[NuovoLab] dove sono finiti i pacifisti: il manifesto su Ang…

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Szerző: antonio bruno
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Tárgy: [NuovoLab] dove sono finiti i pacifisti: il manifesto su Angelo Frammartino
il manifesto

«Pochi giorni fa era in piazza contro la guerra in Libano»
Angelo Frammartino è stato ucciso a pochi passi dal luogo della
manifestazione. Stasera la veglia, sempre lì, sarà per lui
Sergio Bassoli *
Gerusalemme
Appena arrivati a Gerusalemme, il primo di agosto, abbiamo partecipato alla
veglia per i morti in Libano alla Porta di Damasco, a pochi passi dal luogo
in cui Angelo Frammartino, l'altra sera, si è accasciato al suolo colpito
da una coltellata, secca e precisa, mortale. Stasera le organizzazioni
palestinesi di Gerusalemme organizzeranno una veglia per lui nello stesso
punto dove è caduto e davanti a me ho la foto di quel primo agosto in cui
Angelo è lì con la candela in mano come noi tutti, uniti per fermare la
guerra e la violenza, e costruire la pace. Incredibile.
Cosa è accaduto, come è potuto succedere un fatto così grave, quale
spiegazione dare?
Siamo venuti a Gerusalemme per fare cooperazione, per lavorare
quotidianamente con i ragazzi del quartiere arabo della città vecchia, per
rompere l'isolamento, il senso di abbandono in cui vive la popolazione
palestinese di Gerusalemme, altri campi si erano da poco chiusi tra
Gerusalemme e Betlemme, iniziative che si ripetono da vari anni e che
sempre ci mettono in tensione per la loro riuscita e per risolvere i tanti
problemi che si debbono affrontare da queste parti.
Ma se guardo le foto che il gruppo ha fatto vedo ragazzi italiani e ragazzi
palestinesi insieme, che giocano, scherzano, si rincorrono e costruiscono
momenti di gioia. Non vedo violenza, non vedo odio. I dieci giorni passati
al centro giovanile sono stati intensi, carichi di lavoro e di confronto
tra le aspettative dei nostri ragazzi e quelle dei giovani palestinesi,
generando rapidamente amicizie e riflessioni sulle condizioni di vita e
sulle tensioni sociali interne alla società palestinese.
La costante di questa regione, per la cooperazione, è la complessità delle
situazioni, non solamente per la sicurezza, ma per la lingua e la cultura
diverse, per l'occupazione e la mancanza di sbocchi di pace e di giustizia.
Difficile, quindi, raggiungere risultati che mettano radici, che permettano
di dar vita a processi e percorsi di sostenibilità, a causa della
precarietà, della mancanza di un quadro istituzionale definito, della
dipendenza dalle risorse esterne, per l'assenza delle istituzioni e dello
stato. Paradossalmente, ci troviamo di fronte a una società civile senza
controparte, una utopia dell'assurdo.
Noi, come tante altre organizzazioni non governative italiane, europee e
internazionali continuiamo ad operare in questa regione dove gli spazi di
dialogo e di tolleranza si stanno restringendo, dove la legge sembra essere
quella della barbarie, e dove il diritto è solo quello proprio e non quello
di tutti. Siamo disarmati.
Quanti progetti e quante attività bruciate via in un momento dai bulldozer
e dai cannoni, anni di lavoro, donazioni e contributi pubblici buttati al
vento, vite spezzate e ferite per chi rimane, difficili da dimenticare.
Ieri se n'è aggiunta una nuova, una ferita che non riusciamo ad accettare
ma a cui dobbiamo far fronte e rispondere con gli stessi ideali e passione
che un ragazzo di ventiquattro anni ci ha fatto conoscere.
Il centro giovanile La Torre del Fenicottero qui a Gerusalemme oggi è
chiuso ed i ragazzi sono tutti increduli, scioccati, non possono credere a
ciò che è accaduto, nessuno se ne dà una ragione.
* Cgil-Arci
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La ong
«Ma noi non ci fermiamo»
Vittorio Longhi
Droga, alcolismo, violenza e abusi sui minori sono alcuni degli effetti del
degrado cui è soggetta la società palestinese, a causa dell'isolamento
forzato, della conseguente mancanza di lavoro e delle continue prepotenze
subite dall'occupazione israeliana. Le forme di disagio, soprattutto
giovanile, sono molte e i problemi sempre più difficili da gestire, per la
mancanza di strutture e servizi pubblici adeguati: dall'educazione dei più
piccoli, all'integrazione dei disabili mentali e fisici. A Gerusalemme Est,
il centro sociale Burj Al Laq Laq , la Torre del Fenicottero, affronta
tutto questo ogni giorno con l'aiuto di volontari come Angelo Frammartino e
delle organizzazioni non governative straniere, come Progetto Sviluppo,
l'agenzia Cgil dedicata alla cooperazione internazionale. «Nel 1991, tra i
molti ostacoli dell'amministrazione israeliana, siamo riusciti a far
partire il centro - spiega la responsabile, Dyala Al Husseini - da allora
abbiamo cercato di creare uno spazio ricreativo e consultorio per le
famiglie palestinesi che vivono intorno, in condizioni, anche logistiche,
davvero impossibili». Attualmente ci sono circa venti persone che
amministrano i servizi di asilo nido, le sale ricreative e l'assistenza a
disabili. Il centro, collegato ad altre strutture simili in altre città,
vive delle donazioni di privati, delle quote associative e del sostegno di
organizzazioni internazionali. «La presenza di volontari stranieri è
indispensabile per noi - dice Al Husseini - è un incoraggiamento per i
nostri ragazzi, ma anche un forte deterrente per le incursioni della
polizia». «La situazione di degrado sociale che abbiamo trovato è grave»
racconta Sergio Bassoli, direttore di Progetto Sviluppo, da Gerusalemme.
L'ong dal 2001 si occupa del sostegno al centro con interventi mirati al
recupero scolastico, all'inserimento professionale e alla formazione degli
operatori socio-assistenziali. Insieme ad altre associazioni, Prosvil ha
anche formato un comitato nazionale in difesa della Torre del Fenicottero
dagli attacchi israeliani. «La nostra funzione - precisa Bassoli - oltre
che pratica, di aiuto nelle attività quotidiane, è anche quella di
contrastare la continua minaccia di esproprio da parte delle autorità
israeliane e, per questo, cerchiamo di assicurare una presenza costante».
Il terreno su cui si trova il centro, infatti, è di proprietà di due
famiglie palestinesi ma è anche una delle superfici edificabili più grandi
all'interno delle antiche mura, circa 20 mila metri quadrati, con vista
sulla spianata delle Moschee e sul monte degli Ulivi. «Il lavoro fatto dai
volontari e da queste organizzazioni è unico, insostituibile nel contesto
del conflitto, perché tenta la ricostruzione sociale in una comunità
disgregata, come quella palestinese», commenta Gianfranco Benzi,
responsabile dell'area mediorientale per il dipartimento esteri Cgil.
«Anche se vicende come questa rischiano di avere forti ripercussioni nei
rapporti con le due società - prosegue Benzi - noi intendiamo portare
avanti le nostre attività, perché il sindacato ha un ruolo importante da
svolgere nella ricerca del dialogo».

