[NuovoLab] Il pregiudizio sulla manifestazione pacifista

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著者: antonio bruno
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題目: [NuovoLab] Il pregiudizio sulla manifestazione pacifista
il manifesto 29.8.06

La manifestazione pacifista vista con l'occhio del pregiudizio

Riletture Il corteo per la pace interpretato dai grandi giornali
Alessandro Braga Guglielmo Ragozzino

Erano in tre del manifesto (Sgrena, Braga e Ragozzino), sabato ad Assisi.
Hanno ascoltato con attenzione il dibattito, hanno partecipato al breve
corteo, percorrendolo avanti e indietro e guardandolo sfilare, tutto,
dall'alto di un muretto. Niente. Nessuno di loro ha visto i due ragazzi con
le foto antiisreliane, quelle che i lettori più ingenui hanno rischiato di
attribuire all'Ucooi.
Fatta questa dichiarazione di incompetenza giornalistica, dobbiamo anche
dire che al manifesto ci siamo divertiti un po' e anche un po' indignati
nel leggere cosa sarebbe avvenuto ad Assisi. Molti quotidiani hanno
raccontato correttamente quello che gli inviati avevano visto e sentito,
dando più o meno spazio, con titoli più o meno azzeccati: oltre ai giornali
di sinistra, altri come la Repubblica, La Stampa o Il Messaggero, domenica
avevano articoli di tutto rispetto. Sia chiaro che non si vuole dare i voti
a nessuno. Oltre tutto la pace ha degli aspetti di tolleranza e di pazienza
che sfuggono a molti. Però tra domenica e ieri si sono lette cronache e
interpretazioni dei fatti che presentano anche notevoli aspetti politici. I
grandi giornali influiscono sulla pubblica opinione e hanno capacità
persuasive di grande portata nei confronti del mondo politico. Per questo
abbiamo raccolto un po' del pensiero presente in alcuni dei maggiori
giornali nazionali, per cercare di capire da dove esca e dove porti tanta
disinformazione e mettere sull'avviso almeno i nostri lettori, compresi
quelli che «militano» nei grandi giornali. Inoltre il rischio con i
quotidiani è che quanto è scritto oggi, domani è buono solo per incartare
il pesce; così almeno diceva Luigi Pintor. E noi vorremmo che l'uso ittico
dei giornali, di alcuni almeno, venisse rinviato almeno di un giorno. In
altre parole: vorremmo che ci si ricordasse di quanto alcuni giornali
importanti hanno scritto.
L'inizio necessario è il Corriere della sera che nell'articolo
dell'inviato, dopo aver elencato gli assenti alla vigilia dell'incontro di
Assisi, continua su quella falsariga, puntando sulla «marcia» Perugia
Assisi fallita rispetto alle edizioni degli anni precedenti. Ma nessuno ha
mai indetto alcuna marcia, tanto più da Perugia ad Assisi, quando, come ha
ripetuto Flavio Lotti, anche le sedi vescovili sono chiuse per ferie. E
sulla presenza dei sostenitori di Nasrallah e dei militanti dell'Ucoii non
era meglio spendere semplicemente qualche riga, dando giustamente la
notizia, e dare maggiore risalto allo spirito della marcia, invece di dare
loro tutto quel risalto? Niente di male, come ovvio; solo che gli stessi
due errori - la marcia da Perugia ad Assisi e il ruolo decisivo dell'Ucoii
arrivano nell'editoriale di Angelo Panebianco del giorno dopo. E
l'abitudine di Panebianco di pontificare - ne ha tutti i diritti, come
ovvio - stride un po' con la disinformazione che trasmette ai lettori.
Abbiamo ricordato con piacere l'articolo dell'inviato di Repubblica che ha
visto e sentito quello che abbiamo visto e sentito noi. Per questo ci è
dispiaciuta la lettura di Pietro Citati che in un articolo dotto dedicato
alle supposte quattro fasi dell'antisemitismo europeo (gli consigliamo di
rileggere «Le interdizioni israelitiche» di Carlo Cattaneo)cade in una
polemica con personaggi non veramente alla sua altezza come Casarini,
Caruso e Agnoletto. E poi immagina un Erode moderno dotato di una bomba
atomica che stermini Israele compresi i bambini di due giorni.
Questi sono dunque i maggiori giornali italiani che evidentemente fanno un
po' di fatica a capire fino in fondo che la pace è molto difficile, anche
perché comincia dalla verità e dal rifiuto del preconcetto. Ma va bene
così. E' certo che quando la marcia Perugia Assisi si terrà davvero, i
nostri colleghi, gli inviati dei maggiori giornali, saranno meglio disposti
a vedere e a capire.
