liberazione, 17.8.06
I quattordici volontari di pace ai genitori
Eccoci tornati
assieme
ad Angelo
Silvietta e Silvia, Michela, Annalena, Paola, Chiara, Annesa, Barbara, Livio, Angelo, Stefano, Paqu, Renzo e Sergio
14 persone, assieme, partiti come gruppo, divenuti amici in poco tempo, un po per quella convivenza forzata che ci faceva augurare ogni mattina il buon giorno Sabah alkehr... è quando ci si scambia quotidianamente laugurio di un buon giorno con un sorriso, sotto lo stesso meraviglioso cielo, non si può che diventare amici.
Dieci giorni trascorsi intensamente, senza conoscerci nemmeno troppo... ma poco importa, quando ci si trova lì, nella città più tristemente e bella del mondo con il Cuore vivo e lAnima colma di energia, non è necessario sapere quale sia il nostro colore preferito, o se credi in dio o se preferisci i bucatini agli spaghetti.
Il Cuore che batteva forte e deciso nel nome della solidarietà, i sorrisi dati e presi nellintento di dar forza, di prenderne, i sorrisi spesso soffocati da una realtà che abbiamo iniziato a tastare, forse appena a sfiorare, ma che ci davano lo slancio e la determinazione verso il bisogno, testardo e triste, spesso adirato o rassegnato, di capire, capire la natura e il perché di quel male che ha infettato quella terra...
E la voglia di cambiare, con la consapevolezza dellimpotenza e gli occhi grandi e profondi dei bambini, in grado di disarmarti e renderti belligerante damore allo stesso tempo.
Angelo è la prova della folle lotta, del nobile spargere piccoli Semi di Pace,
Pace,
un sogno che racchiude la fine della disperata, incomprensibile follia umana.
Non voglio chiamarla utopia. La pace sarà utopia nel momento in cui quelli come Angelo non nasceranno più.
Mamma Silvana e papà Michelangelo, avete messo al mondo un seme di pace. Un seme che non si è staccato, tutti noi, ragazzi di Gerusalemme, non smetteremo mai di innaffiarlo ed innaffiarci, e da Lui attingere forza e splendore e positività.
Siamo partiti in 14. Lo siamo ancora.
Un sorriso al gusto della vita e della morte che alla vita appartiene, un abbraccio dal calore degli abbracci dati ai bambini che anche Angelo ha abbracciato, una risata contagiosa e rumorosa come la sua, che tutti noi continuerà a far sorridere.
E poi mille parole, italiane, arabe, amiche, cantate, mozzate dalla tristezza, piene di forza, tutte le parole udite a Gerusalemme, tutti gli odori, larte, i colori, gli sguardi che dentro di noi portiamo, così come Angelo ha assaporato e divorato con noi a Gerusalemme.
Tutto questo è per voi, mamma Silvana e papà Michelangelo e Romina.
Eccoci tornati, non senza Angelo, assieme ad Angelo. Ed un sorriso, quello prezioso di Angelo e quello nostro, affinché Lui non smetta mai di sorridere.
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Cerano migliaia di persone a Monterotondo. Anche se era ferragosto, le quattro del pomeriggio, il sole a picco, le vacanze, il parlamento chiuso, chi
Cerano migliaia di persone a Monterotondo. Anche se era ferragosto, le quattro del pomeriggio, il sole a picco, le vacanze, il parlamento chiuso, chiuse le scuole, i cinema, i negozi. La Chiesa era strapiena, la piazza strapiena, le scalinate dietro la piazza gremite, gente alle finestre, sui balconi. Angelo ha rimesso in moto quel popolo della pace che da un po di tempo si era nascosto. I comunisti, i preti, gli scout, i ragazzi cattolici con le chitarre, le canzoni di Chiesa, gli slogan pacifisti e no-global, i paesani, quelli venuti da Roma, gli intellettuali, gli operai, i lavoratori della campagna. Il vescovo non ha provato nessun imbarazzo a stare lì, davanti a Bertinotti. E i ragazzi di Rifondazione non erano affatto impacciati, gomito a gomito con le tonache dei preti in alta uniforme.
