare palazzine abbandonate.
> Si può essere hacker occupando come non occupando, nessuna delle due
> posizioni è una precondizione.
Si ma separare l'hacking come fenomeno collettivo dai Centri Sociali è
un tentativo di revisionismo storico. Chiesa questo sta facendo. Poi,
in generale, puoi aver pure ragione tu.
magius