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Pace difficile e stampa contro
La Tavola della Pace non va giù a tutta la stampa o meglio a tutti gli
editori italiani che per spiegare meglio la propria forte disapprovazione
si inventano fatti, pensieri, presenze, movimenti ben lontani dalla verità
Pierluigi Battista
Per il Corriere della Sera la manifestazione di sabato e la Perugia-Assisi
sono la stessa cosa. Infatti l'inviato, Fabrizio Roncone, inizia il suo
racconto facendo un parallelo tra le marce degli scorsi anni e il corteo.
«Chi le ha frequentate, sa che erano giornate pazzesche. Di bolgia e di
euforia. Di traffico bloccato e di pullman in coda. Con il profumo della
porchetta calda e croccante già alle 9 del mattino e con i boy-scout che ti
mettevano in fila, su per i vicoli: il primo con la chitarra e tutti gli
altri dietro, a cantare una di quelle loro canzoni che poi rimpiangi di non
essere mai stato nemmeno lupetto. Questo sabato mattina, invece, si
risalgono i gradoni del centro storico in silenzio».
L'articolo prosegue così...
«(...)Davanti all'ingresso del teatro s'incontrano pattuglie di cronisti
con il taccuino pieno di nomi. Tutti, d'altra parte, eravamo un po' venuti
con l'idea di stilare l'elenco dei presenti e soprattutto degli assenti.
(...) Tutti volevamo capire quanto questo movimento pacifista italiano
fosse in crisi. E lo è, sicuro che lo è. La sensazione è precisa, sulla
soglia del teatro. Poi lo sguardo scorre sulla piccola folla e ciò che
toglie il fiato, subito, è una fotografia, un'immagine. Foto numero 1: la
faccia barbuta di Hassan Nasrallah, gran capo di Hezbollah, con la scritta:
«Il leader della dignità araba». Foto numero 2: è l'immagine che ha già
fatto il giro del mondo. Ci sono bambini che mettono la firma sulle testate
di alcuni missili. Il testo: «I bambini israeliani mandano regali ai
bambini palestinesi».
Fabrizio Roncone (inviato)
Corriere della Sera - 27 agosto
Furio Colombo teme una cintura di forza per Israele.....
«(...) La frantumazione dell'opinione pubblica intorno a Israele, alle sue
azioni, intenzioni, problemi (e anche errori) è ancora più complicata e
grave. (...) E' nobile e grande e urgente la determinazione di essere forza
di pace in nome e per conto delle Nazioni unite. Fa onore all'Italia
essersi candidata per prima e per il comando. Eppure se componete insieme
frasi, dichiarazioni, giudizi, sevizi televisivi, atti ministeriali, vi
rendete conto di un rischio: che la forza di pace sia vista come una
camicia di forza intorno a Israele, che Israele sia considerato il
colpevole, il paese da tenere a distanza perché non si scateni (di nuovo,
direbbero alcuni, e non solo le pagine islamiche a pagamento) contro i
deboli e gli indifesi».
Furio Colombo (editorialista)
L'Unità - 27 agosto
Per Giuliano Ferrara : Forza guerra!
«Non ci credo. Il successo di D'Alema è incontestabile. La forza
multinazionale di interposizione c'è. I soldati partono benedetti dalle
Nazioni unite, da Israele, dal governo libanese e dagli americani, e
probabilmente godranno per un certo tempo di una situazione di vantaggio
operativo garantita dall'equivicinanza cosiddetta e dalla capacità italiana
di negoziare il negoziabile con Hezbollah, foto di gruppo comprese. (...)
Ma non ci credo. Questa idea che la guerra è finita, che è diventata
impossibile, e che il colore della pace è il blu dell'Onu, non mi sembra la
cura, mi sembra un rinvio ulteriore nelle terapie radicali che la malattia
richiede. Mi sembra un rinvio della guerra nelle condizioni peggiori per
noi, migliori per il nemico. Se c'è un nemico, e mi pare francamente che ci
sia».
Giuliano Ferrara (direttore)
Il Foglio - 27 agosto
Il titolo di Libero
«I frati benedicono i fucili».