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Angelo, una morte senza spiegazioni
L'ultima mail inviata in Italia era un invito ad amarsi. A Gerusalemme, una
città che la povertà sta rendendo più violenta, nessuno crede al movente
«politico». Il cordoglio dell'Arci e della Cgil. La salma del pacifista a
Roma domani o lunedì
Mi. Gio.
Gerusalemme
«Bisogna imparare ad amare daccapo, a tornare ad amare, ogni giorno». Così
Angelo Frammartino ha concluso l'ultima e-mail che aveva inviato alla
sezione di Rifondazione comunista di Monterotondo, in cui era responsabile
del settore giovanile. Un ragazzo solare, lo ricordano amici e compagni,
convinto delle sue idee e pronto per ogni iniziativa di solidarietà in
Italia e all'estero. Anche per questo il suo omicidio, compiuto giovedì
sera da un palestinese a Gerusalemme est, tra la Porta di Damasco e quella
di Erode, resta un mistero, inspiegabile. Ogni ipotesi è possibile e
trascurabile allo stesso tempo. Nessuno riesce a dare una spiegazione
convincente. La polizia israeliana continua a parlare di «atto di
terrorismo», di una «azione nazionalistica», ma in effetti non c'è ancora
una pista precisa. Gli inquirenti stanno cercando di realizzare un
identikit dell'aggressore, con l'aiuto di una delle quattro ragazze che
passeggiavano con Angelo al momento dell'accoltellamento.
«C'erano poche persone, qualche vecchietto, non abbiamo avuto l'impressione
che ci seguisse nessuno - ha riferito una delle giovani - non ci siamo
accorte di nulla prima, abbiamo visto spuntare quell'uomo d'improvviso e
poi lo abbiamo solo scorto mentre scappava». Un po' poco per arrivare
all'assassino. Secondo voci che circolano nella città vecchia, «qualcuno
aveva deciso di bloccare questo progetto italo-palestinese». Estremisti
islamici? Collaborazionisti delle forze di occupazione? Buio totale.
In ogni caso nessuno crede ad una vendetta per motivi personali e neppure
alla pista politica, visto che il progetto la «Torre del Fenicottero»
(svolto dalla Cgil con la partecipazione dell'Arci ) per il quale Angelo
lavorava come animatore, non ha mai ricevuto minacce o intimidazioni in
passato. Paolo Beni, presidente nazionale dell'Arci, ieri ha cercato di
porre un freno a quelle che i componenti della «Torre del Fenicottero»
hanno descritto come «speculazioni di tipo politico» cominciate dopo
l'assassinio di Angelo, in particolare da parte del quotidiano Libero. «Non
crediamo che questa immane tragedia umana possa essere interpretata in
chiave politica, come un atto terroristico o una manifestazione di odio
etnico - ha detto - è comunque il sintomo preoccupante del clima di
malessere sociale, disagio e violenza che sta aggravandosi anche a
Gerusalemme». «In ogni caso - ha concluso Beni - ribadiamo che questo
orribile fatto non fermerà il lavoro di tanti e tante costruttori di pace
come Angelo. Anche in suo nome proseguirà l'impegno dell'Arci nei progetti
di solidarietà al fianco dei ragazzi e dei bambini vittime della guerra e
della violenza».
La salma di Angelo Frammartino verrà rimpatriata domani o al più tardi
lunedì. Le autorità giudiziarie israeliane hanno ordinato l'autopsia che i
genitori del giovane - una insegnante elementare e un professore di
ragioneria molto noti a Monterotondo, ora devastati dal dolore - hanno
autorizzato mentre dalla Sicilia, dove erano in vacanza, si sono trasferiti
a Roma per poi raggiungere Gerusalemme. Per la Cgil e l'Arci, l'orribile
morte di Angelo ha rappresentato un colpo durissimo che, tra l'altro, ha
imposto la sospensione di ogni attività nei Territori palestinesi. Ieri
sera sono rientrati con un volo da Tel Aviv gli altri membri del gruppo con
cui lavorava il giovane ucciso. Non partirà invece per Gerusalemme il
gruppo di volontari che dal 15 agosto avrebbe dovuto prendere il posto di
quello di Angelo.