Chi è stato al funerale di Angelo, lunedì, ha portato con se una grande emozione e ha capito due o tre cose. Che il pacifismo è ancora fortissimo, anche se si vede meno. Che il pacifismo unisce, unisce come forse nessun altra idea politica. Che il pacifismo non vive solo di parole, ha bisogno di fatti, di impegno, di scelte coerenti, di sacrificio, anche di dolore. Per questo Angelo è diventato un simbolo, no? Per questo quasi nessuno, nessuno, in quella piazza, è riuscito a non piangere almeno un po quando i suoi compagni ci hanno raccontato del suo impegno, della sua allegria, delle sue speranze, e quando Chiara ci ha detto che Palestina per lei è diventata una parola nuova, bella, ricca di sogni. Ci sarebbe piaciuto conoscere Angelo da vivo, doveva essere un ragazzo speciale. Speriamo che tutte le passioni e le speranze e le emozioni che ha sollevato servano a mitigare, almeno a mitigare il dolore devastante di Silvana, Michelangelo e Romina
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n migliaia al Duomo per lultimo saluto ad Angelo Frammartino. Monsignor Fumagalli:«E seme di pace». Il papà Michelangelo: «Chi dovrei odiare? Quel poveraccio che ha pugnalato il mio ragazzo? Per essere vera, la Pace bisogna praticarla»
Monterotondo, larcobaleno riparte da qui
Claudia Russo
Il popolo della Pace riparte da Monterotondo.
A salutare Angelo ci sono proprio tutti: i comunisti giovani e quelli meno, la sezione del Prc della cittadina alle porte di Roma e quelle provenienti da altri luoghi, i cattolici, le suore e i preti, i politici e pure i giornalisti. I ragazzi del circolo F. Babusci si riconoscono subito, indossano una maglietta nera con una frase di Angelo: Fare l'amore con la Non-Violenza per partorire la pace dal grembo della società. Sono con loro dalla mattina e ho visto compagne attaccare bandiere al muro con puntine e scotch, altri collegare un pc portatile a un proiettore per mostrare in sequenza le foto scattate a Gerusalemme, ho visto le casse per la musica e ho letto le decine e decina di lettere, mail, poesie, scritte da Angelo e per Angelo esposte in bella mostra su pannelli di legno chiaro. Due ombrelli colorati a metà della scalinata del palazzo segnano il cammino verso la camera ardente.
Seduti da una parte, i genitori di Carlo Giuliani. L'incontro tra papà Michelangelo e papà Giuliano si condensa in un abbraccio che fa male e graffia più di mille parole. Le mamme, vestita di nero luna, con una maglietta gialla con impressa la foto del figlio l'altra, non hanno bisogno di sfiorarsi: nei loro occhi tutto il dolore del mondo, quello che solo le donne riescono a contenere e custodire perché troppo profondo e antico per essere esibito. Romina, invece, è seduta per terra: non vuole allontanarsi dalla bara coperta di fiori, striscioni e messaggi indirizzati al fratello.
Una dopo l'altra, silenziose, sfilano le delegazioni: dal comune di Caulonia, il paese calabro d'origine della famiglia, fino all'attesa rappresentanza israeliana passando per i comuni limitrofi e Roma e la Provincia è un susseguirsi di gonfaloni. La sala si riempie di parenti e autorità e papà Angelo dice alcune parole ai tanti taccuini e telecamera in attesa del Presidente della Camera: «La stampa, tranne un caso isolato e vergognoso, è stata fedele e scrupolosa nel dare al mondo l'immagine corretta di mio figlio e degli ideali di pace in cui crede. Mi chiedono tutti se provo rabbia nei confronti di qualcuno. Chi dovrei odiare? Quel poveraccio che ha pugnalato il mio ragazzo? E a che servirebbe? E poi, al di là della politica e delle strumentalizzazioni che di certo verranno fatte, che importanza ha sapere il nome dell'assassino? Angelo un giorno mi ha detto: Papà, per essere vera la Pace bisogna costruirla giorno per giorno. Se non si vive con questo ideale
che si campa a fa'?»