«Delirio ad Assisi: pacifisti, francescani e islamici plaudono l'armata di
Prodi»
E il commento di Betulla
«Oltre alla benedizione dei frati e del vescovo locale, c'è stata quella
del pacifista ungherese Napolitano, di Bertinotti, dei giornalisti della
Rai e del capo dell'Ucoii. Sì, l'Ucoii. Loro: i musulmani estremisti che
paragonano gli ebrei ai nazisti. Com'è andata ieri. Pochi ma felici. Nel
2001, ad Assisi, D'Alema fu aggredito da salve di fischi perché si era
schierato timidamente a favore dell'invio delle truppe in Afghanistan. Così
Rutelli. Bertinotti fu portato in trionfo. Oggi sono tutti eroi per il
motivo opposto: mandano soldati e sono di sinistra. E poi c'è uno scopo non
detto ma chiaro: mettere a posto Israele. Se no perché l'Ucoii? Israele
deve esistere, dicono tutti. Ma in un bel ghetto, lasciando prosperare chi
organizza la sua distruzione. Non risulta che Dachan, il presidente
dell'Ucoii, sia stato destinatario nemmeno di un pernacchio. Ha diritto di
presenza e di parola, magari anche di applausi. A nessuno viene in mente di
cacciarlo come fecero i manifestanti nel 2004 a Roma contro Fassino, perché
ritenuto tenero con «crociati ed ebrei» e troppo duro con Bin Laden».
Renato Farina (vicedirettore)
Libero - 27 agosto
E per Zecchi sono solo ipocriti
«Oggi i movimenti pacifisti inneggiano a una pace indifferente alla libertà
e alla giustizia, valori che nessuna dittatura ha mai regalato al popolo.
Non a caso, allora, i nostri pacifisti finiscono per preferire un Iraq in
mano alla belva Saddam piuttosto che un Iraq che difficilmente, e grazie a
una guerra, sta cercando la strada della democrazia. I pacifisti
preferivano i talebani piuttosto che la lotta armata per dare al popolo
afghano un minimo di libertà e giustizia. I pacifisti non amano Israele,
Stato libero e democratico, mentre «comprendono» il terrorismo palestinese
e quello degli hezbollah, e individuano sempre come occasione di confronto
e scontro politico le situazioni in cui gli Stati Uniti sono coinvolti
militarmente».
Stefano Zecchi (filosofo)
Il Giornale - 27 agosto
La Repubblica ci ripensa
«Il nuovo antisemitismo che si aggira per l'Europa»
«(...) Quanto agli antisemiti di sinistra, sono talmente tanti che non oso
nemmeno nominarli. Ricordo soltanto una giovane, non so se casariniana o
carusiana o agnolettiana che proclamava ad alta voce: "Quelli che non ha
ucciso Hitler, li ammazzeremo noi". Anche coloro che non sono apertamente
antisemiti considerano Israele una grandissima seccatura, che turba la
tranquillità dei loro sonni. Se una notte, possibilmente di sabato, una
misteriosa bomba atomica facesse scomparire tutto Israele, fino ai bambini
di due giorni, sarebbe perlomeno una liberazione piacevolissima». (Pietro
Citati, maestro di pensiero).
La Repubblica - 28 agosto
Panebianco e la manifestazione
inventata
«I caschi azzurri e la pace giusta»
Non ci si può meravigliare troppo per la foto pubblicata ieri dall
Corriere. Vi si vedono alcuni giovani che, del tutto indisturbati,
innalzano immagini di Hassan Nasrallah, il capo di degli Hezbollah, un uomo
di guerra, durante la marcia Perugia-Assisi. Così come non ci si può
meravigliare per la partecipazione alla marcia dei rappresentanti
dell'Ucoii, l'organizzazione islamica ispirata ai fratelli musulmani, che
paragona Israele al nazismo. Né la folta presenza, documentata dai
cronisti, di simboli e bandiere palestinesi. (...)»
Angelo Panebianco (editorialista)
Corriere della sera - 28 agosto
La prima guerra degli ayatollah a Israele
«La storia potrebbe anche dimostrare che l'intera questione è irrilevante:
nella guerra che più probabilmente seguirà quest'ultima, nel giro di un
anno o due, tra Israele, spalleggiato dagli Stati uniti (e le altre potenze
occidentali?) e l'Iran con Hezbollah (e forse la Siria) - e che avrà un
carattere completamente diverso dalla guerra di quest'estate - a contare
sarà la preparazione raggiunta nel frattempo e l'efficacia con cui le due
parti agiranno. Forse l'autentico significato di questa guerra è l'avere
svegliato Israele».
