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esattamente come l'Iraq ...
Giallo sulle dichiarazioni del ministro di Kabul. Parisi nega
Nuovo allarme del Sismi: "Rischio significativo di attentati"
"Italiani nel sud dell'Afghanistan"
Roma: "La missione non cambia"
di GIAMPAOLO CADALANU
ROMA - L'Afghanistan: è sempre l'Afghanistan a dividere gli italiani.
La battaglia al Senato sul rifinanziamento alla missione Isaf è
terminata da poco, ma il ministro della Difesa afgano evidentemente
non legge i giornali italiani. Così, per accogliere in modo adeguato
la delegazione dei parlamentari in visita a Kabul, Abdul Rahim Wardak
ha pensato bene di ringraziare per il ruolo del nostro paese con
parole che hanno avuto l'effetto di benzina su un fuoco quasi spento.
"Siamo contenti che le forze italiane prenderanno parte
all'operazione Isaf nel sud dell'Afghanistan e dopo quattro mesi
prenderanno il comando di quella regione".
Nel sud, cioè nel Kandahar degli studenti coranici e nell'Helmand dei
trafficanti di droga, nelle province dove la guerra è ancora guerra,
dove ancora si combatte, si uccide e si muore. Dove anche ieri due
Taliban sono rimasti uccisi in uno scontro con la polizia a un posto
di blocco. I vertici delle Forze armate sono corsi a spegnere la
polemica, ma ormai il fuoco era divampato. Fabrizio Castagnetti ex
comandante del Comando vertice interforze di stanza in Afghanistan,
ha smentito categoricamente la seconda parte delle dichiarazioni di
Wardak, cioè quella sul comando: per il generale Castagnetti "è stato
sicuramente un errore". Ma non ha smentito l'ipotesi che militari
italiani possano essere impiegati nelle regioni "calde".
Per togliere ogni dubbio Arturo Parisi, responsabile della Difesa, ha
rincarato la dose: "Le affermazioni del ministro della Difesa afgano
in riferimento ad un nostro impegno nel Sud dell'Afghanistan sono
prive di ogni fondamento, sia per quel che riguarda il presente che
il futuro". Il Parlamento ha già deciso e la linea resta la stessa,
dice Parisi, rispondendo alle perplessità subito espresse dai
parlamentari in visita nella capitale afgana: "Il nostro contingente
è impegnato e autorizzato ad operare negli stessi limiti geografici e
operativi che hanno finora definito il suo ambito di intervento".
Kabul ed Herat, nessun ampliamento della missione, tanto meno al
comando delle zone a rischio.
Tutt'al più, dicono a Repubblica fonti militari, succederà che ci
chiedano di usare le truppe speciali, e non si potrà dire di no:
militari del 9° incursori Col Moschin, del 185° della Folgore,
incursori del Comsubin della Marina militare dovranno essere
disponibili per eventuali missioni "delicate" anche nelle zone più
roventi. Perché gli alleati della missione Isaf hanno già accolto con
scarso entusiasmo l'indisponibilità a nuovi impegni.
Ma per il contingente già schierato, in prevalenza alpini della
Taurinense, bastano i problemi nella capitale e nella regione al
confine con l'Iran: con perfetto tempismo il Sismi ha ricordato ieri
che i militari schierati in Afghanistan sono esposti a "rischio
significativo" di rapimenti e attentati. Il Paese che a quest'ora
doveva essere pacificato, in realtà diventa ogni giorno più
tormentato, anzi, per usare le parole dell'intelligence "permane
fortemente instabile". La situazione è degenerata al punto che gli
irriducibili adoperano tecniche "tradizionalmente estranee all'azione
afgana", per esempio "il ricorso all'azione suicida e l'impiego di
congegni esplosivi improvvisati attivati a distanza". Insomma,
secondo gli analisti dei servizi di sicurezza "il teatro afgano" sta
diventando esattamente come l'Iraq.