[Lecce-sf] Un copione già visto

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Autore: Silverio Tomeo
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To: social forum
Oggetto: [Lecce-sf] Un copione già visto
Un copione già visto
            Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo


            Di fronte all'ennesima strage dell'immigrazione clandestina 
            assistiamo a un copione già visto tante volte. Il sindaco dell'isola 
            che chiede di bloccare i "clandestini" prima che arrivino a 
            Lampedusa e il ministro dell'interno che se la prende con i 
            criminali che organizzano questi viaggi, e sembrerebbe anche con la 
            magistratura, colpevole di non riuscire a debellare il traffico di 
            migranti.
            Sono posizioni che si ripetono da tempo, dai tempi di Berlusconi e 
            Pisanu, che servono forse a sistemare la coscienza dei governanti, 
            ma che lasciano sgomenti per la assenza di realismo di fronte ad un 
            fenomeno ormai strutturale determinato in parte anche da leggi 
            proibizioniste che vietano ogni reale possibilità di ingresso 
            legale, soprattutto ai potenziali richiedenti asilo, come coloro che 
            provengono dall'Eritrea, dalla Somalia e da numerosi paesi 
            dell'Africa sub-sahariana, o che impongono ai lavoratori stagionali 
            l'ingresso irregolare per il ridottissimo numero dei flussi di 
            ingresso legale nelle regioni meridionali.
            Ignorare che le barche stracariche di migranti non si possono 
            bloccare a mare, o rimandare nei porti libici, neppure con i 
            sofisticati sistemi finanziati dall'agenzia europea Frontex, oppure 
            addossare tutta la colpa delle stragi agli scafisti, significa 
            soltanto fare esercizio di ipocrisia e tentare di mantenere il 
            consenso elettorale a scapito della vita di tanti uomini, donne 
            bambini.
            La magistratura siciliana sta indagando da tempo sulle reti 
            criminali che inviano i migranti a morire nel canale di Sicilia, ma 
            troppo spesso le indagini si bloccano davanti all'evidenza che ormai 
            gli scafisti rimangono a casa e che le imbarcazioni sempre più 
            pioccole per sfuggire ai pattugliamenti congiunti sono affidate agli 
            stessi migranti. Le organizzazioni criminali che operano nei paesi 
            di transito potrebbero essere sgominate in un solo momento se solo i 
            governi di quei paesi, con i quali l'Italia stipula puntualmente 
            accordi di riammissione, decidessero di non lucrare più sulla pelle 
            dei migranti, riconoscendo a loro volta i diritti fondamentali dei 
            migranti sanciti dalle convenmzioni internazionali. Ma questo 
            costerebbe troppo e nessun paese europeo porterebbe avanti accoprdi 
            di cooperazione che non prevedano, almeno sulla carta, il blocco dei 
            clandestini. Non importa a quale prezzo in termini di vite umane.
            Gli accordi di politica internazionale e le normative interne, che i 
            paesi europei inaspriscono ogni giorno, come si è verificato da 
            ultimo in Spagna ed in Francia, hanno prodotto centinaia, forse 
            migliaia di morti nel canale di Sicilia, e altri morti continueranno 
            a produrre, fino a quando non ci sarà una decisa inversione di 
            tendenza, con una disciplina comunitaria e nazionale sugli ingressi 
            per lavoro, con nuove disposizioni sul diritto di asilo e sulla 
            protezione umanitaria, con norme di protezione per le vittime più 
            deboli, le donne ed i minori.
            Fino a quando tutto questo non avverrà, toccherà ai responsabili 
            della politica il peso maggiore delle stragi che si continueranno a 
            ripetere nel mediterraneo, ed è ben triste che le popolazioni locali 
            e i loro rappresentanti non comprendano che il respingimento in mare 
            o nel deserto del Nord Africa equivale a una condanna a morte.
            Per contrastare questa politica di morte occorre invece proprio 
            l'impegno delle comunità locali e la maggiore solidarietà possibile, 
            occorre non cadere nell'inganno diffuso da chi non riuscendo a 
            governare un fenomeno, trova soltanto risposte sul piano repressivo, 
            senza percepire che queste tragedie sono proprio frutto delle 
            politiche di sbarramento attuate in questi anni in tutti i paesi 
            europei.