Benny Morris (storico israeliano)
Corriere della sera - 28 agosto
I fiori nei cannoni? Ma la guerra non accetta di farsi chiamare pace
«Ammirevole esercizio di funambolismo, ma nessuna formula magica sarà in
grado di cancellare la guerra semplicemente ribattezzandola pace. Potremmo
rallegrarci, come fa il manifesto, definendo «soldati arcobaleno» i
militari che vanno in Libano, esortando con calore, come fa Bertinotti, a
un «uso non offensivo delle armi».
Pierluigi Battista (vicedirettore)
Corriere della Sera - 28 agosto
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Segnali dal Libano

Giuliana Sgrena

Kofi Annan a Beirut, prima tappa del suo viaggio mediorientale, non ha
perso tempo. Forte della ripresa di autorità dell'Onu ha chiesto a
Hezbollah di liberare i due israeliani sequestrati consegnandoli alla Croce
rossa, e a Israele «la fine immediata» del blocco aeronavale imposto al
Libano. Annan era stato preceduto da una intervista del capo di Hezbollah,
Hassan Nasrallah, che sembra far intravedere una insolita duttilità del
leader sciita, che di fatto ha ammesso un «errore». «Non pensavamo che la
cattura (dei due soldati israeliani) avrebbe portato a una guerra di queste
dimensioni... Se l'avessimo saputo l'11 giugno non l'avremmo fatto», ha
detto Nasrallah in una intervista alla New tv libanese. Un errore di
calcolo dell'abile leader del movimento fondamentalista filo-iraniano? Può
darsi. Abile ma anche tanto pragmatico da fare una sorta di autocritica
solo dopo aver ottenuto una «vittoria» su Israele. Ora se lo può
permettere, come può permettersi di accettare l'arrivo di una forza di
interposizione che per la prima volta Israele è stata costretta ad
accettare. Tutto questo fa parte dell'evoluzione imprevista e imprevedibile
anche per Nasrallah.
Allora perché questa fuga in avanti? Non può essere certo la questione
palestinese che tutti i leader arabi hanno sempre usato a proprio uso e
consumo. E allora? C'è chi sostiene che lo spettro di al Qaeda si stia
avvicinando al Libano e ai territori palestinesi. E questo gli sciiti non
lo possono permettere. I fratelli iracheni con il supporto dei pasdaran
iraniani stanno combattendo una sanguinosa guerra contro i gruppi di al
Qaeda in Iraq. Ma l'«irachizzazione» di tutta la regione sarebbe una
catastrofe per gli sciiti e per l'Iran. Da evitare con ogni mezzo. È stato
questo il calcolo di Nasrallah? Forse. Oppure è stato il calcolo degli
iraniani per ridurre l'impatto del nucleare e indurre l'occidente a
trattare il pacchetto mediorientale con maggiore oculatezza?
Gli sviluppi della situazione e il viaggio di Annan, che ieri a Beirut ha
incontrato tutti i leader politici Hezbollah compresi, sembrano andare in
questa direzione. «È giunta l'ora che l'occidente metta da parte le sue
ostilità preconcette nei nostri confronti e accetti di sedersi intorno a un
tavolo per cercare una via d'uscita», ha detto il portavoce del ministero
degli esteri iraniano Reza Asef dando l'annuncio della prossima visita di
Annan. E se nel gruppo della trattativa (5+1) con Tehran rientrasse anche
l'Italia, uno dei maggiori partner commerciali, non sarebbe solo un nuovo
successo per D'Alema, ma anche un vantaggio per l'Iran.
E come considerare il recente sequestro dei due giornalisti di Fox news a
Gaza? Un sequestro inedito, per la prima volta non si è risolto in poche
ore. La rivendicazione delle Brigate del sacro jihad è inedita come la
sigla: nessun riferimento all'occupazione della Palestina e la conversione
all'islam come condizione per il rilascio. Sembrerebbe uno scimiottamento
dei rapimenti in Iraq magari ad opera invece che di al Qaeda di gruppi
fuori controllo, ma non meno pericolosi. Il premier di Hamas Haniyeh si è
preso i meriti della liberazione. Ora c'è da chiedersi fino a quando la
comunità internazionale potrà ignorare il governo palestinese e Israele a
tenere in carcere i suoi ministi. Ma è possibile che i sequestratori
abbiano potuto agire in quel fazzoletto di terra che è Gaza inosservati?
Chi lo sapeva forse voleva dare un avvertimento: non si può dimenticare la
Palestina. Lo spettro di al Qaeda si avvicina.