Intanto arriva Bertinotti che ci tiene ad avere una maglietta di Angelo e stringe le mani agli altri volontari del progetto Prosvil che gli vanno incontro. Il corteo parte in perfetto orario. Ai lati i compagni e gli amici, vestiti di pace mano nella mano a formare un unico cordone, un altro abbraccio. All'interno, tanti volti commossi di gente qualunque, cooperanti, politici. Cè tutto il Prc (i capigruppo di Camera e Senato, la viceministra Sentinelli e molti ancora), cè la Cgil, lArci e Sandro Curzi, Umberto Ranieri, Citto Maselli, Giuliana Sgrena...
Un applauso prolungato accoglie la bara portata in spalla dagli amici più cari. Le migliaia di persone ad attenderli quasi li spaventano. La Chiesa è già gremita e in tanti restano fuori con il dolore espanso, fluido e condiviso sulla pelle che quasi non ci sembra possibile. Quelli del servizio civile offrono bottigliette d'acqua perché il sole è caldo in questo Ferragosto in cui gli auguri da scambiarsi sono quelli di una Pace concreta e reale da costruire davvero. Sopra la piazza, alle finestre, una donna anziana stringe il Rosario in una mano, sotto uomini robusti alzano il pugno chiuso al passaggio della bara. Le voci del Paese, fuori, si alternano a quelle del vescovo della diocesi sabina, mons. Lino Fumagalli e alle parole, durissime, del vescovo emerito di Gerusalemme mons. Hilarion Capucci in rappresentanza del presidente palestinese Abu Mazen. Mons. Fumagalli parla per primo, conciso ed efficace come raramente accade in occasioni come queste: «Con la morte sei diventato seme di pace, hai servito Gesù, implicitamente, nel tuo servizio generoso ai più deboli e avrai il suo abbraccio. Beati i costruttori di pace - dice - diamo il nostro ultimo saluto terreno ad Angelo, che ha donato la vita nella martoriata terra di Palestina e Israele. Vittima innocente di una violenza incomprensibile, proprio mentre portava il sorriso ai bambini palestinesi. Grazie Angelo, per il tuo servizio e la tua testimonianza. Il tuo esempio ci rafforzi nel nostro impegno per la pace. La pace è possibile e necessaria, diritto inalienabile di ogni popolo». Specularmente opposta e contrastante la testimonianza di Capucci: «Da Terra Santa qual'era la Palestina è diventata Terra Maledetta. Il sangue di Angelo, che si somma a quello delle troppe vittime innocenti, l'ha bagnata e segnata per sempre. Nessun possibilità e speranza per Gerusalemmme e l'umanità tutta». Quando definisce l'assassino del ragazzo «schifoso», la gente applude rumorosamente. Ma di odio in questa piazza non ce nè.
Chiudono la funzione le lettere e gli interventi dei compagni di quella esperienza di solidarietà e fratellanza interrotta. All'uscita dalla chiesa, ancora un caldo applauso e poi tutti a piedi, bandiere e ideali in alto, in un corteo che raccoglie ancora gente ai lati. La sepoltura, in forma privata, riconsegna Angelo al solo dolore dei suoi.
Al ritorno, tre ragazzi cercano un passaggio. Sono venuti con il treno e poi a piedi, unora di cammino in salita. «Accidenti, sembrava la Perugia Assisi per quanto era lunga!», dice scherzando il compagno accanto a me. Sorrido. La prossima Perugia Assisi per la Pace è fissata straordinariamente al 26 agosto: ci saremo, con Angelo.
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