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27 luglio
VIA ISRAELE DAL LIBANO E DALLA PALESTINA
VIA I MILITARI ITALIANI DA TUTTI I TEATRI DI GUERRA
Mentre i senatori del centrosinistra, compresi quelli che continuano a definirsi dissidenti pur avendo votato il rifinanziamento della missione di occupazione dell'Afghanistan, confermavano la politica estera del Governo Berlusconi, migliaia di persone hanno sfilato per le vie del centro di Roma per condannare la criminale aggressione sionista contro la popolazione libanese e quella palestinese. Una aggressione che mira a eliminare la resistenza di questi due popoli, a distruggerne le infrastrutture, a coinvolgere nel conflitto Iran e Siria, a rioccupare il sud del libano dal quale le truppe di Israele sono state cacciate sei anni fa dalla resistenza militare e popolare libanese.
Nonostante il caldo torrido e il periodo ormai festivo quasi cinquemila persone sono arrivate nella capitale rispondendo all'appello del Forum Palestina, delle associazioni e dei comitati di solidarietà con i popoli del Medio Oriente e di alcune forze politiche della sinistra alternativa e anticapitalista. Un successo enorme se si considera il totale boicottaggio dell'iniziativa da parte della stampa - Liberazione non ha scritto una sola riga, né prima né dopo il corteo - e l'assenza totale da parte di tutti i partiti, dei sindacati confederali e delle grandi organizzazioni di massa - Arci in testa - che fino a qualche mese fa hanno guidato il "movimento per la pace" ma che oggi, in nome della difesa del "governo amico", sembrano oggettivamente pronte ad avallare anche le prossime missioni belliche che vedranno protagoniste le truppe italiane, a partire proprio dal Libano. Gli stessi giornali di Tel Aviv hanno letto la "conferenza di Roma" come un via libera, da parte dei protettori statunitensi ed europei del progetto sionista, all'aggressione militare che Israele sta portando avanti ormai da due settimane. Se nessun cessate il fuoco è stato chiesto da D'Alema o dalla Rice è perché si vuole dare tempo ad Israele di penetrare il più possibile in territorio libanese. Dopodichè, arriveranno le truppe "di interposizione" occidentali, ad occupare quel sud del Libano che Israele da sola non riuscirebbe a controllare, data l'eroica resistenza di Hezbollah che ha già inferto ai sionisti ingenti perdite. Di nuovo le truppe italiane sarebbero inviate in un teatro di guerra a compiere il lavoro sporco per conto di Israele e degli Stati Uniti, oltre che di un capitalismo italiano sempre più vorace e interessato a impiantarsi in Medio Oriente sull'onda della penetrazione statunitense. La complicità italiana col criminale progetto sionista è inaccettabile; è inaccettabile il trattato di cooperazione militare tra Roma e Tel Aviv; è inaccettabile il finanziamento da parte della Regione Lazio alla ricerca scientifica israeliana; è inaccettabile il trattato di associazione economica tra UE e Israele; sono inaccettabili i tentativi di portare Israele dentro la Nato e l'Unione Europea. A queste politiche che il governo Prodi sta gestendo e rilanciando in piena continuità con quello delle Destre occorre contrapporre il boicottaggio di tutte le relazioni economiche, militari e politiche con i sionisti, da quelle a livello nazionale a quelle a livello locale. Occorre rilanciare il boicottaggio dei prodotti e degli interessi economici israeliani in Italia, oltre che di quelli italiani in Israele. Occorre, contro ogni equivicinanza o equidistanza, appoggiare esplicitamente e senza remore o ambiguità ogni iniziativa che indebolisca Israele e i suoi criminali progetti di distruzione dei paesi mediorientali, di colonizzazione e di pulizia etnica. Una pace giusta in Medio Oriente non potrà che nascere dalla sconfitta di Israele.
Un successo, quello del corteo di ieri, che trova la sua corrispondenza con le innumerevoli iniziative locali - da Pisa a Firenze, da Milano a Torino, da Bari a Napoli - organizzate in fretta e furia da centri sociali, comitati e associazioni nonostante le condizioni avverse e l'assenza di grandi mezzi, ma che hanno evidenziato la possibilità che da settembre riparta la mobilitazione a livello nazionale su piattaforme chiare e indipendentemente dalle compatibilità di governo. Per questo già nei giorni scorsi gli organizzatori della manifestazione di Roma hanno diffuso un appello a dar vita, nel mese di settembre, ad una grande assemblea nazionale che rilanci il movimento contro la guerra.
Un movimento contro la guerra che sappia incarnare il desiderio di pace della maggioranza dell'opinione pubblica italiana, privata di ogni rappresentanza parlamentare e istituzionale, e che scelga come propri interlocutori le Resistenze che oggi, al di là delle divisioni etniche o confessionali, stanno mettendo a dura prova i progetti di USA e Israele. Al "nuovo (grande) Medio Oriente" di Condoleeza Rice e di Massimo D'Alema, fondato sulla distruzione degli Stati nazionali e sulla colonizzazione, oltre che sul sangue di milioni di innocenti, si sta già opponendo il nuovo Medio Oriente dei popoli.
Chi fino ad oggi, dentro il movimento pacifista, ha rifiutato la solidarietà alle resistenze dei popoli del Medio Oriente in nome del carattere "religioso" o "terroristico" di alcune organizzazioni, o della necessità di coinvolgere forze moderate, oggi dovrebbe spiegarci dov'è il movimento per la pace, ridotto al silenzio e disorientato dal voltafaccia della sinistra "pacifinta" proprio nel momento in cui aumenta il coinvolgimento bellico del nostro paese.